PopSpoleto, 50 sfumature di 'sgambetto' | Governatore Visco ultima ‘vittima’, tremano 100 querelanti - Tuttoggi.info

PopSpoleto, 50 sfumature di ‘sgambetto’ | Governatore Visco ultima ‘vittima’, tremano 100 querelanti

Carlo Ceraso

PopSpoleto, 50 sfumature di ‘sgambetto’ | Governatore Visco ultima ‘vittima’, tremano 100 querelanti

Inchiesta Tuttoggi: 1a parte | 'Sgambetto' o scherzetto? | Ecco perché la denuncia, a leggere le carte, è l’ennesima bufala | La 'soffiata' alla stampa
Mer, 16/12/2015 - 12:34

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E’ un inverno caldo, praticamente bollente quello che sta vivendo il settore bancario, quello degli investitori e azionisti delle quattro banche del centro Italia (Banca Marche, Banca Popolare dell’Etruria, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Chieti) interessate dal decreto ‘Salva banche’ del Governo Renzi, che nel giro di poche ore hanno visto ‘bruciare’ con quell’intervento tutti i risparmio affidati e sottoscritti in obbligazioni subordinate legati ai sopracitati istituti.

Una norma applicata su linee comunitarie, per evitare effetti ancora più catastrofici in situazioni già in dissesto e per contenere in pratica le perdite delle quattro istituzioni, che stando alle previsioni, avrebbero raggiunto la spropositata ‘voragine’ di bilancio pari a 13 miliardi di euro. Il metodo utilizzato è quello all’italiana maniera, con il quale vengono puntualmente colpiti i molti piccoli, nella pressoché totale convinzione che i veri responsabili non pagheranno, tanto sono lenti i tempi della giustizia penale e civile. 

Le proteste – si calcolano 130mila risparmiatori coinvolti – hanno acceso i riflettori sul Governo, ma anche su Banca d’Italia e Consob che non avrebbero vigilato a sufficienza sui CdA delle quattro banche. Una situazione solo per alcuni aspetti simile alle vicende di un’altra banca del centro Italia, la Banca Popolare di Spoleto (dallo scorso anno nelle mani di banco Desio) la cui holding, la cooperativa Spoleto Credito e Servizi e i suoi 21mila soci, ha praticamente visto azzerare il proprio pacchetto di controllo, passato dal 50,1% ad appena il 9%.

Anche in questo caso le responsabilità attendono di essere definitivamente accertate nelle sedi giudiziarie. Quello in cui differisce il ‘caso’ della Spoleto, rispetto agli altri sopra menzionati, è che da queste parti un piccolo gruppo di soci fedelissimi ai vecchi amministratori – quelli che hanno portato BPS a un passo dal crack – continuano a dare battaglia  per tentare una rimonta al comando della ex controllante ricorrendo ad ogni metodo, più o meno legale. 

Per questo TuttOggi.info ha deciso di pubblicare in tre puntate quanto sta avvenendo nella città del Festival che negli ultimi mesi non ha mancato di registrare clamorosi colpi di scena. 

Il Direttore, Sara Cipriani


Prima parte

50 sfumature di ‘sgambetto’: potrebbe essere il titolo del romanzo, si fa per dire, che da quattro anni viene scritto sulle cronache della Banca Popolare di Spoleto, taciute dalla maggior parte dei media, che recentemente hanno dovuto registrare anche la supercazzola dell’indagine nei confronti del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, per presunti illeciti legati alla vendita dell’istituto (approdato dal 2014 nella costellazione del gruppo Banco Desio e della Brianza dopo scandali e buchi di bilancio che hanno minato alle fondamenta l’ultima gloria dell’economia e della finanza umbra). Una bufala rimbalzata su buona parte dei maggiori quotidiani e dei tg nazionali che, senza aver minimamente approfondito la notizia, ne hanno fatto un caso internazionale al punto da far muovere anche la Banca Mondiale preoccupata per l’affaire che vede coinvolto il n. 1 di Bankit.

Così Visco, i commissari di Bankit nominati per la gestione straordinaria di Bps e Scs (Giovanni Boccolini, Gianluca Brancadoro e Nicola Stabile) insieme ai membri del Comitato di Sorveglianza (Silvano Corbella, Giovanni Domenichini, Giuliana Scognamiglio), un notaio e il vice presidente di Desio, l’avvocato Stefano Lado sono finiti indagati grazie all’ennesimo ‘sgambetto’ (copyright del Giudice Laudenzi che già nel 2012 si occupò, sotto il profilo civile, della bagarre interna alla Spoleto Credito e Servizi, per quella che fu ribattezzata come l’ “assemblea della vergogna” di cui proprio Tuttoggi.info trovò e pubblicò il video che svelava il modus operandi dell’ex dominus & Co.) orchestrato dai fedelissimi di Giovannino Antonini il quale, in una recente intervista al quotidiano Libero, ne ha rivendicato quanto meno la paternità morale. E che si basa sostanzialmente sulla denuncia di un centinaio di spoletini soci dell’ex controllante Bps, la SCS. Ma andiamo con ordine.


