Turismo in Umbria, il sommerso sul web senza regole "danneggia settore" | L'allarme di Federalberghi - Tuttoggi.info

Turismo in Umbria, il sommerso sul web senza regole “danneggia settore” | L’allarme di Federalberghi

Redazione

Turismo in Umbria, il sommerso sul web senza regole “danneggia settore” | L’allarme di Federalberghi

"Servono regole, non è un fenomeno marginale ma in continua crescita"
Ven, 15/01/2016 - 18:03

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Il sommerso nel turismo ha assunto anche in Umbria dimensioni inquietanti, per gli effetti che questo fenomeno, in crescita esponenziale, è in grado di produrre in termini di sicurezza sociale, evasione fiscale e contributiva, lavoro nero, mancata tutela dei consumatori.

Nato sull’onda della Sharing Economy, il sommerso nel turismo si sta configurando invece come Shadow Economy, sfuggendo così a qualsiasi registrazione e controllo. Nel corso di una conferenza stampa, Federalberghi Umbria ha presentato oggi l’indagine condotta da Incipit Consulting, che per la prima volta fotografa il fenomeno in ambito regionale. Alla conferenza stampa hanno partecipato il presidente Federalberghi dell’Umbria Giorgio Mencaroni, il vice presidente Federalberghi della provincia di Perugia Andrea Barberi, Maria Stella Minuti di Incipit Consulting. “Di fronte a dati così eclatanti – solo il portale Airbnb offre in Umbria quasi 4.200 alloggi – occorre intervenire subito sia sul fronte normativo che su quello dei controlli, per ristabilire certezza e parità di condizioni”, sostengono i rappresentanti di Federalberghi Confcommercio.

Umbria AirBnB

Servono regole. “Tocca alla Regione Umbria – hanno aggiunto – dare un primo segnale importante, dettando regole ed istituendo controlli volti ad arginare l’illegalità e la concorrenza sleale in uno dei settori tra i più importanti per l’economia nella regione. Ma i soggetti interessati a questo fenomeno sono tanti: Guardia di Finanza, Questura, Comuni, associazioni dei consumatori…Il sommerso nel turismo è infatti giunto a livelli di guardia. In barba alle leggi che obbligano il gestore a risiedere all’interno dei bed and breakfast, ad esempio, la stragrande maggioranza degli annunci presenti su Airbnb è riferita all’affitto dell’intera proprietà (72,5% dei casi, che in Umbria arriva addirittura all’88,9%) ed è pubblicata da inserzionisti che gestiscono più di un alloggio (57%; in Umbria 58%). Chi si nasconde dietro questi nomi amichevoli che gestiscono un patrimonio miliardario? Di certo non si tratta di persone che affittano una stanza del proprio appartamento per integrare il reddito familiare”.

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Il consumatore è ingannato due volte: “viene tradita la promessa di vivere un’esperienza autentica – spiegano – e vengono eluse le norme poste a tutela della salute e della sicurezza. Le piattaforme on line fanno finta di non vedere il traffico sospetto che transita attraverso i propri canali. Mentre l’evasione fiscale e la concorrenza sleale danneggiano tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza”.

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II quadro in Umbria. Anche per l’Umbria i dati del portale Airbnb evidenziano, più di altri, lo scarto esistente tra il numero di esercizi ricettivi ufficialmente registrati e quello degli alloggi privati offerti in locazione turistica via web. L’analisi evidenzia una crescita a ritmi più che sostenuti anche in Regione, seppure con un certo ritardo nell’avvio rispetto a quando il fenomeno si è manifestato in Italia. Va comunque ancora una volta evidenziato che in Umbria l’espansione del fenomeno è anche frutto della “scomparsa formale” a partire dal 2013 della tipologia di “Case/appartamenti locati ad uso turistico” dalla normativa regionale, che di conseguenza li ha visti sparire anche dai dati statistici ufficiali, contribuendo ad ampliare il divario con l’offerta online che nell’ultimo biennio ha vissuto una crescita esponenziale. Ad un numero di strutture sulla rete maggiore di quelle registrate non corrisponde, tuttavia, anche un numero maggiore di posti letto; anzi, questi ultimi risultano di numero inferiore per circa 20.000 unità.

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Quella degli alloggi in affitto sul web si connota, dunque, come un’offerta estremamente polverizzata: anche considerando unicamente le proprietà intere, che contano per il 77,7% dell’offerta totale, ed escludendo dall’analisi le stanze private, la dimensione media degli alloggi Airbnb in Umbria è di 4,9 posti letto. Le dimensioni attuali e la dinamica del fenomeno fanno ritenere infondata qualsiasi valutazione di marginalità del fenomeno rispetto alla complessiva offerta ricettiva regionale incidendo in maniera rilevante sia sull’arena competitiva dell’ospitalità che sulla relazione fra destinazione Umbria e domanda turistica.

A livello territoriale disaggregato, la distribuzione degli alloggi posti in locazione su Airbnb si caratterizza per una maggiore concentrazione nei comprensori del Perugino e dell’Assisano, dove i due comuni capoluogo detengono un ruolo di assoluto primo piano. Seguono, sempre in rapporto all’ampiezza territoriale, i comprensori dello Spoletino e del Tuderte, con gli alloggi concentrati, anche in questi casi, nei due comuni capoluogo, e il Trasimeno, dove invece si riscontra una maggiore distribuzione tra i vari comuni. Vengono poi due comprensori della provincia di Terni, Orvietano e Amerino, con Orvieto e Amelia che ospitano circa il 50% degli alloggi dei loro comprensori.

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Di fatto, solo tre comprensori evidenziano un numero di inserzioni inferiore a quello degli esercizi ricettivi autorizzati (Eugubino, Alta Valle del Tevere e Valnerina). Alcune delle caratteristiche degli alloggi posti in locazione su Airbnb in Umbria, così come in Italia, fanno sospettare che per una quota non del tutto marginale del loro ammontare si tratti di strutture che poco o niente hanno a che vedere con la filosofia della ‟sharing economy”, configurandosi piuttosto come alloggi gestiti da privati che, grazie al web, hanno avviato delle vere e proprie attività economiche che vanno ben oltre il limite dell’integrazione del reddito familiare che ne potrebbe giustificare una certa regolamentazione di favore.

Il numero consistente di intere proprietà disponibili per l’affitto breve ai turisti per più mesi all’anno è un elemento indicativo in tal senso: la maggior parte degli annunci si riferisce ad appartamenti interi che sono, per la quasi totalità (88,9%), disponibili per oltre sei mesi all’anno per l’affitto turistico, andando ben oltre la media italiana (81,5%). Analogamente, il numero elevato di inserzioni su Airbnb pubblicate da host che gestiscono più appartamenti (58%), con quasi un’inserzione su cinque riconducibile ad host con più di 5 alloggi in gestione, indica che spesso l’attività di affitto non è più un’occasionale fonte integrativa del reddito personale, ma rappresenta un vero e proprio business, in qualche caso di dimensioni considerevoli e gestito da soggetti imprenditoriali di natura non turistica come, ad esempio, le agenzie immobiliari. Il quadro è ulteriormente complicato dal fenomeno, presente anche in Umbria, di gestione da parte di un solo host di reti unità abitative in locazione turistica ramificate su territori ampi sia a livello regionale che nazionale che sfugge palesemente da una possibile gestione non imprenditoriale. Questa rilevante parte dell’offerta di ospitalità dell’Umbria sfugge di fatto alle rilevazioni ufficiali ed ai controlli rientranti nelle attribuzioni in materia di turismo delle Regioni.

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