di Carlo Ceraso
Una accusa pesante come un macigno quella che pende sul Monastero delle Suore di Santa Rita da Cascia: starebbero, ormai da anni, discriminando le lavoratrici. Specie due di loro che sono anche madri.
Accuse da non credere, se non fosse per la documentazione ufficiale intercorsa con l’istituto religioso già dalla fine del 2006 e che Tuttoggi.info è in grado di svelare. Un carteggio che, evidentemente, non ha prodotto nulla se è vero, com’è vero, che il prossimo 29 maggio la vicenda finirà (per la seconda volta) sul tavolo dell’Ufficio Provinciale del Lavoro di Perugia. Ma ricostruiamo i fatti.
Le lavoratrici – due quelle finite nel mirino della Badessa, legale rappresentante del Monastero delle agostiniane, struttura che gestisce un vero e proprio piccolo impero economico con molte attività fra le quali un Hotel (di recente è stata abbandonata anche la gestione di un parcheggio), con più di settanta dipendenti fra uomini e donne. Nell’estate del 2006 le lavoratrici si presentano alla Cisl per iscriversi al patronato. La prima, organista del monastero già dal 1997, suona durante le funzioni religiose (che da sempre richiamano centinaia di pellegrini da tutto il mondo), insegna canto, pianoforte, organo e cetra e dirige il coro delle monache. La seconda è la cantante solista del monastero. Insieme hanno inciso nel 1999 il cd “Messa di Santa Rita” (che si può ancora trovare in vendita a Cascia) e si sono esibite davanti a Papa Giovanni Paolo II nel corso degli eventi per il Giubileo (il brano interpretato fu ripreso in mondovisione). La musicista è madre di un bambino che oggi ha quattro anni, la cantante di un frugoletto che ne ha appena tre.
Il contratto di lavoro – nel mostrare le buste paga emerge subito evidente al delegato Cisl Carlo Ugolini che c’è un errore nell’applicazione del contratto. Infatti le due sono inquadrate in quello socio-assistenziale previsto dalla Agidae (Associazione Gestori Istituti Dipendenti dall'Autorità Ecclesiastica) quando spetterebbe loro quello dell’Enpals per le Fondazioni Lirico Sinfoniche. Ugolini è convinto della propria valutazione dal momento che, neanche a farlo di proposito, è consigliere nazionale Cisl per la verifica e l’applicazione del Contratto degli artisti che operano nel settore musicale. Ciononostante chiede un quesito al dottor Massimo Antichi, direttore generale Enpals, che di lì a poco convoca le due artiste fornendo loro un nuovo libretto di lavoro. Evidente che alle due spetta un consistente arretrato per gli anni fin lì prestati (si parla in totale di quasi 100mila euro), ma sopratutto un aggiornamento dle contratto che porterebbe nelle loro tasche quasi duecento euro in più al mese).
Verso un accordo – Dopo alcuni colloqui con lo studio commerciale Girolami di Foligno e l’incontro all’Ufficio Provinciale – dove le suore si fanno rappresentare dall’avvocato Botti, anche lui di Foligno, come il legale Maurizio Riommi della Cisl – sembra che le parti siano prossime a trovare un accordo transattivo. Ma dopo la lettera dell’avvocato Botti del 2 febbraio, con la quale vengono avanzate alcune proposte, sulla vicenda cala il silenzio.
L’incubo – il silenzio si trasforma, stando alle accuse mosse dalle lavoratrici, in un vero e proprio incubo con le monache agostiniane che si sarebbero rese responsabili di una deplorevole serie di azioni discriminanti. Un vero e proprio mobbing che diventa sempre più pesante e difficile da sopportare. Tanto per cominciare il loro contratto passa da full-time a part-time. Ma non è finita. Anche l’orario di servizio ne risente e alcuni diritti vengono letteralmente negati: con la conseguenza che le due malcapitate si trovano ben presto costrette, anche per la sopravvenuta ristrettezza economica, a interrompere una gli studi al Conservatorio, l’altra quelli all’Università.
