L’inchiesta sulle ceneri e i rifiuti in Valnestore, sull’indagine epidemiologica relativa alle patologie (già definite sopra la media dal registro regionale dei tumori) e sul trasporto e l’interramento delle ceneri provenienti dalla centrale Enel di La Spezia e Vado Ligure si amplia, prende forma e faldoni e i fascicoli che affluiscono dagli archivi dei Comuni di Piegaro, Panicale e Città della Pieve, richiesti da Arpa e dalla Forestale arrivano questa mattina sulle scrivanie delle Procure di Terni e Perugia, corredati dall’informativa esito dei primi sopralluoghi dei giorni scorsi.
Due partecipatissime assemblee cittadine si sono intanto tenute nei giorni scorsi. Il clima è quello della preoccupazione, della ricerca celere e definitiva della verità. La gente chiede che venga tracciata definitivamente la linea tra quello che può essere un rischio per la salute e quello che non lo è. Chiede analisi su acqua, terra e aria e chiede se quelle malattie che hanno colpito la popolazione sono o meno riconducibili alla gestione del territorio che stata fatta in quel lasso di tempo che è andato dalla costruzione della centrale Enel alimentata a lignite (e sul finale non solo a lignite) alla fine degli anni ’50 e la sua dismissione intorno al 2000.
Per anni la loro vita è ruotata attorno alla ex centrale Enel. Perché loro o loro congiunti hanno lavorato lì, direttamente o indirettamente per tantissimi in Valnestore lo stipendio da portare a casa è dipeso dalla durata dell’attività della miniera e dal suo sfruttamento ai fini della produzione di energia. Per questo quella ciminiera sputa fumo e produttrice di ceneri è stata guardata con quel rispetto reverenziale che si deve a chi ti consente il pane in tavola, per oltre trent’anni, anche quando i sospetti e le paure per le possibili ricadute ambientali e di conseguenza sulla salute delle persone hanno cominciato a farsi opprimenti chi si esponeva per chiedere controlli veniva sottoposto a “pressioni”.
E’ emerso anche questo nella seconda assemblea pubblica che si è tenuta venerdì sera (a colle San Paolo, dopo quella di Pietrafitta di giovedì). Un altro centinaio di persone che hanno confermato la volontà di costituire un comitato permanente unico, frutto del “gemellaggio” di tutte le tante piccole e medie comunità coinvolte (da Piegaro a Panicale fino a Città della Pieve e Fontignano), per vigilare e “pesare” affinché l’inchiesta, in tutti i suoi aspetti da quello sanitario-ambientale a quello propriamente inquirente della Forestale e del Noe, non si fermi. “Guai oggi a dire stendiamo un velo pietoso, oppure non ci cono responsabilità – interviene un ex sindacalista – Ce n’è stata troppa di omertà in questo territorio. Sorgeva un comitato e il fondatore veniva rincorso dagli imprenditori. Ora forse per certe cose è troppo tardi, perché i buoi sono già fuggiti dalla stalla, ma non è troppo tardi perla verità e per la bonifica se necessario. Non permetteremo che la questione venga insabbiata e a chi indaga venga messo un bavaglio“.
E se a quanto emerge l’interramento dei rifiuti solidi urbani commisto a ceneri potrebbe non avere profili di responsabilità (in quanto le normative dell’epoca non prevedevano norme stringenti come le attuali), lo stesso non vale per lo stato attuale dei luoghi per i quali potrebbe rendersi presto necessaria una bonifica sopratutto se considerato che oggi, dove il terreno frana, l’immondizia viene rivomitata a cielo aperto da quella terra impastata con la cenere che per anni l’ha nascosta.
E poi resta la questione tutta aperta sull’interramento e l’utilizzo di ceneri come rilevato, usata per realizzare il fondo di strutture sportive, zone industriali, strade e piazzali. E per questo l’Arpa ha chiesto a tutti i cittadini di segnalare luoghi dove sono state utilizzate nel tempo, perché proprio il vuoto normativo in certi anni non rende possibile una mappatura precisa attraverso “le carte”. Va specificato che ad oggi le ceneri di risulta dalla combustione di carbone e lignite vengono classificate come rifiuto speciale non pericoloso ma anche che il dibattito sulla materia è molto acceso in Liguria, per le stesse centrali da cui provengono parte delle ceneri utilizzate anche qui nel cuore dell’Umbria.