La soffiata 

E’ il 17 ottobre quando sulla versione on line umbra de Il Messaggero (che ha sempre trattato con estrema cautela gli scandali Bps) appare un trafiletto circa l’iscrizione nel registro degli indagati dei commissari di Bankitalia.

Del Governatore Visco non si fa menzione, tanto sembra inverosimile la cosa, anche se l’articolista non esclude futuri ‘colpi di scena’. Passano tre giorni, è il 20 ottobre, e scoppia la bomba: il Fatto Quotidiano, a firma di Marco Palombi, spara in prima pagina lo scoop con molti dettagli, ma anche qualche svarione, che fanno ipotizzare che sia in possesso dell’estratto del Registro degli indagati e della denuncia.

In un batter d’occhio la notizia diventa virale rimbalzando su quotidiani e telegiornali, italiani e stranieri. L’Ansa conferma di essere in possesso del certificato di ‘comunicazione d’iscrizione a registro’ di una parte offesa. Non ci casca, insieme a queste colonne, solo Il Sole 24 Ore che, guarda caso, grazie alla penna di Simone Filippetti, ha sempre seguito le colorite vicende della Spoleto e sente fino a Milano l’odore di una clamorosa bufala: così Stefano Elli, il 21 ottobre, affronta la notizia con le molle.

In difesa di Visco e di Bankitalia scendono immediatamente in campo, tra gli altri, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Governatore della BCE Mario Draghi e persino il presidente dell’ABI Antonio Patuelli. Anche i Commissari intervengono sulla questione con una nota ufficiale durissima contro i denuncianti .

Ma ormai la frittata è fatta, l’eco del governatore indagato sembra irrefrenabile. Ci casca anche il senatore umbro del M5S Stefano Lucidi che in un batter di ciglio organizza con altri 3 colleghi parlamentari una conferenza alla sala stampa della Camera annunciando l’intervento di Elio Lannutti (Adusbef), dell’avvocato Riziero Angeletti (che ha autenticato le firme dei 95 denuncianti) e di Carlo Ugolini.

Difficile però convincere qualcuno, tra coloro che conoscono le vicende umbre, che nell’Italia odierna – quella della gestione appunto di Visco, dove si contano ben 16 banche commissariate da via XX Settembre e pezzi da ‘90’ come Mussari o Zonin inguaiati proprio dalla Vigilanza – il Governatore di Palazzo Koch si sarebbe potuto macchiare di reati quali “truffa, abuso d’ufficio, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio” e “infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità” (quelli per cui è indagato quale atto dovuto dalla Procura) per di più per una banca di modesta portata quale la PopSpoleto. Per la verità Il Fatto Quotidiano, a firma di Giorgio Meletti, lui sì profondo conoscitore degli scandali di piazza Pianciani, a fine ottobre corregge il tiro del quotidiano affermando che se una colpa Bankit la ha, come pure la Procura di Spoleto, è di essere intervenute troppo tardi: la prima per il tardivo Commissariamento (febbraio 2013) visto che i primi scricchiolii risalgono addirittura dopo “l’ispezione del 2002”; la seconda per non aver ancora concluso le indagini che avevano registrato già ad aprile 2013 con 34 indagati, ridotti poi a 14 con il secondo avviso di conclusione indagini del febbraio 2015. La richiesta di rinvio a giudizio comunque, sollecitata già otto mesi fa dalla interrogazione parlamentare del capogruppo di FdI Fabio Rampelli, è arrivata proprio nei giorni scorsi. Che l’opera di moral suasion di Bankit non abbia mai pagato, neanche nel caso Spoleto, lo avevamo scritto in tempi non sospetti su queste colonne (qui e qui).

Ma anche questo pare ingeneroso affibbiarlo al governatorato Visco, nominato al vertice di palazzo Koch il 1 novembre 2011. Anzi, sembra proprio che la ‘leva’ del commissariamento nei confronti delle banche ‘allegre’ abbia preso impulso proprio con la sua nomina. In tal senso è sicuramente interessante l’analisi fatta da Alessandro Platerotti sul Sole24Ore dal titolo “Il ‘vigile’ ha fatto il proprio dovere”.


Scherzetto o sgambetto? 

Di scherzare comunque, il centinaio di firmatari dell’esposto che ha portato la Procura ad avviare le indagini, non sembrano aver voglia. Peccato però neanche quella di fare sul serio, visto che la denuncia contiene una serie di grossolani errori quando non vere e proprie fandonie che la fanno apparire come uno di quegli strumenti tipici di chi vuole demolire l’avversario. Facile quindi pensare ad una ipotesi di ‘sgambetto’ come questa: si presenta una denuncia, si attende di sapere se ci sono indagati, si passa la dritta alla stampa a mò di volantinaggio, si attende di vedere se qualche boccalone ci casca e, in caso positivo, tanto per metterci un rinforzino, si indice pure una bella conferenza stampa per tenere alta l’attenzione (o la tensione).