La Consigliera delle Pari Opportunità – Ugolini le studia tutte per cercare di sanare bonariamente la situazione e propone alle due iscritte di rivolgersi al Centro Regionale per le Pari Opportunità. Il 9 agosto 2007, a firma delle Consigliere Marina Toschi e Monica Raichini, parte una prima raccomandata alla Badessa Maria Natalina Tedeschini. Una lettera lunga tre pagine piena di accuse “riferiscono le lavoratrici – scrivono dalla regione dell’Umbria – che i problemi lavorativi sono sorti a seguito della maternità, ovvero quando le due signore hanno invitato la datrice di lavoro al rispetto dell’orario dovendo conciliare i tempi di vita familiare con quelli del lavoro. E’ a questo punto che il Monastero ha unilateralmente trasformato il rapporto da full-time in part-time”. Le Consigliere riportano anche come “per un’altra lavoratrice, rientrata nel maggio 2007 dopo aver usufruito della maternità, sia stato mantenuto il full time anche se presso un altro ufficio dove prima lavorava una dipendente part-time”. Ma la denuncia vera e propria la si legge poche righe dopo: “La situazione è peggiorata dal momento in cui le lavoratrici si sono iscritte al sindacato. Da allora infatti la datrice di lavoro ha avuto un comportamento più vessatorio e discriminatorio nei confronti delle stesse e delle donne in generale. Infatti vi sono stati 5 licenziamenti che hanno interessato sempre lavoratrici e mai i lavoratori”. Già, gli uomini. Nella lettera si ricorda infatti alla Badessa come, al momento di chiudere l’attività di gestione del parcheggio, “ai due dipendenti uomini sia stato mantenuto l’orario full-time spostandoli ad altro impiego lavorativo e mantenendo la loro piena retribuzione”.
Il silenzio delle suore – nonostante l'Ufficio delle Pari Opportunità avesse chiesto di attuare “un piano di rimozione delle discriminazioni accertate entro 120 giorni” dal Monastero non è mai arrivata mai alcuna riposta. Come pure ad una seconda raccomandata datata 30 ottobre 2007 conclusa con il non tenero avvertimento che “in mancanza di positivo riscontro, daremo corso alle azioni giudiziali necessarie per la tutela dei diritti delle lavoratrici, senza ulteriore avviso”.
Il commento della Cisl – Carlo Ugolini, raggiunto al telefono, ha ammesso che “il problema c’è e non sembra trovar altra soluzione che il ricorso alla via giudiziaria”. Confessa anche che dopo qualche assemblea sindacale “ i lavoratori ele lavoratrici non hanno più partecipato. Alle prime venivano, partecipavano, poi non si sono più visti”. “Non mi sarei mai aspettato un simile atteggiamento da un istituto religioso che più di ogni altra ‘azienda’ dovrebbe capire le situazioni delle lavoratrici-madri. E’ una situazione imbarazzante che non so spiegare. E pensare che i rapporti con l’Arcidiocesi di Spoleto-Norcia, ed in particolare con Monsignor Fontana, sono all’insegna della massima trasparenza e del reciproco confronto”.
La punta dell’iceberg? – non è da escludere che quella denunciata sia solo la punta dell’iceberg, almeno per quanto riguarda l’applicazione del contratti collettivi di lavoro. Ma è solo una ipotesi. Il ‘caso’ Cascia è comunque destinato ad esplodere in tutta la sua gravità anche se bisognerà attendere il primo giudizio dell’Ufficio Provinciale del Lavoro, al quale l’avvocato Riommi si è rivolto, per stabilire la verità. Chissà però se in quella occasone il legale si rivolgerà alla Badessa con il titolo di ‘suora’ o quello più diffuso e sentito fra i fedeli, di ‘madre’?