In primo grado erano stati condannati a 9 anni di reclusione e 50mila euro di multa e 7 anni di reclusione e 42mila euro di multa, ora però quella sentenza è stata riformata in Corte d’Appello.
Nell’ambito di un procedimento che ha interessato le Procure di Viterbo, Terni e Roma, i due giovani coniugi erano accusati di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione di alcune giovani (tra cui una minorenne), in concorso con una terza persona, con l’aggravante del vincolo di parentela e uso di arma clandestina.
Secondo quanto contestato dalla procura (il fascicolo per la gravità dei reati era arrivato anche alla Dda) in due gli alloggi, uno a Terni e uno a Viterbo due le ragazze erano state costrette a vendersi, anche se, per gli inquirenti, è possibile fossero anche di più. Un business da decine di clienti al giorno – come riportato dal quotidiano online Tusciaweb che ha seguito le fasi processuali a Viterbo fino alla condanna in primo grado dei due coniugi che hanno scelto il rito abbreviato – Il prezzo delle prestazioni sessuali variava dai 50 ai 200 euro. Con possibilità del più costoso servizio a domicilio, se il cliente lo richiedeva. Un gruppo attrezzato, secondo il pm Paola Conti, che agiva secondo logiche quasi imprenditoriali: tariffario, pubblicità su siti web specializzati, accompagnamento e rotazione delle ragazze.
La Corte d’Appello penale di Roma III Sezione ha ridotto le pene rispettivamente a 3 anni e 8 mesi ed a 3 anni e 4 mesi con il solo obbligo di firma. La Corte ha accolto la tesi dei difensori della coppia, l’avvocato Luca Sbardella del Foro di Spoleto e l’avvocato Luca Gambero del Foro di Roma, circa l’insussistenza dell’associazione a delinquere, annullando le aggravanti del vincolo parentale e della minore età per uno dei due coniugi. Soddisfazione espressa dalle difese che adesso attendono le motivazioni e puntano alla Cassazione.
Baby squillo, operazione anti prostituzione “Libertà” tra Terni e Viterbo