Sono accusate di aver estorto denaro ad una giovane commessa oltre che di atti persecutori due donne spoletine, madre e figlia all’epoca di 59 e 28 anni, finite sotto processo davanti al collegio penale del tribunale di Spoleto. A 7 anni dai fatti e dalla denuncia, però, il processo di fatto si deve ancora aprire a causa di difetti di notifica avvenuti finora.
Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, tutto sarebbe iniziato nel 2011, quando madre e figlia si sarebbero presentate nel negozio in cui la giovane lavorava, dando in escandescenza e chiedendole 21mila euro, minacciandola. Richieste poi reiterate per telefono. Il tutto perché la donna stava ristrutturando un immobile attraverso un’impresa edile di proprietà di un congiunto delle due spoletine. Lavori ancora in corso, con madre e figlia che rivendicavano dei pagamenti per interventi che però secondo la proprietaria dell’edificio non erano stati ancora effettuati. Tanto che in seguito sarebbe avvenuta anche la risoluzione del contratto per inadempimento di parte appaltatrice.
Per mesi, quindi, stando alle accuse, in particolar modo la 59enne avrebbe tempestato di chiamate la giovane commessa, rivolgendole pesanti accuse, insulti e minacce. Addirittura la ragazza sarebbe stata pedinata in più occasioni. Madre e figlia, quindi, devono rispondere delle accuse di stalking ed estorsione nei confronti della commessa, che si è costituita parte civile nel processo attraverso l’avvocato Stefania Pambuffetti.
L’udienza odierna davanti al collegio penale (Anibaldi presidente, Salerno e Cipolloni a latere) è stata rinviata per un difetto di notifica. In aula si tornerà il 28 giugno 2018, quando dovrebbero essere sentiti i primi testimoni. Per il processo, però, è vicina la prescrizione.