Posterna, poche speranze per il 'mostro' | I palazzi vanno demoliti, attesa notifica per l'esecuzione - Tuttoggi.info

Posterna, poche speranze per il ‘mostro’ | I palazzi vanno demoliti, attesa notifica per l’esecuzione

Sara Fratepietro

Posterna, poche speranze per il ‘mostro’ | I palazzi vanno demoliti, attesa notifica per l’esecuzione

Pubblicate le motivazioni per le quali la Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi: non c'erano i requisiti e gli imputati non potevano non sapere. Cosa accadrà ai 32 appartamenti?
Mar, 19/01/2016 - 17:54

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La giurisprudenza era chiara e le persone coinvolte nella vicenda sono tutte esperte del settore per cui non potevano ignorare di porre in atto un illecito. Non solo: il codice di procedura penale disciplina con precisione quando è possibile impugnare la sentenza del giudice di rinvio (quello cioè a cui è stato rinviato dalla Cassazione un processo annullando quello di grado precedente) e le condizioni in questo caso non c’erano. Sono questi i motivi che hanno portato la Corte di Cassazione a dichiarare inammissibili i ricorsi presentati da Rodolfo Valentini, Giuliano Macchia, Alberto Zanmatti, Francesco Demegni, Giuliano Maria Mastroforti e Paolo Gentili contro la sentenza della Corte di appello di Firenze sulla vicenda del doppio palazzo della Posterna, il cosiddetto “Mostro delle Mura”.

Le motivazioni – La Suprema corte ha reso note le motivazioni con le quali a dicembre aveva dichiarato inammissibili i ricorsi, facendo quindi valere la sentenza di secondo grado bis, che non solo confermava l’illegittimità di due terzi delle volumetrie costruite, ma addirittura stabiliva la demolizione dell’intero complesso edilizio privato.

La sentenza della IV Sezione della Cassazione, la numero 1837 del 2016, sembra lasciare pochi margini agli imputati condannati in via definitiva (la sentenza di primo grado, poi confermata, prevedeva comunque una condanna a 4 mesi di reclusione con pena sospesa per reati urbanistici, oltre ad una ammenda) e soprattutto al “Mostro delle Mura”, il cui futuro sembra segnato. Nemmeno la richiesta, da parte degli avvocati degli imputati (a Roma a rappresentare gli imputati l’11 dicembre scorso c’erano i legali Manlio Morcella e Massimo Marcucci), di applicare la prescrizione “maturata il 14 novembre 2014” è stata valutata. Gli ermellini hanno infatti osservato che “i limiti del giudizio di rinvio dopo l’annullamento e dei motivi di impugnazione della sentenza del giudice del rinvio sono rigorosamente fissati dagli artt.627 n.3 e 628 c.p.p.”. Insomma il ricorso per Cassazione non poteva nemmeno essere presentato e per questo non è stato analizzato nel merito.

I limiti edificatori – Nelle motivazioni della sentenza di inammissibilità del ricorso si richiamano pertanto le conclusioni della Corte di appello di Firenze, che aveva condannato i 6 imputati (4 persone erano state assolte invece dal Tribunale di Spoleto nel 2010). Tutto ruota attorno al decreto ministeriale 2 aprile 1968 n.1444, a cui è stata “riconosciuta efficacia di legge dello Stato, per cui gli strumenti urbanistici non possono discostarsene, prevalendo il decreto anche sui regolamenti locali nella determinazione appunto degli standard urbanistici”.

In particolare viene ricordato che “all’art.7, in tema di limiti di densità edilizia, il detto decreto stabilisce che i limiti inderogabili di densità edilizia per le diverse zone territoriali omogenee si conformano per le zone A nel senso che per le eventuali nuove costruzioni ammesse la densità fondiaria non deve superare il 50% della densità fondiaria media e, in nessun caso, 5 mc./mq”.

Il permesso a costruire relativo al doppio palazzo della Posterna, invece, è “illegittimo perché rilasciato tenendo conto di un indice edificatorio per l’area interessata dai lavori pari a mc/mq 7,50 (mc.15.000/mq.2.000) superiore all’indice medio di edificabilità della Zona A del centro storico del Comune di Spoleto (pari a 2,92 mc./mq.) ammesso dalla delibera di Consiglio Comunale n.33 del 4.3.1994 e determinato ai sensi dell’art.7 del D.M. n.1444 del 1968 attuativo dell’art.17 della legge n.765/1967 e comunque superiore al limite massimo individuato dal richiamato D.M. pari a 5 mc./mq.”.