Più che un ‘botto’, però, l’operazione innescata si è rivelata un petardo, meglio una miccetta. Per il diritto si potrebbe trattare anche di calunnia, ma saranno gli inquirenti ad accertare la portata di quanto messo nero su bianco nella denuncia firmata da 95 spoletini soci della Scs, ma ancor più accaniti sostenitori di quella ASpoCredit rispolverata per cercare di mettere le mani sulla ex controllante (ridotta ormai al 9% del pacchetto di Bps-Desio e con debiti a 7 zeri, sette, ma che risulta indubbiamente ancora appetibile). Perché, neanche a dirlo, i legali di Visco & Co. stanno già affilando le armi sul profilo penale e civile. Con richieste danni, quando e se la vicenda si concluderà per loro positivamente, da svariati milioni, tanti sono i danni subìti da quelli finiti indagati. A guidare la resuscitata Associazione, dopo la presidenza di Maurizio Luciani, dimessosi lo scorso 2014, è tale Carlo Ugolini, ‘sparring partner’ di quel Duca Varano di Camerino che con la Nit ne ha combinate un po’ per tutta la penisola.


La denuncia 

E’ il 28 luglio scorso quando lo sparuto gruppetto di soci (la cooperativa ne conta 21mila circa), a prima firma del già citato Ugolini, presenta l’esposto alla Procura. Un dettaglio che non compaia la firma di nessuno dei vecchi amministratori, quelli per intenderci finiti nel mirino di Bankitalia e degli inquirenti. Che abbiano voluto mandare allo sbaraglio la truppa?

L’atto consiste di 8 pagine in cui vengono narrate – con lessico poco dubitativo, tanto sono certi i querelanti di ciò che affermano – le presunte malefatte di Bankit e dei suoi massimi vertici. Il ‘disegno criminoso’ si sarebbe basato, a leggere la denuncia, su tre punti.

Il primo sarebbe stato nel cedere la filiale di Torino della Bps alla “Banca Popolare di Vicenza in quanto per le modalità e i tempi in cui è avvenuta lascia chiaramente intendere che si è trattato del prezzo pagato dai commissari straordinari alla PopVicenza affinché quest’ultima si ritirasse dalla competizione in ordine all’acquisizione del pacchetto di maggioranza della Bps, in favore della designata Banca Desio Spa”. Una ipotesi a dir poco suggestiva, anche se dalla vendita della filiale, che perdeva 2 milioni l’anno, i Commissari, sulla base di una perizia, sono riusciti ad incassare 1 milione di euro. Strano che i 95 soci non si siano mai chiesti perché la Spoleto si fosse spinta ad aprire una agenzia nel capoluogo del Piemonte. Tralasciando le malelingue – le quali vorrebbero che l’operazione in Piemonte è stata conclusa quasi contemporaneamente al rilascio da una banca del nord di un mutuo ipotecario a svariati zeri ad un ex amministratore Bps, grazie ai buoni uffici anche di chi aveva interesse ad affittare i locali torinesi alla Bps – c’è da dire, a leggere sempre tutte le carte, che Brancadoro & Co. anche sull’apertura di quella agenzia hanno avviato una azione di responsabilità nei confronti degli ex amministratori (azione pendente davanti al Tribunale per le imprese di Perugia) per svariati milioni di euro.

Per rendere più intrigante l’accusa, ovvero il “favore fatto a Desio”, i denuncianti sottoscrivono che il commissario Boccolini ha “avuto rapporti di lavoro con i vertici del Banco”. Dal dettagliato curriculum vitae di Boccolini non risulta alcun rapporto con il Banco se non, vecchio di 30 anni, quello con Tommaso Cartone (da 3 anni a.d. del Desio) ai tempi in cui lavoravano in Antonveneta. Il secondo presunto reato sarebbe stato “l’ulteriore atto contrario ai doveri d’ufficio compiuto dai commissari che in data 14 maggio 2014 hanno ceduto crediti della Bps pari a 95.000.000, ottenendo la perdita di 5milioni”. Anche qui qualcosa non quadra visto che la mole di crediti, che nella denuncia si dimentica di chiamare ‘deteriorati’ (alias spazzatura), erano stati già svalutati nel bilancio 2012 per circa 85milioni euro. Gli amministratori straordinari, a sentire fonti vicine a Bankit, avrebbero tentato di cedere la differenza del credito (8-9 milioni) ma nessuna società se l’è sentita di farsi avanti, tanto erano inesigibili.

Terzo e ultimo punto su cui i 95 hanno puntato il dito senza mezzi termini è la mancata vendita della Banca alla Nit Holding. Ma su questo e sulle due inchieste avviate dalla Procura di Spoleto, insieme a quella ancor più pesante della Procura di Roma, parleremo domani in questa inchiesta giornalistica scritta in 3 puntate sia per la complessità delle varie vicende e dei tanti protagonisti, sia per renderla maggiormente fruibile al lettore.
© Riproduzione riservata
1/Continua

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