Coronavirus, così l'ospedale prepara la "fase 2"

Coronavirus, così l’ospedale prepara la “fase 2” | L’aiuto dalle cliniche private

Massimo Sbardella

Coronavirus, così l’ospedale prepara la “fase 2” | L’aiuto dalle cliniche private

Sperimentati nuove cure e farmaci contro il Covid-19 | E ora il tampone dà una risposta in 45 minuti
Gio, 16/04/2020 - 12:41

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L’ospedale di Perugia continua la lotta al Coronavirus, ma si prepara alla sua “fase 2”. Per riattivare tutte quelle prestazioni che erano state sospese per far fronte all’emergenza Covid-19.

Il commissario dell’Azienda ospedaliera di Perugia, Antonio Onnis (chiamato giusto un anno fa dopo lo tsunami Sanitopoli) non si sbilancia sui tempi della “riapertura” dell’ospedale: “Il mio – premette – è un approccio di grande cautela. La ripartenza sarà valutata in base alle evoluzioni del contagio. E ad oggi immaginare tempi di rimessa a regime dell’ospedale è abbastanza complicato. Pensiamo però a prestazioni non differibili di cui dobbiamo tornare a farci carico“.

L’aiuto logistico delle cliniche private

E questo sarà possibile anche attraverso “l’ospitalità” di quattro cliniche private perugine. Due (Porta Sole e Liotti) sono state già visitate; in altre due (Villa Fiorita e Lami) il sopralluogo sarà effettuato oggi. E’ qui che gli operatori dell’ospedale potranno effettuare alcune prestazioni che possono essere “esportate“, come ad esempio per la chirurgia oculistica, dermatologica, le attività ortopediche.

Non è però – chiarisce Onnis – una cessione di linee di attività al sistema privato. Si tratta di una collaborazione, utile, per la quale ci muoveremo all’interno del perimetro che sarà definito dagli accordi tra la Regione e la sanità privata“.

Si “libera” una terapia intensiva no Covid

Ma soprattutto l’ospedale, rimodulato a fine febbraio per far fronte all’emergenza Covid, sarà interessato da una ulteriore definizione in preparazione della nuova fase. Garantendo il mantenimento della separazione delle aree Covid e dei percorsi dei pazienti infettati dal Coronavirus.

Onnis annuncia che i tecnici stanno lavorando ad un progetto per “liberareuna delle due rianimazioni per restituirla alla sua funzione generalista. Indispensabile come supporto alle attività di chirurgia avanzata.

Ma i familiari dovranno aspettare

La riattivazione delle altre attività sarà progressiva. E i familiare dei pazienti non affetti da Coronavirus dovranno comunque aspettare prima di poter tornare ad effettuare assistenze e visite. ” I familiari – spiega Onnis – potranno tornare nel momento in cui la blindatura dell’ospedale potrà essere sciolta. Perché abbiamo blindato l’ospedale per proteggere i cittadini ed il personale” sottolinea il commissario. Che ricorda come, prima dell’emergenza, ogni giorno all’ospedale di Perugia transitavano tra le 12 e le 15mila persone.

Dispositivi di sicurezza

Il commissario, col suo tradizionale stile pacato, ha voluto puntualizzare alcune questioni sollevate da alcuni esponenti nazionali, anche sui media nazionali.

In particolare, circa le procedure per assicurare la sicurezza degli operatori. “Falso – afferma Onnis – che non abbiamo dotato il personale di dispositivi di protezione individuale. Ci siamo trovati, come in tutta Italia, in una situazione di difficoltà iniziale negli approvvigionamenti. Ed abbiamo sopperito privilegiando i dipendenti a più alto rischio di contagio. Oggi – assicura – questo momento di crisi è soddisfacentemente superato. Continuiamo ad avere problemi su alcune dotazioni, tipo camici e calzari. Ma nel complesso, per i dispositivi individuali, andiamo da autonomie di uno-due giorni, fino a 25 giorni per le mascherine chirurgiche. E questo a fronte di una grave difficoltà dei produttori dei dispositivi a far fronte ad una domanda esplosa a livello nazionale“.

Il personale contagiato

Da una settimana il Santa Maria della Misericordia non ha fatto registrare altri positivi al Covid-19 tra il personale. Dall’inizio dell’emergenza, in 31 si sono contagiati tra medici, infermieri, oss e personale tecnico.

“Due di loro – ricorda Onnis – hanno avuto necessità di ricovero in ospedale”. E ribadisce: “Abbiamo documentazione, che una parte ha contratto il virus nell’ambiente familiare o personale. Ma non è un atto di accusa nei confronti dei dipendenti. Non li abbiamo mai definiti untori“. Però rivendica il fatto che i contatti con i pazienti e con i colleghi positivi sono stati “presidiati con prontezza“. A fronte di 384 persone ammesse con Covid conclamato o sospetto.

Sperimentazione di farmaci

Intanto all’ospedale di Perugia, in sinergia con l’Università, si stanno sperimentando farmaci e pratiche per curare il Coronavirus. Come l’idrossiclorochina (che ora il protocollo regionale prevede per i pazienti Covid domiciliari senza patologie cardiache), l’eparina e la somministrazione di plasma di pazienti guariti dal virus.

E soprattutto, il protocollo (che ha avuto il via libera dall’Aifa) per l’utilizzo della colchicina, messo a punto dalla Reumatologia del Dipartimento di Medicina dell’Università di Perugia in accordo con l’Azienda ospedaliera.

Stiamo aspettando i vaccini – commenta Onnis – però questa sarà la vera svolta“.

Tamponi rapidi

Un aiuto ai medici arriva dai nuovi tamponi. Il test molecolare consente infatti di rilevare il virus in 45 minuti, a fronte delle 5-6 ore iniziali. E con un alto livello di affidabilità. Questo consente di ridurre i tempi dei pazienti nella cosiddetta “zona grigia”, che ospita coloro che sono in attesa dei risultati del tampone.

Tamponi e test sierologici

Dall’inizio dell’emergenza l’ospedale di Perugia ha effettuato 14.637 tamponi orofaringei e 1.237 test sierologici rapidi. Questi ultimi rilevano la presenza di anticorpi. Che però si attivano nell’organismo anche 7-8 giorni dopo l’infezione. “E non sappiamo – chiarisce Onnis – se siano neutralizzanti“. Cioè se impediscano il ritorno del virus. Test e tamponi che si aggiungono a quelli effettuati dall’Azienda ospedaliera di Terni e dall’Istituto Zooprofilattico.

Sui dipendenti dell’ospedale sono stati eseguiti 1.068 tamponi orofaringei. Delle 814 persone a cui sono stati effettuati, 31 sono appunto risultate positive.

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