Imputati “esperti” – Nell’atto viene poi ricordato come la Corte di appello di Perugia, nel primo processo di secondo grado, poi annullato dalla Cassazione che aveva disposto il rinvio a Firenze, non aveva valutato “la condizione degli imputati, tutti operatori del settore, alcuni quali funzionari pubblici, altri nell’esercizio delle proprie attività professionali e imprenditoriali, né tanto meno – spostandosi sul piano oggettivo – aveva considerato che il profilo volumetrico dell’edificio non poteva appunto, per gli operatori del settore, sfuggire all’art.7 del D.M. n.1444/1968, sulla cui interpretazione si era sviluppata una giurisprudenza del tutto chiara che rendeva irrilevante il risultato della perizia disposta in sede di gravame”.

Motivi di ricorso infondati – Nel presentare il ricorso in Cassazione, i difensori degli imputati deducevano la violazione e la falsa applicazione del Dpr 380/2001, del regolamento edilizio della Regione e delle Norme tecniche attuative del Comune di Spoleto, oltre a vari vizi di motivazione.

Il geometra Valentini ha depositato anche una memoria difensiva in proprio dichiarandosi estraneo ai fatti e privo di responsabilità atteso che era stata la pubblica amministrazione a redigere lo strumento urbanistico contestato. Gli ermellini hanno però ricordato che “l’obbligo del giudice di rinvio di uniformarsi alla sentenza di annullamento parziale per ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa è assoluto e inderogabile e riguarda l’interpretazione delle norme che hanno formato oggetto della decisione del giudice di legittimità. Solo nel caso in cui la norma dalla quale quel principio è stato tratto sia stata nelle more del giudizio abrogata, espressamente o anche implicitamente, per effetto di una legge che abbia diversamente disciplinato la materia, detto obbligo di uniformità viene meno”. Cosa che però non è avvenuta, “non essendo intervenute in materia norme nuove e diverse rispetto a quelle già valutate nella sentenza di annullamento”.

Il “mostro” va demolito – “L’ultima censura – scrivono ancora i giudici – attiene all’ordine di demolizione dell’intero fabbricato abusivamente realizzato, come descritto nel capo di imputazione, disposto dalla Corte di Firenze ai sensi dell’art.31, comma 9, del D.P.R.n.380/2001, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dal P.M. avverso l’ordine di demolizione parziale sancito invece dal Tribunale di Spoleto. Le argomentazioni svolte a sostegno di tale capo della sentenza appaiono conformi al dettato normativo e immuni da vizi di motivazione, atteso che l’illegittimità del permesso a costruire rende illegittima l’intera opera, realizzata sulla base di un permesso a costruire non concedibile, opera che va necessariamente identificata con riferimento alla unitarierà dell’immobile, senza poter distinguere, se non in modo del tutto arbitrario mancando un qualunque assenso edilizio parziale, tra parti abusive e non: dunque, pur essendo tecnicamente realizzabile una demolizione parziale, il ripristino dell’assetto territoriale-urbanistico violato poteva essere garantito solo dall’abbattimento totale del fabbricato, siccome globalmente realizzato senza permesso e privo di porzioni oggetto di sanatoria successiva“.

Gli scenari futuri – Cosa accadrà quindi al doppio palazzo? Le speranze sembrano ridotte al lumicino, anche se alcuni avvocati dicono di avere un asso nella manica. L’ipotesi di una sanatoria, anche fosse solo parziale, sembra a questo punto difficile. Per capirne i margini bisognerà aspettare il prossimo passo, cioè la notifica della sentenza al giudice per l’esecuzione (non è chiaro se presso il Tribunale di Spoleto o la Corte di appello di Firenze). I proprietari dei 32 appartamenti presenti nei due palazzi (uno di 4, l’altro di 5 piani, collegati tra loro da una galleria) probabilmente cercheranno di far leva sul fatto di essere inconsapevoli dell’illegittimità dell’edificio al momento dell’acquisto. Nonostante già prima del completamento del complesso sulla Posterna erano fioccate le polemiche, con manifestazioni pubbliche, esposti, fino al sequestro ed al processo penale. Anche la possibilità di un’acquisizione a patrimonio da parte del Comune di Spoleto  (che nei giorni scorsi aveva voluto precisare alcune questioni tecniche sulla vicenda giudiziaria) non sembrerebbe così facile.

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