Tiziana Deserto piange in aula durante le dichiarazioni spontanee rese davanti alla Corte d'assise d'appello di Perugia. La madre della piccola Maria Geusa, già condannata a 15 anni di reclusione in primo grado, deve difendersi dall'accusa di aver concorso nell'omicidio e nella violenza sessuale della figlioletta, morta a Città di Castello nell'aprile 2004 all'età di due anni e sette mesi. ''Mi sono fidata di Giorgio Giorni, che conobbi nel 2003 come una persona cara e che, invece, oggi reputo un mostro' – ha commentato l’imputata –. Vengo accusata di cose infamanti ma sono innocente. Ero innamorata di quell'uomo, cui non avrei affidato Maria sapendo che avrebbe commesso cose che non oso nemmeno immaginare''. La Deserto, per la quale il suo legale Eugenio Zaganelli ha chiesto l'assoluzione con formula piena al termine dell'arringa, ha spiegato ai giudici che nel giugno 2003 conobbe l'imprenditore edile tifernate, il quale offrì un lavoro al marito, Massimo Geusa, quando la sua famiglia si trasferì dalla Puglia: ''Qui volevamo una vita migliore, soprattutto per nostra figlia. Giorni acquistò una bambolina per Maria, mentre a me regalò un completo intimo”.
I nonni paterni hanno deciso di costituirsi parte civile nel processo d'appello chiedendo come risarcimento simbolico la somma di un euro. Nella giornata di oggi, l'avvocato Zaganelli ha concluso chiedendo l'assoluzione per la Deserto: ''La sentenza di primo grado – ha detto – è basata su fondamenta di argilla, non c'è neppure un indizio che provi la colpevolezza di Tiziana, ingannata da Giorni''. La sentenza è prevista per il 9 giugno.