Da una parte un parco archeologico, con la valorizzazione dell’antico anfiteatro romano; dall’altra un centro europeo polifunzionale di coordinamento dell’emergenza e di direzione per le attività di studio e prevenzione sismica. E’ su queste linee guida che si sta muovendo il Comune di Spoleto, che sogna di rendere finalmente “produttiva” l’area dell’ex caserma Minervio.
Idee e progetti, ma anche la storia del complesso, la sua evoluzione nel corso dei secoli, i finanziamenti arrivati nel corso degli anni e quelli che potrebbero essere attivati sono stati al centro della giornata di studi ospitata alla Rocca albornoziana e promossa dall’amministrazione comunale. Che, come dimostrano le numerose visite dei rappresentanti del Governo italiano ma anche del presidente del Parlamento europeo Tajani (che il sindaco De Augustinis dovrebbe raggiungere a Bruxelles nelle prossime settimane), vede appunto come una priorità il recupero dell’area dell’anfiteatro.
Dalla storia ai progetti da non perdere
Molti gli studiosi e tecnici che si sono susseguiti durante la giornata. I lavori sono stati aperti dal sindaco di Spoleto Umberto de Augustinis, che ha sottolineato l’importanza e il valore anche simbolico dell’area, “una sorta di cartina di tornasole della coscienza critica di Spoleto”. Dopo il sindaco sono intervenuti la direttrice della Rocca Albornoz Paola Mercurelli Salari, che ha rimarcato come la valenza “di questo convegno non è rintracciabile solo nella riflessione riguardante il ruolo che complessi di questo genere e di questa dimensione hanno all’interno dei centri storici, con il fine ultimo di farli tornare a vivere, ma anche nel recupero della storia di questa città per delinearne lo sviluppo futuro”.
“L’anfiteatro è un’area strategica. È per questo che resta ancora oggi centrale la questione della rifunzionalizzazione dell’intero complesso – sono state le parole dell’architetto Luca Delogu della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria – è indispensabile quindi ragionare sulla funzione da dare a questa area, senza perdere tutto il percorso di studi e di rilievi già effettuati in passato”. Tra gli interventi della mattina quello di don Giampiero Ceccarelli, che ha portato i saluti del Arcivescovo Renato Boccardo, impegnato a Roma e, quindi, impossibilitato a partecipare; del presidente della Fondazione Carispo Sergio Zinni, che ha ricordato l’impegno attivo della stessa Fondazione sul fronte del recupero dell’anfiteatro; dell’archeologo Nicola Bruni, che ha illustrato con dovizia di particolari storia ed esito degli scavi della struttura dell’anfiteatro romano e dell’architetto Giuliano Macchia, che è stato protagonista di un denso excursus sulla storia passata e recente di questa parte del centro storico di Spoleto.
Il vecchio progetto di riqualificazione e i 18 milioni spariti
A Bruno Toscano, Professore Emerito dell’Università di Roma Tre, il compito di ricordare la natura di un primo progetto di riqualificazione – redatto dallo stesso Toscano insieme al Prof. Alessandro Monti (intervenuto poi nel pomeriggio) – che prevedeva il recupero e la rifunzionalizzazione dell’area dell’anfiteatro in un centro di formazione integrata post laurea, nel settore della conservazione e valorizzazione dei Beni Culturali, con una formula originale di integrazione delle diverse competenze di artisti, storici e restauratori, architetti. Progetto per cui era stata ottenuta una prima tranche di finanziamento di 18 milioni di euro, poi “imprevedibilmente ritirata” dalla Regione Umbria nel 2009-2010 (Regione assente senza giustificazioni, tra l’altro, al convegno di venerdì).
Toscano ha spiegato come i tre requisiti concettuali di quel progetto (che all’epoca aveva un valore complessivo di 50 milioni di euro, come ha ricordato il professor Monti indicando però anche alcune delle sue criticità) siano tutt’ora validi per ogni futura ipotesi di riutilizzo del complesso, specificando l’imprescindibilità della dimensione e dell’estensione ingente sui cui si va ad operare, la permeabilità e la trasparenza che l’area deve mantenere in rapporto alla città e l’ambizione e l’ampiezza di raggio del progetto, necessariamente di natura internazionale. Requisiti che lo stesso sindaco de Augustinis ha ritenuto essere salde basi da cui ripartire per un qualsivoglia disegno di recupero e di riqualificazione della zona.
I fondi attivabili e l’ipotesi di un “reality show culturale”
Ad aprire gli interventi del pomeriggio è stato Carlo Deodato, Capo di Gabinetto del Ministro per gli Affari Europei, che ha indicato alcune delle fonti di finanziamento che il Comune di Spoleto potrebbe attivare per l’area dell’anfiteatro. Da quelli del ministero per i beni e le attività culturali a quelli europei del Por Fesr, non tralasciando però le opportunità dell’European Heritage Label, il marchio dell’Ue finalizzato a dare valore al patrimonio culturale comune, che aprirebbe le porte di particolari finanziamenti.