Difendere il territorio. Si è poi instaurato un acceso dibattito, sui social e nelle assemblee di cui sopra, che ruota attorno alla preoccupazione che l’attenzione mediatica sulla questione ambientale in Valle possa rappresentare un danno per le attività della zona, che non senza sforzi sta tentando un rilancio economico basato sul turismo e le produzioni agroalimentari. Legittima l’apprensione che trova ancora una volta sfogo nella necessità che al più presto arrivino risposte certe. Su questo tenore l’intervento del consigliere regionale Pd, Giacomo Leonelli: “La Valnestore è una risorsa per l’Umbria che va monitorata e se serve,bonificata. Chiamarla a priori però “Valle dei fuochi” rischia invece di produrre un danno inenarrabile per un territorio che vive anche di turismo e eccellenze agroalimentari. In commissione abbiamo ascoltato o Sindaci di Piegaro e Panicale insieme ai tecnici di Arpa e Regione, rispetto alle vicende relative al presunto inquinamento nell’area della Valnestore. Ho chiesto che vengano ultimate nel più breve tempo possibile le analisi in corso e che gli esiti siano circostanziati nel tempo (per capire a quando risalgono eventuali inadempienze). Ho messo a disposizione la mia mozione già depositata anche alle opposizioni (centrodestra e M5s) al fine di valutare insieme quelli che possono essere i migliori interventi che la Regione può mettere in atto per monitorare e, ove dovesse servire, bonificare il territorio, ivi compreso il finanziamento ad un approfondimento teso a verificare una maggior incidenza di patologie oncologiche nell’area. Infine però ho ribadito il danno enorme che si rischia di produrre all’area e alla sua economia con un refrain (“valle dei fuochi”) che rischia di distruggere un’economia come quella della valle e del Trasimeno nel suo complesso dove Turismo e eccellenze agroalimentari sono e saranno punte di freccia insostituibili. Monitorare SI, bonificare SI (se serve), e infangare a priori una valle NO”.
Sabato la conferenza stampa dei 5 Stelle. “Siamo in una zona artificialmente sopraelevata a causa di ceneri radioattive che arrivano da La Speziadepositate fine anni’80. Abbiamo lettere e corrispondenze di cittadini che allora denunciavano a procure e Asl. Siamo in presenza di un attentato ambientale e alla vita delle persone. Le ceneri da carbone sono più radioattive delle scorie nucleari”, è iniziata così, la conferenza stampa del Movimento 5 stelle a Tavernelle, nei pressi dello stadio e strutture ricreative. A parlare il consigliere regionale Andrea Liberati e tutti gli altri portavoce, consiglieri comunali e parlamentari. “C’era clima di omertà mafiosa e paura – è stato detto – e dopo una serie di lettere, tra cui quella di una cittadina sull’elevato numero di tumori, siamo andati all’Arpa e abbiamo denunciato. Abbiamo attivato delle ricerche a Fabro, dove sono state stoccate le stesse ceneri della Valnestore”. Ma tutto è nato da un esposto-denuncia di un cittadino che ha circostanziato e indicato i luoghi. “Non sappiamo quante di queste ceneri siano state interrate – spiega il comunale Stelvio Olivi – occorre verificare cosa vi sia sotto i rilevati, se la stessa cenere o qualcosa di più pericoloso”. Per il collega Spanu “il problema della criminalità e della mafia è tra noi, come dimostra l’interdittiva a Gesenu”. Altra domanda: da dove arrivava il carbone di La Spezia? Polonia, America, Colombia? Negli Usa ci sono cause di risarcimento in corso. Per il deputato Gallinella il “danno è fatto ma impedire che prosegua il problema salute. Sono ceneri misteriose, non sappiamo cosa c’è sotto”. La collega Ciprini ritiene “opportuno sollevare un’inchiesta parlamentare sul caso dopo 30 anni di silenzio. Siamo al confine con un’area ricreativa e sportiva. Vogliamo informazioni: da dove arrivano le ceneri e perché non si è controllato? E’ una zona lasciata a se stessa anche sul piano economico, doveva diventare una silicon valley è invece è la pattumiera umbra. Sulla Valnestore c’era un grande progetto, dove è finito? Soprattutto chi sapeva perché non si è mosso?”.
