Per cercare di sbarrare al moderato Romizi la strada verso la riconferma a Palazzo dei Priori il Pd gioca (stavolta con intelligenza) la carta del radicalismo cattolico del senatore Pillon, sempre più regista dello straripante alleato di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Perché la Lega, che sull’onda della popolarità del vice premier Salvini è al momento attesta addirittura intorno al 25% a Perugia, potrebbe anche creare qualche imbarazzo al sindaco Romizi, che ha promesso di appoggiare nella sua corsa, il prossimo anno, per la riconferma.
Se nelle altre città umbre in cui si andrà al voto nei prossimi mesi il coordinamento delle operazioni “in verde” è affidato alla senatrice Tesei, a Perugia le redini leghiste le ha prese in mano Pillon. Che però, con le sue posizioni su temi come aborto, divorzio, affido dei figli, qualche imbarazzo tra i moderati del centrodestra lo sta creando.
Frizioni su cui cerca di inserirsi il Pd, ancora in attesa che Giuliano Giubilei sciolga le riserve ed accetti la candidatura, pur osteggiata (almeno per il modo in cui è maturata) tra le fila della sinistra estrema perugina.
E così, proprio nel giorno in cui in Senato sono iniziate le audizioni sul ddl presentato da Pillon sull’affido condiviso (“per garantire – spiega il senatore leghista – a tutti i bambini, anche se figli di coppie separate, il loro inalienabile diritto a crescere con mamma e papà“), il Pd perugino cerca di “stanare” Romizi, invitandolo a prendere una posizione univoca: con la Lega per interessi elettorali o con donne, minori e famiglie? Per i consiglieri dem il disegno di legge è criticato dalla maggior parte delle associazioni. Nel mirino, in particolare, c’è la norma che imporrebbe al minore di “trascorrere tempi paritetici con ciascuno dei genitori, dividendosi tra due case, sottoponendolo, in tal modo, oltre allo stress post separazione anche a quello emotivo dell’instabilità abitativa e di vita; l’abolizione dell’assegno di mantenimento, per cui i due genitori dovranno dividere tutte le spese in misura proporzionale al proprio reddito, che non tiene conto del fatto che una mamma difficilmente riuscirà a dare al figlio lo stesso stile di vita che gli garantisce il padre, rischiando di perdere addirittura l’affidamento e con il rischio concreto di disincentivare le donne che subiscono violenze domestiche a chiedere la separazione perché non in grado economicamente, poi, di mantenere la propria prole”.
Il gruppo consiliare del Pd chiede ora a Romizi di esprimersi contro il ddl Pillon e di attivarsi presso le Istituzioni nazionali per impedire che il testo diventi legge. Cosa che Romizi non farà, per evitare un cortocircuito con l’azionista di maggioranza della Spa che può lasciarlo a Palazzo dei Priori, offrendo però, in questo modo, un argomento che i dem potranno utilizzare contro di lui in campagna elettorale.