Roberto è un musicista umbro. L’orchestra di cui fa parte è ovviamente ferma da settimane ormai per via del Coronavirus. E lui, che è volontario della Croce Rossa Italiana, ha fatto una scelta importante. Insieme ad altri tre della Cri dell’Umbria è partito per Bergamo, il 19 marzo.
E’ voluto andare a portare una mano dove adesso c’è più bisogno in Italia. E quello che sta vedendo in questi giorni lo ha spinto a scrivere un messaggio a chi certe situazioni le vede solo in televisione o nemmeno. Un post su Facebook su cui non vuole “like”, ma condivisioni, per far sì che più persone possibili siano sensibilizzate a restare a casa. Unico modo per rallentare i contagi da Covid-19.
“Ciao, – scrive – mi chiamo Roberto Ingria e sono uno dei quattro volontari della Croce Rossa Italiana che siamo partiti dall’Umbria per andare ad aiutare gli amici Lombardi. Ma questo non è importante ai fini di quello che vorrei dirvi. Vi voglio raccontare le mie sensazioni. In questi giorni di permanenza in un paese vicino Bergamo.
“Si sente nell’aria la paura”
Si sente nell’aria la paura, la preoccupazione, il rendersi conto che ogni persona potrebbe essere contagiata da questo maledetto virus. La tensione è altissima. Non si vedono auto, pullman, c’è un silenzio spettrale ogni cinque minuti spezzato dalle sirene delle ambulanze che corrono.
All’interno degli ospedali non si capisce più niente. È tutto sotto sopra. È come se qualcuno si fosse divertito a mischiare i pezzi di un puzzle. Dove prima c’era un ambulatorio ora ce ne’ un’altro, dove prima c’era la radiologia ora c’è un ragazzo di 42 anni, in terapia intensiva. È quello che succede in queste zone giorno dopo giorno, minuto dopo minuto. Persone che vengono portate in ospedale e classificate prima del nome e cognome come “covid”. È questa la categoria di malato di cui tutti hanno paura. Covid. Covid.
“In Umbria forse siamo ancora in tempo a non cadere nell’inferno”
Perché vi dico tutto questo? Perché da noi forse ancora siamo in tempo a non cadere dentro questo inferno. Nella nostra realtà, l’Umbria, siamo al 10% di quello che succede quassù. E allora quello che bisogna fare è una cosa sola: STARE A CASA. STARE A CASA. STARE A CASA. Non si chiede altro occorre STARE A CASA. Solo così si potrà sconfiggere questo virus, perché quando non avrà più di che nutrirsi morirà come è successo in Cina nella città da cui è partita questa epidemia, anzi pandemia, da qualche giorno non hanno più contagiati.
Mi sono sentito in dovere, come volontario della Croce Rossa Italiana, ma soprattutto come persona, di fare qualcosa andando fin quassù per dare una mano a chi ne ha bisogno. Ero e sono consapevole del rischio che si corre ma l’ho fatto”.
Il 42enne in terapia intensiva
“A te che in questo momento stai leggendo questo messaggio – conclude Roberto rivolto ai suoi concittadini dell’Umbria – vorrei solo dire STAI A CASA. Non è un gioco. Non è una sfida con il destino. È una cosa seria. La persona che io ho visto lottare per la vita attaccato a tutti i macchinari non è digitale ma è reale. 42 anni capito? 42 anni.
Non voglio più dilungarmi. Vi chiedo un’ultima cosa. Non mettete un like a questo messaggio. Vi chiedo solo di condividerlo per cercare di divulgarlo il più possibile. Ancora siamo in tempo STIAMO A CASA STIAMO A CASA. STIAMO A CASA”.