Monitoraggio delle aree a rischio e visita ispettiva alla centrale. Vengono snocciolati esposti dagli attivisti 5 Stelle, sia alla procura nel ‘96, che al sindaco nell’86, firmatari un numero di cittadini con nomi e cognomi. Un altro atto denuncia cita gli scavi per interrare le ceneri di La Spezia. Le stesse di Fabro, dove però è stato creato un piatto di contenimento di cemento e asfalto. E mostrano un carteggio con la prefettura firmato dall’ex prefetto Giuffrida. “Ai tempi le autorità scientifiche non davano lo stop sull’utilizzo delle ceneri. Ma la prefettura chiedeva comunque a Comuni e Provincia di relazionare. Vogliamo ottenere monitoraggio delle aree a rischio”. E’ anche emerso che in commissione regionale è stata chiesta una visita ispettiva alla centrale. “Enel deve rispondere del disastro – hanno concluso i grillini – deve intervenire per mettere in sicurezza e rimuovere i terreni inquinati”.
Ricci chiede più controlli. “Sulla ‘valle dei fuochi’, il presunto smaltimento, non conforme, di ceneri (e rifiuti) che sta allarmando, giustamente, una ampia zona di paesi e residenti dell’Umbria, è giusto l’invito, delineato anche dai quotidiani, a fare ‘solo considerazioni tecniche’, più che attività o manifestazioni politiche, e sacrosanto quello dei residenti di analizzare i fatti sino alla prospettiva di analisi private, nei casi ritenuti utili ad indagare i fatti”. Così il consigliere regionale Claudio Ricci (Ricci presidente) che, commentando i fatti anche “da ingegnere”, quale egli è, sottolinea come sia evidente che “autorizzazioni sono state rilasciate da qualcuno che ha firmato i provvedimenti, i pareri sono stati suffragati dal noto ‘visto’ e cioè letto una relazione o una analisi e ovviamente alcuni avrebbero, per legge, dovuto verificare. L’Umbria – aggiunge – terra senza mare e senza reti di trasporto adeguate, regione con pochi abitanti dove tutto è stabile e stabilmente immobile è stata molto probabilmente il luogo ideale per far crescere un sistema che ha prodotto l’aumento di infiltrazioni di diverso tipo e smaltimenti ambientali molto problematici”. Secondo Ricci, però, “la ‘valle dei fuochi’ è solo un punto del problema, anche se preoccupante. Ho presentato alcune mozioni in Consiglio regionale, su ulteriori aspetti molto complessi come la verifica di cosa sia stato smaltito nelle discariche dell’Umbria e per la verità il concetto si può estendere ad ambiti territoriali, agricoli ed edilizi”. “Le interdittive antimafia emesse recentemente danno alcune indicazioni ed è preoccupante aver appreso, con lettera scritta di risposta, che gli autocarri che trasportano materiali e rifiuti da smaltire non sono oggetto di controllo informatico GPS dei loro itinerari come ci si aspetterebbe: un fatto la cui gravità è disarmante. Oggi viviamo in un mondo dove tutto è software e solo con il software si può o non si può controllare”. Ricci assicura “i cittadini dell’Umbria” che sta seguendo con “attenzione e molta discrezione, attraverso una analisi, in linea con i doveri di controllo attribuitemi dal ruolo istituzionale che ricopro, i complessi fatti che in Umbria collegano relazioni, rifiuti, infiltrazioni e fatti sociali. Spesso – conclude -, basta mettere insieme correttamente le carte per capire il filo e la prospettiva dei problemi. Tutto questo per dare solo un contributo a migliorare l’Umbria e, con essa, le prospettive del nostro Paese”.
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