Erano diventati “famosi” perché si erano impadroniti dei dati di molte aziende italiane e poi li avevano usati per creare delle pubblicità per cui in seguito emettevano fatture e chiedevano soldi. Solo che i clienti pubblicizzati non avevano mai sottoscritto alcun contratto. Negli anni sono arrivate molte denunce e, dopo un’indagine di finanza e polizia postale di oltre dieci anni fa, i titolari di Pagine.it vennero rinviati a giudizio per associazione per delinquere finalizzata alla truffa.
Ecco ad esempio come la Confesercenti nel 2009 già informava le imprese di stare alla larga da Pagine.it:
In questi giorni è in corso una nuova truffa ai danni delle aziende presenti on-line.
La società PAGINE.IT S.r.l richiede il pagamento per non meglio identificati servizi annuali di pubblicità internet mai richiesti. PAGINE .IT, di nuova costituzione, non è sconosciuta alla Polizia Postale di Perugia, visto che operava tempo fa come ”Pagine italiane”, e spediva analoghe fatture per il pagamento di servizi di pubblicità su Internet non richiesti. Pagine.it prendono su Internet pacchetti di clienti di altre aziende di pubblicità ”on-line” e inviano a questi clienti lettere con fatture per il pagamento di servizi di pubblicità su Internet mai effettivamente richiesti. Nelle lettere si informano le aziende in questione di essere state inserite nel motore di ricerca pregandole di inviare via e-mail una eventuale richiesta di disdetta del servizio. ”Pagine it”, tramite call center, chiamano le aziende per sollecitare i pagamenti di chi ha già ricevuto fattura sottolineiamo non dovuta e non inviavano la richiesta di disdetta del servizio da loro mai chiesto. Queste ultime se rifiutano di pagare vengono minacciate di azioni legali. Gli importi sono tutti attorno a 200-300 euro e, nella maggior parte dei casi, le aziende preferiscono pagare per evitare questioni di natura giudiziaria. Fino ad ora nel corso delle indagini, sono stati, sequestrati vari conti correnti contenenti 800.000 euro.
Adesso il gip di Perugia, Carla Giangamboni, li ha nuovamente spediti a giudizio per bancarotta fraudolenta. Per quattro persone il processo inizierà a settembre del 2019, mentre una quinta ha patteggiato una condanna a due anni e otto mesi di reclusione. Secondo la ricostruzione accusatoria, gli imputati, non solo avrebbero guadagnato un fiume di denaro truffando chi li pagava, ma poi, non avrebbero mai pagato una lira di tasse, sottraendo all’Erario qualcosa come oltre 11 milioni di euro, e avrebbero distratto dai conti dell’azienda altri 14milioni, intascati percependo i pagamenti delle «decine di migliaia» di fatture che avevano spedito in giro per l’Italia.
Molti imprenditori che in un primo momento hanno pagato hanno poi confessato che non sapevano neanche che le loro amministrazioni lo stessero facendo. Del resto, le fatture erano per importi esigui che non superavano quasi mai le cento euro quindi non davano particolarmente nell’occhio. Quando però la storia venne a galla in seguito alle prime denunce – del caso si occuparono anche Le Iene – ognuno di quelli che aveva visto quel nome nelle fatture è andato a controllare meglio e si è reso conto di tutto. Di lì altre denunce e le indagini, finite con il primo rinvio a giudizio, per cui adesso è in corso il processo di primo grado. Mentre per la bancarotta fraudolenta il processo inizierà tra quasi due anni.