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Amelia piange Maria Chiara, il monito di Mons.Piemontese alle istituzioni

Redazione

Amelia piange Maria Chiara, il monito di Mons.Piemontese alle istituzioni

Dom, 18/10/2020 - 09:59

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Mons. Piemontese, "Smettiamo di ingannare la gente, chiamiamo per nome le cose: la droga, di qualunque genere, di qualunque dose è veleno"

Nel giorno del funerale di Maria Chiara Previtali, morta a 18 anni per colpa dell’eroina, comprata per festeggiare proprio il raggiungimento della maggiore età, arriva nella sua durezza anche il monito del Vescovo, Mons. Giuseppe Piemontese. Ecco l’omelia pronunciata nel corso della cerimonia funebre:

Funerale non è una cerimonia che ha lo scopo di rendere onore a qualcuno o giudicare persone o fatti, ma è la celebrazione liturgica più grande della Chiesa cattolica per testimoniare la fede e rinsaldare la speranza. Nella Messa, l’Eucarestia, rinnoviamo la passione, morte e risurrezione di Gesù per tutti noi e in particolar modo per Maria Chiara, che, nella freschezza della sua giovinezza, è unita a Gesù, morto e risorto.

In questa assemblea religiosa, liturgica, la comunità cristiana e civile intende condividere il dolore immenso di una famiglia per la scomparsa prematura della propria figliola. Noi siamo accanto a voi non per dirvi parole, ma per contemplare pensosi il volto di Maria Chiara, riflesso su quello di Gesù che per lei e per noi è morto per associarci alla sua risurrezione.

Come comunità ecclesiale e civile sappiamo di trovare consolazione e conforto nella fede.

Ma vogliamo anche lasciarci illuminare dalla Parola di Dio mentre viviamo questa tragedia e interrogarci sul senso della vita e della morte e sui perché di una morte prematura, improvvisa, che è avvenuta oltre la tragica ineluttabilità insita nella stessa morte.

La parola di Dio è innanzitutto per i familiari: papà e mamma.

Nel papà vedo riecheggiare il lamento del santo Re Davide, che inconsolabile piange la morte del figlio ribelle, Assalonne. Egli ripete, in una monotona nenia, il nome di Assalonne: “Assalonne, figlio mio; figlio mio Assalonne, figlio mio, figlio mio, fossi morto io al posto tuo, Assalonne figlio mio…”. Per ben sette volte ripete il nome di Assalonne e di figlio mio. Sette è il numero pieno, ad indicare il suo dolore infinito. E tale deve essere il vostro dolore…

E anche per la mamma un dolore smisurato, che non si può comprendere; proprio di una mamma. Lo raffrontiamo a quello di Maria di Nazaret, l’addolorata, che sta sotto la croce e accoglie sulla ginocchia il corpo morto del figlio, ingiustamente ucciso, Gesù e lo consegna a voi, a noi, quale motivo di speranza e consolazione.

Nella contemplazione di Gesù e di sua madre sotto la croce potrete trovare conforto e il senso del vostro dolore. I disegni di Dio sono misteriosi, ma il dono di Gesù è la nostra speranza e il nostro conforto.

Nella prima lettura, dell’Apocalisse, l’autore ci invita e proiettare lo sguardo sulla città eterna, dove ci attende Gesù, che ha provato le nostre stesse pene e che ci incoraggia ad attraversare questa valle di lacrime con la ferma speranza della risurrezione e della vita eterna, dove non vi sarà più la morte, né lutto, né lamento perché le cose tristi di questo mondo passeranno.

La pagina evangelica delle beatitudini delinea la strada della vera felicità a tutti coloro che si decidono ad attraversare questa esistenza in compagnia di Gesù, come suoi discepoli. I poveri, quelli che piangono, quelli che usano misericordia, quelli che sono amanti della pace, i puri d cuore, i perseguitati per la giustizia…per il regno dei cieli, se affrontano la vita nella prospettiva di Dio saranno felici già su questa terra in attesa della pienezza della felicità dopo la morte con Dio.

La morte. Su questa terra non è l’ultima parola.

La vita su questa terra ha inizio ed avrà una fine: noi abbiamo dimenticato che avrà una fine. Ma una fine che è solo un transito, un passaggio,,, in attesa della beata speranza.

La morte sempre in agguato e noi con la nostra società l’abbiamo rimossa.

