Crisi ad Umbria Jazz, la strana "maledizione" degli asset umbri - Tuttoggi.info

Crisi ad Umbria Jazz, la strana “maledizione” degli asset umbri

Carlo Vantaggioli

Crisi ad Umbria Jazz, la strana “maledizione” degli asset umbri

Il consuntivo 2019 di Umbria Jazz porta a bilancio più di 200mila euro di perdita, ripianato dai soci attingendo al capitale sociale | La Regione blinda la fondazione
Mar, 30/06/2020 - 11:55

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La situazione è grave ma non è seria! Questa volta ci tocca scomodare Ennio Flaiano e uno dei suoi più noti aforismi (nel caso specifico Flaiano si riferiva alla situazione della politica italiana), per inquadrare la nota ufficiale della Regione Umbria dopo l’approvazione del bilancio della Fondazione Umbria Jazz.

Si è materializzata da una serie di giorni una sorta di “maledizione” tipo quella della Beata Quartina, che si accanisce su tutti i principali asset della regione.

Non fosse bastato il coronavirus a piallare le ambizioni di crescita del cuore verde d’Italia, ora come in una sorta di contrappasso esplodono anche tutte le contraddizioni strutturali di alcuni brand che fino all’altro giorno sembravano indiscutibili.

Due casi su tutti: l’Aeroporto San Francesco d’Assisi e da ieri, anche Umbria Jazz.

La nota ufficiale della Regione

Ma leggiamo il lapidario incipit della nota stampa della Regione:

I soci della Fondazione Umbria Jazz si sono riuniti nel pomeriggio di oggi in occasione della Assemblea che vedeva all’ordine del giorno l’approvazione del bilancio 2019. Presente il Cda uscente ed i soci della stessa Fondazione: Regione Umbria, rappresentati dalla presidente Donatella Tesei e l’assessore al Bilancio Paola Agabiti, Comune di Perugia, con l’assessore Gabriele Giottoli, Comune di Orvieto, rappresentato dal sindaco Roberta Tardani, e Fondazione Caripg, con la presidente Cristina Colaiacovo.

Il Bilancio, presentato dal presidente della Fondazione Uj Stefano Mazzoni e dal direttore Giampiero Rasimelli, segna anche per il 2019 una forte perdita pari a 261.000 euro, che amplifica quella già registrata nel 2018, pari a 163.000 euro (coperti dal fondo di gestione). Le perdite di questi due anni sono sopportate dal cosiddetto Fondo di dotazione (il capitale sociale aziendale) che risulta così pari a solo 21.000 euro.

Quasi fosse una sorta di empatia operativa tra realtà economiche, così come aveva già fatto la SASE in approvazione di bilancio dello scalo aeroportuale umbro, anche per Umbria Jazz i soci si sono trovati nella condizione di raschiare il fondo del barile per chiudere i conti senza dover ricorrere, al momento, ad altri provvedimenti amministrativi più “onerosi”.

Come il San Francesco d’Assisi aveva attinto addirittura alla Riserva Legale per pareggiare i conti, Umbria Jazz mette mano al capitale sociale che si riduce fino alla cifra di 21mila euro.

Poco più di una qualsiasi società al suo inizio di vita. E un po’ poco davvero per un brand internazionale che si trova incluso tra le 3 o 4 più importanti manifestazioni jazzistiche mondiali.

Prosegue la nota della Regione:

La Regione, socio di maggioranza, proprio in considerazione delle perdite, ha chiesto, supportato da tutti i soci presenti, approfonditi chiarimenti al Cda in merito agli ultimi due esercizi che rischiano di mettere a repentaglio la stessa Fondazione e quindi lo storico brand umbro. In tal senso i soci, al termine della discussione, hanno avanzato una serie di richieste, avvallate dal Collegio Sindacale, al Cda: la creazione e la ratifica di un piano di risanamento sotto la forma di un conto economico previsionale 2020 estremamente prudente, volto ad evitare ulteriori perdite; una attenta spending review che vada ad ottimizzare le spese ed i costi di gestione della Fondazione nonché l’implementazione di un controllo di gestione complessivo e per ogni singolo evento, già dal 2020, che eviti ulteriore perdite.

Nella nota non si fa menzione di quali sarebbero state le cause della debacle di bilancio. La vulgata popolare ha già iniziato però a suonare un tam tam preciso: le perdite di UJ Winter ad Orvieto e la riduzione dei contributi degli sponsor.

