I Finanzieri della Tenenza della Guardia di Finanza di Gubbio, dopo due anni di indagini ed accertamenti, hanno concluso una verifica nei confronti di un’impresa edile operante nel comprensorio Eugubino – Gualdese, portando alla luce una situazione di grave e diffusa irregolarità: l'impresa infatti, negli anni tra il 2005 ed il 2011, ha evaso 4.500.000 euro, costi non deducibili 1.350.000 euro, non versando l'IVA per 615.000 euro nè l'IRAP per 5.870.000 euro.
Denunce ed evasione – Dopo le indagini, sono state denunciate tre persone per reati tributari ed in particolare per violazione dell’art. 2 del D.lvo 74/2000, per la dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti per un importo complessivo pari a 1.103.010 di euro ed IVA per 279.740 euro. Ammonta invece ad Euro 1.652.340 l’importo complessivo delle false fatture, compresa l’IVA pari ad 275.400 euro, emesse da soggetti compiacenti privi di una struttura logistico – operativa, le cui imprese da anni risultavano cessate, ed esistevano soltanto cartolarmente, per cui a tali soggetti è stato attribuita la violazione prevista dall’art. 8 del D.lvo 74/2000 – “ Emissione di fatture per operazioni inesistenti “.
Lo stratagemma – L’imprenditore controllato è stato inoltre denunciato per violazione dell’art. 3 del D.lvo 74/2000 per aver presentato per gli anni d’imposta 2008, 2009, 2010 e 2011, una dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, al fine di evadere le imposte dirette e l’IVA, palesando una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie attraverso l’omessa fatturazione di operazioni imponibili in vendita, nonché tramite l’utilizzo di un soggetto interposto da lui stesso gestito, attuando di fatto un disordine gestionale che ha riguardato cantieri, mezzi e personale, al solo scopo di evadere le imposte. Difatti l’imprenditore oltre ad un meccanismo tradizionale di evasione, cioè l’utilizzo sistematico e costante di fatture fittizie in acquisto, in modo da diminuire, o eliminare completamente la base imponibile da assoggettare a tassazione, ha utilizzato uno schermo formale costituito da un’impresa di un familiare, che veniva sempre gestita dallo stesso, interponendola tra la sua impresa e l’Erario, in modo da trarne vantaggi fiscali. In pratica, nel periodo 2004-2007 l’imprenditore, pur manifestando una intensa attività produttiva, ha sempre dichiarato perdite d’esercizio per effetto dell’utilizzo di false fatture. Nel periodo 2008-201, l’attività d’impresa si è trovata in una fase calante con azzeramento dei ricavi d’esercizio dichiarati al fisco, un incremento ulteriore delle perdite sempre per effetto di un uso ripetuto di false fatture, un occultamento di ricavi regolarmente fatturati, derivanti da prestazioni rese nell’esercizio d’impresa che non ha dichiarato al fisco. Contestualmente, sempre nello stesso periodo, l’impresa interposta, sino ad allora dormiente e non produttiva di ricavi ha iniziato ad operare assorbendo i dipendenti, i beni strumentali ed i cantieri dell’interponente. L’impresa interposta risultava però sempre gestita di fatto dal medesimo imprenditore che simultaneamente compariva come titolare della propria impresa nonché dipendente e procuratore, con ampi poteri, dell’impresa interposta. Ciò consentiva di assicurare un evidente vantaggio determinato da una base imponibile ridotta; poiché la gestione contestuale delle due imprese permetteva di poter spostare dall’una all’altra sia i ricavi d’esercizio sia i relativi volumi di affari in modo da fissare convenientemente sulle due imprese le capacità produttive e dichiarative di entrambe.
Il quadro probatorio così come è stato ricostruito dai finanzieri nel corso delle indagini ha determinato la possibilità di applicazione del disposto normativo previsto dall’art. 37, III comma, del D.P.R. 600/73, che disciplina l’interposizione fittizia e che permette di imputare ad un soggetto (interponente) i redditi formalmente attribuiti ad altro soggetto (interposto) . L’interposizione fittizia è una forma di evasione particolarmente insidiosa ma in questo caso si è riusciti a dimostrare che l’imprenditore controllato dalle fiamme gialle si era avvalso di uno schermo formale di un’impresa edile riconducibile ad un familiare che si era interposta tra l’impresa Edile verificata (interponente), e l’Erario, solo al fine di ottenere un vantaggio fiscale.
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