Guardiamo negli occhi la morte. Non solo la morte, che ci coglie dopo una lunga vita, ma quella che sopraggiunge inaspettata, improvvisa a causa di una malattia, della infezione del Covid-19, quella generata dalla violenza e quella che si danno con colpevole incoscienza coloro che praticano sport estremi, esperienze da sballo, stili di vita rischiosi, gli assuntori di veleni, che purtroppo sono mendicanti di gioie passeggere, che non producono felicità, ma il declino costante fisico, mentale, esistenziale, insomma una morte lenta.

Cari giovani, l’aplicazione web “App Immuni” che produce felicità a buon mercato non esiste, non funziona per chi si incammina nel tunnel della droga. Tutti coloro che pensavano di incamminarsi verso la felicità con l’applicazione della droga, di qualunque natura, hanno fallito e sono andati incontro ad una fine tragica, a volte non raggiungendo nemmeno la maturità. Pensate ai tanti uomini e donne dello spettacolo, attori, cantanti famosi, atleti, figli di papà, ricchi di cose ma privi delle ragioni della vita, sena la gioia di vivere. A meno che non si sono fermati, hanno incontrato qualcuno che li ha scossi, sono rientrati in se stessi, hanno intrapreso percorsi di recupero, riabilitazione, conversione della mente, del cuore, delle abitudini.

La felicità, l’amore non si possono vendere o comprare ai vari mercati ributtanti e puzzolenti, gestiti e presidiati da disgraziati e incoscienti manovali di morte e governati da assassini senza scrupoli, che fanno leva sulla ingenuità e inesperienza di giovani e giovanissimi.

La felicità è a portata di mano ed è frutto di uno sguardo limpido, si trova nelle cose semplici, rettamente apprezzate (San Francesco: le cose semplici sono le più belle), è frutto di fatica nello studio, nel lavoro, nella vita di ogni giorno. La felicità si trova nella disposizione alla ammirazione e contemplazione della bellezza della creazione, nella relazione leale e autentica, nell’amicizia sincera ed esigente, nell’amore disinteressato e retto, nella fede e nella preghiera. Abbiamo davanti agli occhi la testimonianza di Carlo Acutis, che la sabato scorso in Assisi è stato proclamato beato… felice, realizzato, che è vissuto seguendo le beatitudini. Un ragazzo come voi di 16 anni, liceale amante della scuola, dei viaggi, dello studio, abile internauta… sarebbe diventato un influenzer di successo (in realtà lo è diventato visto che milioni di giovani lo ricercano e lo ammirano) se una leucemia fulminante non lo avesse portato alla morte a 16 anni.

Il monito

Ancora non abbiamo finito di piangere Flavio e Gianluca, che ci ritroviamo a piangere Maria Chiara… A quante giovani vite stroncate dobbiamo ancora dire addio, quanti padri e medri inconsolabili dobbiamo provare a confortare prima che si ponga fine a questa insensata mattanza di giovani vite e all’inesorabile decadimento di una intera generazione. Ammiriamo quanti sono dediti ad un’azione preventiva, repressiva e curativa della epidemia – pandemia della droga. Ma le forze in azione non sono sufficienti. Occorre la consapevolezza dei rischi, l’’energica azione educativa nelle famiglie, nelle scuole e nelle parrocchie, associazioni culturali, sportive. Noi adulti abbiamo la responsabilità di aprire prospettive reali per le giovani generazioni, prospettive impegnative e allettanti, non paradisi artificiali. Soprattutto testimoniare e donare nelle famiglie, nella società il vero amore, che è esigente e a volte da dire dei no. I giovani sanno percepirlo. E poi, un invito a sottrarre acqua alla sorgente, togliere la terra da sotto i piedi a spacciatori, grandi e piccoli mercanti di veleni, spacciati per paradisi ad ore.

E smettiamo di ingannare la gente, chiamiamo per nome le cose: la droga, di qualunque genere, di qualunque dose è veleno, fa male, uccide; le modiche quantità, l’uso personale sono inganno e portano quasi sempre ad un punto di non ritorno, oltre che essere incentivo e allettamento per giovani inesperti e ingenui. Chiediamo che chi è rivestito di qualunque autorità politica, civile, sociale, religiosa dichiari guerra alla droga senza se e senza ma.

Ma nello stesso tempo tutte le agenzie educative attivino i loro laboratori per sostenere la voglia di vivere delle giovane e giovanissime generazioni.

La nostra è una voce flebile, appena percettibile, ma abbiamo fiducia che il bene alla lunga vince sul male. Non vogliamo rassegnarci.

La nostra forza risiede anche nella preghiera. Ed è ciò che facciamo questa sera.

Il Signore Gesù, doni forza e coraggio a chi promuove la giustizia e il bene. Doni conforto a tutti noi e la gioia eterna a Maria Chiara.

Foto repertorio TO

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