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Terni, il sindaco Leopoldo Di Girolamo si è dimesso

Christian Cinti

Terni, il sindaco Leopoldo Di Girolamo si è dimesso

Le dimissioni del sindaco, gli effetti del dissesto e il terremoto politico: ore decisive per Terni. Consiglio occupato fino a giovedì | Nominato nuovo assessore
Mar, 30/01/2018 - 11:42

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Aggiornamento alle ore 17.20 – Il sindaco di Terni Leopoldo Di Girolamo si è dimesso. L’annuncio lo ha dato poco fa alla stampa durante un incontro ancora in corso, dopo la riunione di maggioranza che si è tenuta nel primo pomeriggio di oggi.

Una decisione arrivata dopo la riunione di ieri del consiglio comunale e la conseguenze occupazione del Comune da parte delle forze di minoranza, ancora in corso.


Qualsiasi sia la decisione che Leopoldo Di Girolamo vorrà prendere nelle prossime ore, questi saranno comunque i suoi ultimi giorni da sindaco. O almeno, da sindaco “libero” dai vincoli del dissesto finanziario in cui Terni è precipitata. Ma saranno gli ultimi giorni di libertà anche per la città dell’acciaio, che dovrà fare presto i conti con le catene – molto strette – di questa voragine economica.

La politica

Dopo la bagarre di lunedì, Movimento 5 Stelle, gruppo I Love Terni e una rappresentanza di Fratelli d’Italia hanno avviato l’occupazione del consiglio comunale. Si va avanti per turni con un presidio fisso composto da una ventina di persone, sotto il controllo di un paio di agenti della polizia locale. L’occupazione dovrebbe proseguire fino alla mezzanotte di giovedì. Perché, sembra, sia questa l’ultima data utile per il sindaco di presentare le proprie dimissioni e avviare così il percorso che potrebbe portare al voto entro la prossima primavera. Venerdì mattina dovrebbe invece riunirsi la conferenza dei capigruppo per fissare la data del consiglio comunale in cui discutere il dissesto.


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La lettera inviata dalla Prefettura ha fatto scattare il conto alla rovescia: il dibattito a Palazzo Spada dovrà dunque avvenire entro venti giorni, anche se l’esito della votazione appare tutt’altro che scontato.

Nel pomeriggio di oggi dovrebbe invece tenersi una riunione di maggioranza che potrebbe rimescolare le carte in tavola e ribaltare l’agenda delle cose da fare. Tra le quali, rientra a pieno titolo la discussione sulle dimissioni di Di Girolamo. Il primo cittadino potrebbe rimettere il suo mandato nelle mani dell’assise cittadina in maniera irrevocabile, facendo dunque scattare il percorso per le urne già a giugno 2018. Ma potrebbe anche non fare questo passo e rigettare la palla nel mucchio. Ossia, presentare dimissioni revocabili che potrebbero anche essere respinte. A questo punto, il destino di Terni tornerà ad incrociarsi con quello del frammentato Partito democratico, con la conseguenza che potrebbe anche concretizzarsi uno scenario del genere: sindaco e giunta restano in carica fino alla scadenza naturale del mandato e si vota nel 2019.

Il nuovo assessore

Intanto nelle ultime ore il sindaco Di Girolamo ha nominato un nuovo assessore dopo le dimissioni di Vittorio Piacenti d’Ubaldi in seguito al suo arresto (poi trasformato in interdittiva). La decisione del primo cittadino è finita sul suo portavoce, Moreno Rosati, a cui sono le deleghe all’informazione e comunicazione, sicurezza urbana, programmazione strategica, sviluppo economico, agricoltura, commercio, artigianato, marketing territoriale, fiere. La delega al bilancio rimane quindi in capo a Di Girolamo, almeno per ora. Lo scopo della nomina di Rosati in Giunta è in realtà quello di garantirne la sua funzionalità e l’azione amministrativa. Senza un nuovo assessore, infatti, la Giunta non sarebbe stata operativa.

E intanto il Partito socialista “scarica” l’amministrazione comunale e sollecita le dimissioni del sindaco: “non resta che una strada, rimettere il mandato in mano ai cittadini se non altro per dare piena funzionalità agli organi di governo della città e fare in modo che questa esperienza amministrativa si concluda ‘in modo ordinato’, evitando indegni spettacoli come quello di ieri”.

Le norme

La partita si gioca molto anche in punta di diritto. Il dato certo è quello dei venti giorni: trascorso questo termine senza nessuna decisione del consiglio comunale, sarà la prefettura a dare il rompete le righe e a nominare un commissario che, assieme ai tre commissari nominati dal Governo con il compito di vigilare sui conti e le spese del Municipio, gestirà l’amministrazione fino al 2019. Per chiarezza, i commissari ad acta resteranno comunque in carica per cinque anni e affiancheranno la vecchia giunta, il nuovo esecutivo che dovesse essere eletto nella primavera 2018 o quello che dovesse uscire dal voto del 2019.

Il consiglio comunale quindi può scegliere: o vota o non vota il dissesto. Se approva la delibera di dissesto, questa viene notificata al ministero dell’Interno ed alla Corte dei Conti e l’iter prosegue con la nomina dei tre commissari con giunta e consiglio che – senza dimissioni del sindaco – restano al loro posto. Se invece i consiglieri non votano il dissesto, è la Corte dei Conti che interviene presso il prefetto per la nomina di un commissario ad acta che provvederà ad approvare la delibera di default. Procedura di default che, nel caso in cui dovesse scaturire in una indagine per appurare eventuali responsabilità, potrebbe a sua volta innescare un ulteriore meccanismo. Se infatti venissero riscontrate colpe negli amministratori – sindaco, giunta e consiglieri che hanno dato parere positivo ai bilanci incriminati – scatterebbero le disposizioni della legge Severino sui profili di incandidabilità.

I conti e l’impatto sui ternani

Il dissesto avrà un impatto concreto sulla vita dei ternani. Quale sia l’entità definita del debito lo stabilirà il consiglio comunale. La cifra è comunque impattante e potrebbe sfiorare gli 80 milioni di euro. Una voragine che per essere riempita richiederà di mettere al massimo tutta la tassazione locale e i servizi a chiamata individuale. La Uil ha stimato che Terni dovrà fare i conti con 16 milioni di nuove tasse, ma l’impressione è che alla fine la cifra sarà più consistente. A carico di tutti i contribuenti, col paradosso che le ditte che faticheranno per incassare i loro crediti dal Comune, dovranno subito pagare più tasse.

(aggiornato alle ore 13)

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