Ci piacerebbe molto intrattenervi per qualche pagina di articolo sul senso della vita e della morte, sul grande equivoco semantico della fine e dell’inizio di tutte le cose (ricordiamo ai più che filosoficamente anche una vita umana è una cosa) e magari ci piacerebbe anche scrivere di speranza, perché oggi i grandi passaggi della storia richiedono all’umanità tutta una grande forza di volontà per scovarla la dove si è rintanata in attesa di tempi migliori. Ma quando alcuni fatti accadono, come la scomparsa a distanza di poche ora l’una dall’altro di Adriana Asti e Bob, Robert, Wilson, che per Spoleto insieme a Giorgio Ferrara sono stati artefici di un decennio di storia culturale cittadina legata al Festival dei Due Mondi, vale la pena soffermarsi almeno sullo straordinario tempismo teatrale del sipario che scende su delle vite ricche oltre misura di curiosità, talento e copiosa memoria di teatro praticato senza che ci fosse una fine ed un inizio, come se appunto morte e vita proseguissero senza soluzione di continuità.
Le pagine dei grandi giornali sono già piene da almeno 48 ore della vertiginosa lista di fatti, atti e detti di questi due artisti e chi ci ha letto qualche volta in precedenza sa quanto riteniamo inutile ripetere il già detto. Da appassionati sfegatati del geniale e controverso Carmelo Bene, abbiamo imparato il valore – in negativo – del re-citare e del testo teatrale che diventa “morto orale”.
Ma per non farla troppo lunga e barbosa, quello che ci colpisce e anche un po’ insospettisce culturalmente della signora Adriana e di Robert – Bob, è la quasi contemporaneità del passaggio da uno stato all’altro dell’essere di persone legate in vita da emozioni, rispetto, stima e solidi rapporti artistici come lo sono stati la triade Ferrara – Asti – Wilson. Ma soprattutto di come questi legami abbiano avuto casa anche e soprattutto a Spoleto. Tanto che ne potremmo ipotizzare una teoria concreta sui luoghi/contenitori perfetti per stabilire affinità elettive di ogni tipo che a questo punto sembrano non avere un termine temporale ma che rappresentano una memoria vivida e palpabile oltre ogni dettame di Krònos.
L’aria speciale di Spoleto e le critiche ad Adriana e Bob
C’è stato un tempo in cui un vecchio e caro amico, ora scomparso, insisteva conscio di quanto sopra detto, affinché una qualsiasi famosa università americana potesse rilasciare alla città di Spoleto una certificazione scientifica “seria” sul fatto che l’aria della città del Festival fosse migliore di qualunque altra al mondo. Un corroborante arioso, attribuibile a qualche divinità mitico-pagana come Eolo, che ci facesse diventare famosi, magari trovando anche il modo di confezionare la stessa in contenitori regalo.
Tralasciando la oggettiva difficoltà del confezionamento di aria salubre, non possiamo però non riflettere sul fatto che in questa città, oramai sulla via della perdizione, si siano verificati fatti divini o comunque di natura eccezionale.
Quando una della manifestazioni culturali più note al mondo, con una longevità che ne testimonia il successo della formula e del luogo di svolgimento, ospita personaggi di rilievo internazionale, con curricula artistici indubitabili (come appunto – e non solo – la Signora Adriana Asti e Bob Wilson), si dovrebbe avere cura di coltivare il più possibile la loro presenza, avendo consapevolezza del fatto che tutto ha un inizio ed un termine. La differenza la fa la qualità della condivisione tra persone umane proprio mentre queste agiscono, perché se ne abbia una memoria e una presenza sensibile incancellabile. Un edificio solido si costruisce mattone su mattone, in un muro che non ha mai fine…
E, invece, in questa città abbiamo anche trovato il modo di “sopportare” i suddetti, giudicandoli, non si sa nemmanco sulla base di quale bagaglio culturale per un tanto al chilo, sul fatto che la Signora Adriana, essendo la moglie di Giorgio Ferrara, non avrebbe dovuto recitare a Spoleto per presunto conflitto di interessi con il consorte, Direttore Artistico.
O che Bob Wilson, il più grande commediografo, all’epoca vivente, venisse troppo spesso a Spoleto – in media ogni due anni – per mettere in scena i suoi capolavori osannati ovunque, ma che a Spoleto subiscono un vaglio critico quasi a livello di Giudizio Universale (senza Michelangelo).
Come è noto a Spoleto vivono e praticano dei fini esegeti e cultori dell’apologia teatrale e culturale di cui possiamo andare fieri. Potessimo inscatolare anche loro con certificazione avremmo praticamente la possibilità di vivere di rendita. Ma la piccineria di questi fatti non intacca ovviamente i personaggi in questione che vivono nella memoria di chi invece li ha conosciuti ed amati per il loro unico grande valore, intoccabile e imprescindibile, la libertà di espressione.
Spoleto, per chi se lo vuole ricordare, ha visto in scena alcune prove dei due artisti che non temono l’usura del tempo e la damnatio memoriae.
Mi ricordo…
Nei nostri ricordi personali è tuttora vivo in noi lo spettacolo di Wilson Lecture of Nothing dedicato a John Cage. Ancora oggi lo consideriamo, inspiegabilmente, bellissimo! O come quando ci ha ammonito/minacciato con un ditone texano ragguardevole per farci capire che non dovevamo scattare foto ad suo spettacolo, anche se giornalisti accreditati. Ci siamo comunque sentiti onorati e partecipi dell’avventura.
E della signora Asti due momenti in particolare: lo sguardo di paura misto a biasimo compiaciuto quando nello spettacolo di Luca Ronconi Danza macabra su testo di A. Strindberg, il compianto Giorgio Ferrara, tra i protagonisti della piece, doveva cadere a terra di botto colpito da colpo apoplettico, simil – infarto secco, creando il panico tra il pubblico e gli addetti ai lavori. Indimenticabile trovata del perfido Ronconi.
E l’ultima volta della signora a Spoleto nel 2024, in occasione di una iniziativa in ricordo degli anni di direzione artistica del marito da poco scomparso. Silenziosa, minuta, quasi raccolta in meditazione, ormai provata nel fisico e dal dolore per la scomparsa prematura di Giorgio Ferrara.
La dualità del nostro intimo animico, vita e morte, legame e abbandono, immanenza e sovrannaturale.
Quello a cui non riusciamo però a fare a meno di pensare che in fondo sia tutto uno scherzo ben orchestrato come quando la brillantissima Signora Asti (lo ha raccontato di recente il regista amico di famiglia, Marco Tullio Giordana), se si annoiava in qualche occasione ufficiale, si faceva prendere da uno svenimento strategico in modo che venisse accompagnata fuori, liberandosi così della situazione barbosa.
Il ditone texano e lo svenimento strategico! Poi non venite a dirci che a teatro i tempi non sono tutto. Come sparire all’improvviso insieme. Cara Signora Adriana e caro Robert – Bob, di sicuro a Spoleto qualcuno vi sente presenti e vi custodisce in qualche angolo della sua memoria, nel ciclo ininterrotto di presenza e assenza.
Foto Ronconi-Ferrara-Asti e conferenza stampa Wilson: Tuttoggi.info (Carlo Vantaggioli)






















