Il pr e il buttafuori che quella notte la soccorsero se la ricordano bene, anche se sono passati sei anni: aveva il sangue che le colava dal naso, il vestito infangato, gli occhi tumefatti. Era in stato di shock quando il suo stupratore la riportò al Cantiere 21 dopo averla picchiata e aver abusato di lei in una strada buia a Taverne di Corciano.
Sequestrata e violentata la vigilia di Natale
Si erano conosciuti la sera prima presentati da alcuni amici comuni e poi, come tante volte accade tra i giovani, a fine serata, lui le aveva proposto di andare in un bar non lontano che era sempre aperto. Le aveva detto che anche gli altri amici sarebbero andati con loro. E lei, 21 anni appena, si era fidata, perché non avrebbe dovuto? Era poco più che coetaneo, con amici in comune. Invece da lì iniziò l’inferno, M.C., ora difeso dall’avvocato Lino Ciaccio – secondo la pesante accusa – l’aveva portata in una strada appartata e aveva iniziato a picchiarla selvaggiamente.
Lei aveva cercato di fuggire ma lui le aveva fatto ancora più male. Il cellulare della ragazza squillava e lui le dettava i messaggi da mandare agli amici di lei, fin quando, proprio perché lei non tornava indietro e chi la aspettava era preoccupato, lui l’aveva riaccompagnata indietro, al locale. Sconvolta e viene portata in ospedale dagli amici dove la trattengono per qualche giorno. Nel frattempo gli agenti della questura di Perugia, sentito il suo racconto e su disposizione del pm di turno Giuseppe Petrazzini arrestano M.C. un benzinaio perugino di 24 anni. Il Gip convalida e l’uomo resta in carcere per due mesi. La storia che emerge dal racconto della giovane chiamata a deporre in aula è straziante.
Lì i buttafuori l’avevano soccorsa e poi portata in ospedale e ieri lo hanno raccontato davanti ai giudici che adesso giudicheranno M.C., per cui la vittima vorrebbe una condanna esemplare. La ragazza, oggi parte civile con l’avvocato Matteo Gianbartolomei, riconobbe il suo aguzzino poche ore dopo lo stupro e lo fece arrestare in flagranza. Dopo il carcere cautelare lui è tornato in libertà, mentre per lei, guarite le gravi ferite fisiche – aveva riportato fratture e contusioni – restano quelle dell’anima. Dopo sei anni non c’è ancora una sentenza in primo grado.