di Stefano Vinti (*)
A due anni dal referendum sull’acqua, un bilancio pare doveroso, tanto più che non ci si è fermati. Non si è fermato chi davanti all’esito del referendum ha continuato per la sua strada disattendendolo, governi Berlusconi e Monti, o addirittura lavorando e contrastandolo apertamente, poteri economici e un importante schieramento politico. Neanche l’attuale Governo Letta/Alfano promette bene. Non c’è stato finora nessun pronunciamento in proposito ma la dichiarazione di fede europeista più volte sottolineata ci preoccupa, visto che, tra le altre cose, si raccomanda da Bruxelles la “necessità di promuovere l’accesso al mercato per la prestazione dei servizi pubblici locali”, in chiara contraddizione con l’esito referendario.
Ma non si è fermato neanche il Movimento per l’acqua, seppur lontano dalla ribalta conquistata due anni fa, andando oltre la semplice denuncia delle logiche di privatizzazione.
L’iniziativa è andata avanti, noncurante della disattenzione dei media, con decine di vertenze aperte in tantissimi territori per arrivare ad una reale ripubblicizzazione del servizio idrico, mentre a livello europeo sono state raccolte più di 1 milione e mezzo di firme per bloccarne la privatizzazione.
Ora è necessario un salto di qualità. E’ quello che si ripromettono dal Forum Italiano Movimenti per l’Acqua: c’è bisogno di una nuova legislazione nazionale coerente con l’idea della ripubblicizzazione del servizio idrico. Il primo appuntamento è già fissato per il 12 giugno a Roma.
E’ una battaglia che va sostenuta, l’acqua bene comune è il paradigma che ha dato cittadinanza alla politica dei beni comuni su cui fondare una diversa idea di società, come con la recente modifica dello Statuto della Regione Umbria e l’impegno di definire, da parte del Consiglio Regionale, un disegno di legge per la ripubblicizzazione del ciclo dell’acqua. Un impegno che va rispettato”.