Il sindaco di Città di Castello Luciano Bacchetta e il vescovo mons. Domenico Cancian, nella mattinata odierna (sabato 28 marzo), si sono recati nella Chiesa della Madonna delle Grazie per un momento di raccoglimento e preghiera in piena emergenza coronavirus. Non accadeva da oltre un secolo che queste due cariche istituzionali entrassero insieme in questo sacro edificio rivolgendosi alla Madonna.
Bacchetta “Vicini a tutte le famiglie”
“La mia presenza qui si innesta in una tradizione plurisecolare che vede Chiesa e Comune gestire insieme il culto alla Madonna delle Grazie – ha detto Bacchetta – Fin da quando venne dipinta, nel 1456, l’immagine della Madonna fu concepita con un significato di protezione sulla città. Nei secoli il Comune ha più volte accolto la grande sensibilità mariana dei cristiani tifernati, proclamando Città di Castello come ‘Città di Maria’ nel 1622 e riconoscendo ufficialmente la Madonna delle Grazie quale patrona cittadina nel 1783“.
La mia presenza oggi vuole esprimere la partecipazione di tutti gli amministratori pubblici alla preoccupazione della cittadinanza e di tutta la comunità e la nostra vicinanza alle famiglie che hanno avuto defunti o malati, come anche a tutti coloro che mettono a rischio la loro vita per assicurare, attraverso il loro lavoro, i necessari approvvigionamenti e servizi
“È un momento difficile, – ha aggiunto il sindaco – che supereremo con l’impegno comune e una ritrovata unità. Ringrazio tutti gli operatori sanitari, forze dell’ordine, volontari e quanti, in questo tempo di sacrifici, si impegnano per sconfiggere il contagio da coronavirus, lenire le sofferenze e garantire la vita sociale così come oggi è possibile”.
Le parole di Cancian
“Nella Chiesa della Madonna delle Grazie – ha detto il vescovo Cancian – preghiamo perché il virus sia sconfitto e per le persone che stanno combattendo ad ogni livello contro questa terribile pandemia. Abbiamo ripetuto l’antica preghiera Maria mater Gratiae, Tiferni suscipe curam, con la quale Città di Castello ha chiesto aiuto in occasione di altre emergenze, dal 1500 alla Seconda guerra mondiale. È una storia che continua e costituisce uno degli elementi caratteristici dell’identità tifernate. Per questi motivi abbiamo voluto un momento di preghiera personale, come manifestazione di vicinanza alle persone, nel solco di una storia plurisecolare”.
L’immagine sacra
L’immagine della Beata Vergine Maria della Chiesa della Madonna delle Grazie, edificata nel 1306 dai Servi di Maria, è una tavola raffigurante la Madonna in trono tra i santi Florido e Filippo Benizi, commissionata nel 1456 da Giovanni di Piamonte, collaboratore di Piero della Francesca. Nell’immagine la Vergine Maria è rappresentata nell’atto di indicare Città di Castello al figlio Gesù, affinché la benedica; questo gesto è condiviso con san Florido. La tavola, esposta all’esterno, fu da subito oggetto di una grande venerazione e quindi nel 1500 fu protetta in una cappella laterale da una confraternita per la gestione del culto e scoperta ogni 25 anni. In realtà veniva scoperta anche in condizioni critiche per la città: il primo caso noto risale al 1514 per chiedere la fine di una pestilenza scoppiata l’anno prima. Altrettanto avvenne nel 1525, 1527 e 1545. Nel 1630 la peste, quella raccontata da Alessandro Manzoni, risparmiò Città di Castello e il Comune organizzò una pubblica cerimonia di ringraziamento.
Poi i terremoti: del 1730-31 quando ci furono anche pellegrinaggi da tutta la Valtiberina e preghiere collettive. Nel 1741, nel 1752, nel 1781 fu il comune a decretare lo scoprimento dell’immagine, perché il terremoto non produsse vittime e nel 1783 il comune proclamò la Madonna delle Grazie patrona della città.. Anche nelle epidemie ricorrenti di tifo e colera del 1800 l’immagine della Madonna delle Grazie fu un riferimento e, in occasione dei due conflitti mondiali, il santuario ha ospitato preghiere per la pace, sia in forma privata che pubblica. Alla fine della seconda guerra l’immagine è stata portata in tutte le parrocchie e in quasi tutte le case della diocesi, che allora aveva parrocchie anche in Toscana e nelle Marche.