Quando il rumore dell’autolavaggio arriva a disturbare persino il sonno dei residenti e la questione finisce pure in tribunale, fino al Consiglio di Stato.
L’ordinanza del sindaco per limitare inquinamento acustico
Succede a Città di Castello dove, nel 2021, era arrivata addirittura un’ordinanza del sindaco Luca Secondi ad imporre di limitare le attività rumorose (confermate dai rilievi fonometrici di Arpa) all’esercizio di via Rosa Luxemburg, nel rispetto delle normative sull’inquinamento acustico. In particolare tale provvedimento imponeva “lo stop ai macchinari dalle ore 22 alle 6“, permettendo l’operatività diurna ma con la previa adozione di misure per ridurre il “fracasso” di spazzoloni e mega phon sotto i limiti di legge.
Il ricorso dei titolari
Inizialmente la società Fontana Servizi aveva presentato ricorso contro tale ordinanza, chiedendo la sospensione delle misure restrittive. Tuttavia il Tar dell’Umbria aveva respinto l’istanza, ritenendo le disposizioni imposte dal Comune adeguate e proporzionate. Decisione peraltro confermata, come detto, anche in sede di appello dal Consiglio di Stato.
La rinuncia al ricorso e la messa in regola dell’autolavaggio
Solo lo scorso ottobre la Fontana Servizi ha perciò depositato un atto di rinuncia al ricorso, notificandolo alle controparti e dichiarando di aver adempiuto di fatto alle prescrizioni indicate dall’ordinanza sindacale contestata. Il Comune stesso ha revocato l’atto del 2021, riconoscendo l’avvenuta regolarizzazione della situazione da parte dell’azienda.
La decisione del Tar
Nonostante la revoca, però, il Comune di Città di Castello ha richiesto comunque al Tribunale il pagamento delle spese legali da parte della società ricorrente. E il Tar, che ha disposto la cessazione della causa lo scorso 5 novembre, ha così deciso di condannare la Fontana Servizi a pagare all’Ente tifernate 2.000 euro, oltre agli oneri di legge, per le spese di giudizio.