Scoperta sulle origini della vita, il contributo dall'Umbria - Tuttoggi.info

Scoperta sulle origini della vita, il contributo dall’Umbria

Redazione

Scoperta sulle origini della vita, il contributo dall’Umbria

C'è anche Silvia Corezzi, dell'Università di Perugia, nell'equipe di scienziati che ha rivelato le reazioni chimiche nella creazione dei primi "esseri"
Mer, 25/07/2018 - 10:02

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Un nuovo studio, condotto da Silvia Corezzi del Dipartimento di Fisica e Geologia dell’Università degli Studi di Perugia, con Cristiano De Michele e Francesco Sciortino del Dipartimento di Fisica della Sapienza di Roma, apre nuovi scenari di conoscenza sul processo autocatalitico, mettendo in evidenza il ruolo di un inaspettato meccanismo fisico, che accelera l’aggregazione dei costituenti indipendentemente dalle loro caratteristiche chimiche. I risultati sono pubblicati sulla rivista Nature Communications.

Alla base dei sistemi complessi e di quelli che hanno portato alla nascita della stessa vita sulla Terra, infatti, c’è un processo di aggregazione autocatalitica dei singoli elementi costituenti, quali atomi e molecole. Nel linguaggio comune l’autocatalisi può essere descritta come il meccanismo del “più ce n’è, più velocemente se ne formerà ancora”. In chimica, biofisica e nella scienza dei materiali è il processo che si presenta quando le stesse molecole formate da una reazione si comportando come “catalizzatori”, agiscono cioè sulla velocità della reazione chimica, accelerandola. Per esempio l’autocatalisi è presente nel processo che, attraverso la polimerizzazione di monomeri semplici (di natura epossidica ed amminica) porta alla formazione di materiali complessi, altamente adesivi, impiegati nell’industria automobilistica e aerospaziale. Si pensa anche che reazioni autocatalitiche siano alla base della sintesi prebiotica dei mattoni molecolari fondamentali per la vita, e della successiva nascita di sistemi biologici che si autoreplicano ed evolvono.

Il modello utilizzato dal team di ricercatori assimila ogni molecola reattiva a una particella, molto utilizzata nella fisica della materia, chiamata patchy. Questa è costituita da un corpo solido centrale di forma e volume simili a quelli della molecola reale, e sulla cui superficie sono presenti siti (patch) che si legano ai siti analoghi di altre particelle, attraendole. Sono dunque i  siti patchy su ciascuna particella che ne determinano in modo quasi unico le caratteristiche chimiche.

Si tratta – spiega Silvia Corezzi – di un modello minimalista, direttamente ispirato alla Natura, che gli studiosi già da tempo utilizzavano per simulare il comportamento di sistemi aggreganti, ma che risultava totalmente privo di capacità autocatalitica. Il nostro studio individua invece quale sia la chiave per generare, al computer come in laboratorio, particelle patchy autocatalitiche”.

Si apre dunque una nuova era nell’uso delle particelle patchy. Queste particelle permetteranno di studiare come sfruttare i processi di aggregazione autocatalitica delle molecole, ad esempio, nella costruzione artificiale di materiali la cui struttura risulti modulata dai tempi con cui i suoi stessi costituenti si vengono a formare, ottimizzandola, o anche nella realizzazione, attraverso molecole di Dna (oggigiorno create in laboratorio) di sistemi biologici reali.

Se da un lato tali esperimenti potranno confermare le predizioni del nostro approccio – conclude Cristiano De Michele – dall’altro potranno offrire interessanti spunti per meglio comprendere come la vita sulla Terra abbia iniziato a svilupparsi a partire da costituenti molecolari meno complessi, i quali, attraverso reazioni autocatalitiche, si sono organizzati fino alla sorprendente complessità del nostro organismo”.


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