Detenuto è morto suicida nel carcere di Terni, nella giornata del primo maggio. A darne notizia è Fabrizio Bonino, segretario per l’Umbria del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria: “Verso le 18, a togliersi la vita è stato un detenuto italiano, per reati contro la famiglia: non si conoscono i motivi, era in cella con altro detenuto italiano. Purtroppo, ogni tentativo di impedire il tragico decesso si è rivelato vano”.
“Esprimiamo innanzitutto il nostro profondo cordoglio per la perdita di una vita umana”, prosegue il sindacalista. Che aggiunge: “È sempre doloroso, per chi lavora nel mondo penitenziario, trovarsi di fronte a simili tragedie che lasciano un senso di impotenza e di profonda amarezza. Ma ancora una volta, siamo costretti a sottolineare quanto la questione del disagio psichico e del rischio suicidario all’interno degli istituti penitenziari rappresenti una vera emergenza nazionale. La polizia penitenziaria, pur con abnegazione e professionalità, continua a operare in condizioni di costante tensione, spesso in solitudine operativa e senza gli strumenti idonei per affrontare adeguatamente situazioni così complesse”.
Bonino ricorda che il SAPPE “ha più volte richiamato l’attenzione delle istituzioni sulla necessità di potenziare i servizi di assistenza psicologica, rafforzare l’organico, migliorare la formazione specifica e garantire presìdi adeguati alla prevenzione dei gesti autolesivi. Non possiamo più limitarci alla conta delle tragedie. Occorre un cambio di passo concreto e immediato: non si può parlare di sistema penitenziario senza tutelare realmente la dignità e la sicurezza, tanto dei detenuti quanto del personale che ogni giorno vi lavora”, conclude.
“Questo ulteriore suicidio avvenuto nel carcere di Terni deve far riflettere sulla condizione in cui vivono i detenuti e su quella in cui è costretto ad operare il personale di polizia penitenziaria”, commenta Donato Capece, segretario generale del SAPPE. “Questi drammatici eventi, oltre a costituire una sconfitta per lo Stato, segnano profondamente i nostri Agenti che devono intervenire”, prosegue.
“Si tratta spesso di agenti giovani – ricorda – lasciati da soli nelle sezioni detentive, per la mancanza di personale. Il suicidio rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti. Servirebbero anche più psicologi e psichiatri, vista l’alta presenza di malati con disagio psichiatrico. Spesso, anche i detenuti, nel corso della detenzione, ricevono notizie che riguardano situazioni personali che possono indurli a gesti estremi”.
Capece richiama il discorso di fine anno dal Capo dello Stato Sergio Mattarella e le sue indicazioni per superare l’emergenza penitenziaria: “Sono inaccettabili anche le condizioni di lavoro del personale di polizia penitenziaria, impegnato “H24” nelle sezioni detentive e i cui appartenenti sono sempre più vittime di aggressioni e atti violenti dalla parte minoritaria della popolazione detenuta più refrattaria a rispettare l’ordine e la sicurezza anche durante la carcerazione. Ma nei nostri istituti di pena, anche per minori, si può e si deve “potere respirare un’aria diversa da quella che li ha condotti alla illegalità e al crimine. Noi siamo pronti a dare il nostro contributo. Non servono indulti ma riforme strutturali”.
Il leader del SAPPE conclude evidenziando che “i peculiari compiti istituzionali del Corpo di polizia penitenziaria sono richiamati nel motto del nostro Stemma araldico: “Despondere spem munus nostrum”(garantire la speranza è il nostro compito), iscritto nella lista d’oro alla base dello stemma. Proprio garantire la speranza è un nostro dovere istituzionale, che le donne e gli uomini della polizia penitenziaria svolgono quotidianamente il servizio, nelle carceri per adulti e minori della Nazione, con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità in un contesto assai complicato”.