Risulta molto divertente, visto con gli occhi di oggi, il comunicato stampa ufficiale dell’edizione incriminata. Tipo, “non è successo niente tranquilli”

Anche in questo caso trattasi però di excusatio non petita. Intanto ricordiamo che si sta discutendo del consuntivo 2019, quando ancora non c’era Covid-19 o lockdown di sorta a poter giustificare una riduzione improvvisa operativa, senza responsabilità alcuna da parte di chi gestisce.

Esclusa quindi la malasorte non rimane che una buona dose di improvvisazione o eccessiva fiducia, come spesso è accaduto ad Umbria Jazz, dove la direzione artistica dell’ottuagenario Carlo Pagnotta sembra essere il verbum caro factum est.

Pagnotta e il Verbum caro factum est

Potremmo ricordare alcuni significativi flop delle scelte fatte da Pagnotta in campo artistico. Una su tutte, che costrinse lo stesso Patron di UJ ad uno scombinato mea culpa davanti alla stampa, e costò il bando manu militari di chi scrive dalla manifestazione, fu nell’edizione del 2018 con il concerto al Santa Giuliana dei Chainsmokers.

Puntualizziamo però che se gli sponsor riducono il loro intervento lo si sa prima dell’avvio della manifestazione (o almeno si spera) e si può e si deve fare, una correzione prudenziale sul programma.

Ci auguriamo solo che non ci si riferisca alla vicenda Clinics dove la Fondazione CaRiPerugia venne ingiustificatamente considerata la traditrice della Patria, solo per aver tolto a UJ un sorta di fondo ricorrente di 40mila euro che non era più sostenibile con le attuali normative.

UJ deve partecipare come tutti ai bandi della Fondazione perché non ha lo ius primae noctis sui soldi che circolano a Perugia e dintorni.

Per quanto riguarda poi UJ Winter Orvieto, trattasi anche li di incaponimento testardo da parte del Patron Pagnotta. Se non ci sono le condizioni (Comune e Fondazioni che non vogliono sborsare quello che Pagnotta pretende di spendere), non si fa, punto e basta.

In una situazione del genere rimane un mistero come le figure amministrative di vertice della Fondazione (Rasimelli e Mazzoni) non abbiano a quanto pare, voce in capitolo o attenuino l’esercizio legittimo delle loro funzioni, quando l’uomo dalla sciarpa gialla inizia ad alzare i toni.

Mai che venga in mente a qualcuno che forse bisogna spendere meno con artisti e servizi accessori, magari trasformando Orvieto come una sorta di trampolino di lancio per nuovi artisti (lo è stata solo occasionalmente) per la successiva edizione principale della ditta.

La Regione blinda Umbria Jazz

La nota della Regione Umbria si chiude con una blindatura bella e buona:

I soci, approvato il bilancio consuntivo 2019, l’assorbimento della perdita e il piano di risanamento 2020, hanno confermato i contributi alla manifestazione nonostante l’edizione ridotta a causa del Covid.

Proprio questa azione straordinaria porterà, secondo il piano di risanamento, un avanzo 2020 di quasi 470.000 euro che andrà completamente a ricostituire ed incrementare il fondo di dotazione esistente, consentendo di guardare al futuro di Fondazione ed Umbria Jazz con rinnovate prospettive ed una incrementata capacità di attrarre sponsorizzazioni, presentandosi così all’appuntamento 2021 con una manifestazione di grande valore internazionale.

E’ stata inoltre proposta una valorizzazione unitaria del brand Umbria Jazz così da poter considerare i vari eventi come le tante sfaccettature dello stesso marchio.

Regione, Comintern

Non si fanno nomi, non si attribuiscono colpe, e si garantisce la manifestazione dalla brutte figure nazionali e internazionali. Ma siamo difronte al più classico dei comunicati stile Comintern, dove si comincia a sentire l’odore degli esili siberiani.

Triste sorte e brutto epilogo per una storia pluridecennale che è nel cuore e nell’educazione culturale di tantissimi umbri. Ma è incontrovertibile che delle cose umane ci sia un inizio ed anche una fine.

In attesa di una rinascita “Più bella e più superba che pria“, diceva Nerone-Petrolini.

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