Nei giorni scorsi, i sindacati Cgil Cisl e Uil hanno chiesto alla famiglia Pessina, proprietaria delle acque Sangemini e Amerino, un incontro urgente per discutere del rilancio dei marchi e assicurare il rispetto degli impegni presi, a partire dal mantenimento del livello occupazionale e sviluppo dei siti.
Questa, in estrema sintesi, la richiesta che le tre organizzazioni sindacali hanno formulato unanimemente in una conferenza stampa convocata proprio per rilanciare l’attenzione sulla situazione dei due siti produttivi, sul cui futuro pesano diverse incertezze che preoccupano i lavoratori.
“Dal passaggio delle due realtà produttive alla famiglia Pessina, nel 2014 – afferma il segretario della Flai Cgil Umbria, Paolo Sciaboletta – è passato ormai molto tempo, ma degli impegni presi davanti alle istituzioni regionali non vi è traccia. Eppure – prosegue – si tratta di accordi in vigore e il cui contenuto è chiaro. La regione Umbria concede ai proprietari delle acque Sangemini e Amerino le autorizzazioni per l’estrazione acquifera nei pozzi che sono di sua proprietà, con un canone agevolato, in cambio di investimenti finalizzati allo sviluppo del ciclo produttivo, all’occupazione e al rilancio dei marchi, peraltro molto importanti, associati ai due siti”.
L’obiettivo, sottoscritto da parte datoriale, sindacati e istituzioni, è di arrivare in quattro anni a una vendita di 250 mln di bottiglie all’anno al fine di mantenere i livelli occupazionali attuali, ma al momento la produzione è ferma a 170 mln di pezzi e “non si intravede nessuno dei provvedimenti che i sindacati ritengono necessari allo sviluppo dei due siti, a cominciare dall’istituzione del direttore di stabilimento, di cui in Sangemini sono ancora sprovvisti” – come sottolineato dai sindacati.
“Quando a gennaio di quest’anno i Pessina hanno deciso di inglobare tutti gli 8 stabilimenti di loro proprietà in un unico soggetto, la Acque Minerali d’Italia – prosegue Sciaboletta – hanno affermato di diventare così il terzo gruppo nel settore delle acque minerali a livello nazionale. Eppure registriamo problemi nell’approvvigionamento delle materie prime necessarie alla produzione e un continuo, disorientato, turn over di apicalità aziendali, dove figure anche importanti si alternano senza alcuna razionalità. Così non può funzionare. Pertanto – conclude – chiediamo alla proprietà aziendale un incontro urgente per discutere, anche alla luce degli impegni sottoscritti, di un piano di sviluppo industriale ormai non più rinviabile”.
“Quello che abbiamo sottoscritto nel 2014 – sottolinea Simone Dezi, della Fai Cisl Umbria – è stato un accordo difficile, ma necessario per la salvaguardia della produzione e dei livelli occupazionali. Noi abbiamo fatto la nostra parte, ora tocca alla proprietà darci le risposte che ci spettano con un piano di sviluppo. Ci sono criticità da affrontare, dalla mancanza di una direzione commerciale delle acque minerali locali rivolta ai nostri marchi, in grado di rilanciare gli stessi come quelli di un’”acqua a km 0”, fino alla creazione di una linea di acque in vetro dedicata alla ristorazione, indispensabile per diversificare le produzioni. Inoltre – prosegue Dezi – sfruttando le risorse legate all’Area di crisi complessa si potrebbero realizzare investimenti fondamentali, in grado di legare l’innovazione del ciclo produttivo allo sviluppo e all’occupazione. Basti pensare ai possibili macchinari per pre-forma o tappi, o a una linea dedicata al beverage, attualmente assenti in azienda, ma che potrebbero costituire un volano per la crescita dell’intero gruppo. Quello che serve – conclude – è un percorso serio e costruttivo con l’azienda ai fini della salvaguardia dei livelli occupazionali e per lo sviluppo futuro dei siti”.
“Abbiamo già avviato un’interlocuzione con le istituzioni regionali – afferma Daniele Marcaccioli, segretario generale Uila Uil Umbria – a partire dall’assessore allo sviluppo economico, Fabio Paparelli, e quello con delega alle acque minerali, Fernanda Cecchini, che hanno assicurato entrambi di chiedere entro breve un incontro alla famiglia Pessina. Lo stesso che stiamo chiedendo anche noi come sindacati. La Regione Umbria – prosegue – ha stipulato con la famiglia Pessina concessioni vincolate al mantenimento dei livelli occupazionali, e questi protocolli dovrà farli rispettare, anche perché la proprietà dei siti Sangemini e Amerino sta sfruttando concessioni agevolate su quello che è uno dei bacini più grandi (circa 1000 mt), ma il bene è pubblico, poiché è della Regione, così come i marchi. È arrivato il momento – conclude – di fare il punto sul futuro di questa azienda, richiamando la parte datoriale al rispetto degli impegni presi, primo fra tutti la tutela occupazionale attraverso il potenziamento dei due siti”.