A ripercorrere la grande attività di sensibilizzazione fatta dall’associazione Amphiteatrum è stato il suo presidente, Matthias Quast, che in passato a Spoleto ha organizzato vari corsi per gli studenti dell’Università di Heidelberg e di Stoccarda e il Politecnico di Augsburg, culminati con la realizzazione di un grande plastico dell’area dell’anfiteatro (in mostra venerdì alla Rocca e che rimarrà esposto fino a fine anno a palazzo comunale).
Tra gli interventi del pomeriggio anche quello dell’architetto Bruno Gori, che oltre a ripercorrere gli interventi compiuti sull’area di 13mila mq (17mila considerando i piani superiori, il 2% della superficie complessiva della città medievale) e le scoperte fatte durante le messe in sicurezza ed i lavori (come il fatto che la costruzione della anfiteatro aveva comportato la deviazione del corso del torrente Tessino), ha evidenziato le opportunità di un cantiere-scuola, ipotizzando varie attività per il complesso. Come “un reality show culturale sul cantiere” e la creazione di un sistema di visualizzazione informatizzata che consenta il controllo-visibilità dell’operatività di cantiere, ma anche la produzione di trasmissioni televisive a carattere tematico.
Gli esempi di altre città
Sull’area archeologica vera e propria, quella dell’anfiteatro in parte visibile, ha invece illustrato le sue idee il critico d’arte Marco Tonelli. Che ha elencato e mostrato una lunga serie di recuperi esemplari (effettuati o solo progettati) in Italia ed in Europa da cui prendere spunto. Tra questi il palazzo della Pilotta di Parma, il Mantova Hub progettato da Boeri, il mausoleo di Augusto a Roma con il progetto dell’architetto Cellini, ma anche l’anfiteatro di Arles, il parco archeologico Scolacium a Catanzaro, il teatro di Saragoza.
Ma Spoleto – ha osservato Tonelli – è stato precursore di tanti interventi con la mostra “Sculture in città” nel 1962. E così quanto proposto allora (esemplificativa una foto del teatro romano come spazio espositivo a cielo aperto) potrebbe essere un punto da cui partire per il futuro dell’anfiteatro. Prendendo anche come spunto al parco di sculture di Beverly Peppers che sarà inaugurato l’anno prossimo nella vicina Todi (clicca qui). E senza dimenticare la valorizzazione del Festival dei Due Mondi, che potrebbe vedere uno scenario ideale anche in questi spazi da recuperare.
L’idea del Comune di Spoleto, come recuperare gli spazi
Tutti spunti a cui si è detto interessato il sindaco Umberto De Augustinis nelle conclusioni della giornata. Che ha comunque diviso la questione dell’area archeologica, quella dell’anfiteatro vero e proprio, ed il resto del complesso della Stella. “Per tutto il resto – ha spiegato – stiamo lavorando su un’idea che parte dalla valorizzazione di quello che è stato fatto fino ad oggi. E cioè utilizzare quell’area in una chiave ‘produttiva’”.
Il Comune di Spoleto, quindi, ha un’ipotesi progettuale da sottoporre agli enti competenti ed è legata ad una caratteristica particolare della città, il suo legame con i terremoti. Che parte da tempi antichi, con il santo patrono San Ponziano ritenuto il protettore nei confronti dei terremoti, ma anche la centralità della sua posizione ed il fatto che a Santo Chiodo è presente il deposito regionale dei beni culturali, struttura di ricovero delle opere danneggiate dal sisma. Per questo l’amministrazione comunale ha individuato l’area residuale rispetto all’anfiteatro come la sede di un centro di prevenzione europea dal terremoto. “Ci sarebbero corsi, incontri, finalizzati a promuovere non tanto la cultura dell’indennizzo, che è quella oggi prevalente, ma a fare un centro della cultura della prevenzione dei disastri, magari collocare lì qualcosa anche che ha a che fare con la protezione civile. Ogni cosa inerente al sisma ed alle sue conseguenze potrebbe trovare sede in questo posto”. L’obiettivo, insomma, è quello di mettere a frutto la “vocazione sismologica di Spoleto, che è anche una vocazione verso il restauro, l’insegnamento”.
Le prospettive d’uso, quindi, nel dettaglio prevedrebbero all’interno dell’ex caserma Minervio, oltre al parco archeologico, aule ed uffici finalizzati ad ospitare la gestione di corsi di perfezionamento e aggiornamento, un auditorium o un’aula magna, ma anche laboratori di analisi, studio e promozione turistico – culturale.
Ora non resta, quindi, che individuare i finanziamenti necessari per dare le gambe ad un sogno.