Pubblico spoletino di certo non indifferente di fronte ai Pezzi Staccati di Giulio Cesare. Torna lo spettacolo messo in scena per la prima volta nel 1997 dalla Societas Raffaello Sanzio di Romeo Castellucci.
Spettatori posizionati su materassini bianchi, come bianchi sono anche il resto degli elementi che caratterizzano la scenografia, minimale se non fosse per la strepitosa bellezza della Chiesa di San Salvatore.
Tre i personaggi principali: “…vskij”, forse omaggio a Stanislavskij, recita lo scambio di battute tra Flavio, Marullo e il ciabattino. Lo fa dopo essersi infilato una sonda endoscopica nel naso. Primi sussulti degli spettatori che vedono proiettate sullo schermo le immagini della sua glottide.
Giulio Cesare, colora il candore della scena con la sua tunica rossa che diventa presto un sudario attraverso il quale, cadavere, viene trascinato fuori dalla Chiesa, tra le sedute del pubblico che per far passare il corpo chiuso dentro il lenzuolo funebre è costretto a scansarsi. Comunicava solo con i gesti ma la sonorizzazione delle sue movenze sostituisce con vigore la parola.
Marco Antonio, laringectomizzato, lo è davvero l’interprete Dalmazio Masini, si esprime attraverso la voce esofagea tanto che è difficile seguirlo ma l’emozione cresce man mano che l’attore si avvicina al pubblico e la forza dell’interpretazione arriva possente.
Le corde vocali, il suono, la voce e l’assenza di essi sono il filo conduttore che accomuna il potere espressivo dei tre interpreti. E dal sito patrimonio Unesco si esce effettivamente senza parole.
Foto di scena © Fondazione Festival dei Due Mondi ONLUS / foto Andrea Kim Mariani
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