Castello, e lo chiamano “parco fluviale” / viaggio choc sul lungotevere / Inchiesta TO, ft, guarda - Tuttoggi.info

Castello, e lo chiamano “parco fluviale” / viaggio choc sul lungotevere / Inchiesta TO, ft, guarda

Redazione

Castello, e lo chiamano “parco fluviale” / viaggio choc sul lungotevere / Inchiesta TO, ft, guarda

Sab, 16/11/2013 - 11:00

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Davide Baccarini

Dopo decine di segnalazioni e lamentele da parte di cittadini e turisti, TuttOggi.info è andato a vedere in che condizioni versa il “parco fluviale” del lungotevere.
Da sempre meta di pedoni, podisti e ciclisti, il lungo percorso che va dal cosiddetto “parco dei Cigni” di Rignaldello fino a Piosina è stato sempre considerato un luogo ideale per le attività all’aria aperta. Il problema è che nel corso degli anni, fino ad oggi, il lungo tratto di quasi 7 km – sicuramente non oggetto di cure approfondite da parte del Comune tifernate e della Comunità Montana Alto Tevere Umbro (responsabili del parco) – si è alquanto degradato. L’esteso itinerario fluviale, infatti, sembra essere diventato una sorta di campo di addestramento reclute, con fango e vegetazione incolta che la fanno da padroni. Percorrendo da Città di Castello la strada alla destra del fiume che porta verso Piosina, ci si può imbattere in vere e proprie “sorprese”.
Da Città di Castello in sù – Innanzitutto abbiamo notato che il tratto più pulito e ben tenuto è quello nei pressi del rione “Mattonata”: la strada è pulita e facilmente percorribile da chiunque, forse perché è anche la zona più frequentata e meglio accessibile. Proseguendo verso Piosina, però, il tragitto comincia a riempirsi di un fitto fogliame autunnale e di fanghiglia, con un ambiente circostante ricoperto di cespugli, rovi e alberi fradici, alcuni spezzati e caduti, altri in equilibrio precario. Una sorta di foresta indonesiana.
Il “percorso verde” presente all'interno del tragitto (e sponsorizzato da una nota azienda) è anch’esso trasandato e rovinato: le postazioni per gli esercizi ginnici sono vecchie e rotte e alcune anche prive dei cartelli che ne spiegano l'uso (probabilmente sono stati rubati). Tavolini e panche di legno non sono certo messe meglio: alcuni sono fradice e spezzate, altre sono addirittura “scomparse” nella fitta vegetazione. Non certo un posto per famiglie, data anche l'assenza di una fontanella o un'area adatta ai bambini.
Ponti non sicuri – Altro tasto dolente sono i ponticelli che si incontrano proseguendo il cammino: uno di questi, strettissimo (una carrozzina di un disabile, qualora arrivasse a questo punto, non passerebbe), non è per niente stabile e, posto su un terreno franabile, non incoraggia certo a passarci sopra.
Il guado che divide due paesi – Protagonista indiscusso di tutto l'itinerario è il guado che interrompe di netto il nostro cammino, rendendo praticamente impossibile raggiungere Piosina: la strada, infatti, si blocca davanti a quello che prima doveva essere un ponte naturale, o comunque un valico, per oltrepassare il piccolo affluente che sfocia sul Tevere. Ora l’acqua invade la via, rendendo impraticabile, oltre che pericoloso, il passaggio: questo vale per pedoni, ciclisti e soprattutto disabili. Prima del cartello “Attenzione guado dissestato” abbiamo provato a cercare vie alternative a quella principale e, in effetti, percorrendo una ripida salita sconnessa sulla destra, ci siamo imbattuti in un altro ponticello, quasi nuovo, ad una prima occhiata. Due transenne ne bloccano l'ingresso e l'uscita, lungo il passaggio travi a coprire buchi grossi così. Troppo pericoloso tentare l'attraversamento, meglio rinunciare.
Da Piosina in giù – Non potendo andare oltre, come avessimo preso una carta 'matta' del Gioco dell'oca, siamo costretti a tornare al punto di partenza, a Rignaldello, e tentare con l'auto di raggiungere Piosina. Da qui si incontra un ponticello in legno, stavolta sicuro e stabile, che immette in una strada molto simile a quella tifernate che precedeva il guado: anche qui fango e fogliame a go go. Poco oltre ci si imbatte in una frana, messa in sicurezza (si fa per dire) con una rete arancione che risulta in parte anche bruciata.
Sotto i ponti delle strade – assurda la situazione che si trova sotto gli alti ponti in cemento che si incontrano lungo il percorso: sporcizia e rifiuti di ogni tipo che ostacolano il deflusso delle acque, ormai stagnanti. Curiosa poi la variante alla strada principale, all’altezza della zona industriale tifernate, che porta dritti dritti ad un vicolo cieco, costringendo così il malcapitato a tornare sui suoi passi.
A zig zag – La strada, per non farsi mancare nulla, si stringe e si allarga continuamente, a volte lasciando uno spazio sufficiente al transito di una sola persona. Ghiaia, foglie, pozzanghere, buche e zone paludose rendono impraticabile la zona, anche se non mancano tratti di verde ben curato.
Sconsigliato la sera – Al calare del sole la zona non è proprio ideale per una passeggiata: manca l'illuminazione e i rifiuti in cui ci si imbatte (preservativi, fazzoletti, siringhe, etc.) lasciano intendere che c'è il reale pericolo di fare incontri 'imbarazzanti' se non pericolosi.

Il matempo dei giorni scorsi non ha fatto altro che peggiorare la situazione.

E pensare che per la cittadinanza questo è uno dei luoghi più belli dove trascorrere qualche ora di svago. Da più parti sono stati lanciati appelli per poter tornare a godere di questo spazio. Agli enti locali prenderne atto e rimediare al disastro.

Riproduzione riservata

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