Addio a Gianni, tra i tifernati dell'Isola delle Rose, storica micronazione in piattaforma - Tuttoggi.info

Addio a Gianni, tra i tifernati dell’Isola delle Rose, storica micronazione in piattaforma

Davide Baccarini

Addio a Gianni, tra i tifernati dell’Isola delle Rose, storica micronazione in piattaforma

Questa mattina l'estremo saluto a Gianni di Berardino, uno dei sognatori di Città di Castello (insieme al concittadino Pietro Bernardini) che contribuì alla nascita dello stato "galleggiante" | Ecco la storia
Sab, 27/06/2020 - 13:40

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Fu uno degli ideatori, ispiratori e fautori dell’Isola delle Rose, la piattaforma artificiale al largo delle coste di Rimini che divenne una micronazione.

I protagonisti tifernati

Gianni di Berardino è deceduto pochi giorni fa, a 85 anni, nella sua Città di Castello, dove questa mattina (sabato 27 giugno) famiglia e amici gli hanno dato l’estremo saluto. Un tifernate doc proprio come Pietro Bernardini, “emigrato” in Romagna in cerca di lavoro, che coinvolse il concittadino nell’affascinante e storico progetto nato dalla mente dell’ingegnere bolognese Giorgio Rosa.

L’Isola delle Rose

L’Isola delle Rose, una piattaforma di acciaio di 400 metri quadri, alta 8 metri e sostenuta da 9 piloni, fu fatta costruire proprio da Rosa a oltre 11 km di distanza dalla costa, quanto bastava per essere fuori dalle acque territoriali italiane. Un primo indizio dell’animo liberale e innovativo dell’ingegnere, che dopo una prima apertura al pubblico (con notevole afflusso turistico) proclamò l’indipendenza della “sua” nazione il 1 maggio 1968.

Quando la micronazione parlava in dialetto tifernate

Il tifernate Pietro Bernardini fu addirittura il primo abitante fisso della nuova Repubblica, a cui si aggiunsero poi il concittadino Gianni di Berardino (molto meno presente) e una coppia riminese. Tutti loro cominciarono a gestire la piattaforma, al cui interno vi furono un bar, un negozio di souvenir e persino un ufficio postale. In quel tempo nella micronazione si parlava spesso il dialetto castellano, poiché anche altri tifernati raggiunsero l’isola come frequentatori occasionali. In un giornale dell’epoca si fa anche il nome di Evandro Bartolini.

Dalla costituzione ai francobolli (stampati a Trestina)

Ovviamente, come tutte le nazioni che si rispettino, l’Isola delle rose si dotò di una costituzione, una squadra di governo, una bandiera, un inno (“L’Olandese volante” di Richard Wagner) e persino dell’esperanto come lingua ufficiale. L’“Esperanta Respubliko de la Insulo de la Rozoj” (così chiamata in lingua originale) si dotò anche di una propria cartamoneta, il Milo, e di francobolli, che il compianto Gianni fece addirittura stampare alla Tipografia Sabbioni di Trestina. Gli stessi arredi e souvenir erano stati commissionati a molti artigiani di Città di Castello.

I timori suscitati dall’Isola delle Rose e la demolizione

Ma una micronazione così piccola, zona franca dalle leggi della Repubblica italiana e aperta a orde di turisti, con il crescere della sua popolarità accrebbe e alimentò anche numerosi timori. Tra questi quello che nella piattaforma si celasse un casinò clandestino, con spogliarelli e gioco d’azzardo, che si venisse a costituire una radio libera o una tv pirata o semplicemente un tentativo di ottenere vantaggi di natura commerciale. Peggio ancora il governo – si disse – arrivò anche a sospettare il coinvolgimento di una potenza straniera (dubbi leciti vista la Guerra Fredda). Qualunque sia stato il sospetto, il 26 giugno 1968, le forze di polizia italiane occuparono l’Isola delle Rose, che fu anche sottoposta a blocco navale.

L’unico “suddito” a rimanere nella sua patria galleggiante fu il tifernate Pietro Bernardini (allora gestore dell’Isola insieme a Gianni, con cui pagava l’affitto all’ingegner Rosa), che nonostante la pacifica e strenua resistenza dovette abbandonare la sua nazione e i suoi sogni. Nel febbraio ‘69 la Marina Militare demolì la piattaforma con l’esplosivo.

Un sogno utopico ancora vivo

Con l’Isola delle Rose affondarono anche tutte le enormi potenzialità della creatura di Giorgio Rosa, insieme ai sogni, gli ideali e le speranze di Pietro, Gianni e di tutti gli altri abitanti della micronazione. Va detto che il mito di questa vicenda resta comunque vivo, dai filatelici che, 42 anni dopo, vanno tuttora in cerca dei rarissimi francobolli, a coloro che credono ancora nel suggestivo concetto di utopia e, come Rosa, vorrebbero “veder fiorire le rose sul mare”….

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