Conferenza stampa unificata dei sindacati Cgil, Cisl e Uil dopo l’ultimo incontro – aggiornato a lunedì prossimo – con la Giunta regionale sulla manovra.
Unitario, come unanime è la critica su alcuni punti. Su altri, invece, ci sono delle distinzioni, nei toni e nel merito, tra le varie sigle.
Certo, la manovra votata dall’Esecutivo Proietti il 21 marzo è, per volontà unanime, da ritirare. Soprattutto alla luce del Tavolo tecnico con il Mef, in cui la Regione Umbria ha portato i conti con un deficit delle Aziende sanitarie di 34 milioni, a cui si aggiunge un rientro rateizzato (da concordare, con ipotesi di ricostituzione in tre anni) del Fondo di dotazione da 39 milioni.
Insomma, anche nel caso di fabbisogno da 47 milioni (34 più 13 della prima “rata”), una manovra da 90 milioni aggiuntivi (e da 116 milioni dal 2026) appare sproporzionata.
L’altra priorità per i sindacati è quella di tutelare la fascia di reddito tra 15 e 28mila, dove sono presenti molti lavoratori e pensionati già gravati da altre tassazioni e dagli aumenti delle bollette energetiche e del costo della vita.
Il segretario regionale della Cisl, Angelo Manzotti, per il momento guarda al primo risultato dopo l’incontro di mercoledì con la Giunta, che si è impegnata ad accantonare la manovra preadottata il 21 marzo, aprendo un tavolo reale di trattativa con le parti sociali. Manzotti ha evidenziato in particolare il problema della mobilità, che da sola pesa l’intero deficit: “Nel 2018 – ha ricordato Manzotti – la sanità umbra portava nel bilancio +20 milioni di euro per la mobilità attiva. Nel corso degli anni abbiamo perso professionisti anche perché in Umbria non ci sono più molte scuole di specializzazione. Mettiamo in atto azioni per essere di nuovo un territorio attrattivo che porti luminari e quindi generi economia”.
La Cgil chiede di salvaguardare lavoratori e pensionati delle fasce deboli, ma con la segretaria Maria Rita Paggio punta l’indice contro la gestione della sanità negli ultimi cinque anni. “Per noi – ha commentato Paggio – è fondamentale che ci sia una discussione complessiva sul nuovo Piano sanitario regionale per capire come si è arrivati a questo punto e come si può evitare che accada di nuovo. La preoccupazione che abbiamo è chiarire qual è la prospettiva per una inversione di tendenza del sistema sanitario regionale, che così com’è non funziona. Bisogna fare un ragionamento complessivo sui temi generali che riguardi anche le liste d’attesa, la non autosufficienza e la sanità territoriale. Siamo preoccupati non solo per l’oggi, ma anche rispetto al domani”.
Ancora una volta il più critico è il segretario della Uil, Maurizio Molinari, per il quale non è accettabile alcun tipo di tassazione aggiuntiva. “Abbiamo chiesto di accantonare la delibera di marzo – ha ricordato – e affrontare le cause che hanno portato da una sanità attiva a una sanità passiva. Prima di andare a mettere le mani in tasca a cittadini e ai contribuenti chiediamo di avviare tavolo di trattativa per un nuovo Piano sanitario regionale che oggi non risponde più alle esigenze dei cittadini. Un piano sanitario non più centrato sugli ospedali ma che risponda sul territorio alle esigenze dei cittadini”. “Non penso che una manovra del genere sia accettabile – ha aggiunto il segretario Molinari –. Non si è fatto un passo indietro da parte della Regione, non credo che lunedì qualcosa cambi, andremo all’incontro, ma le prospettive non sono rosee. Abbiamo dato la nostra disponibilità per vedere come ristrutturare la sanità, seppure questa è competenza della politica, ma abbiamo chiesto un totale passo indietro sulla delibera di marzo e sui 34 milioni di euro che non c’è stato. Sappiamo che l’economia umbra ha bisogno di una sterzata e di una politica che pensi a come riportare il Pil in positivo cercando di trovare nuove formule. Le scelte deve farle la politica, non è possibile che ogni volta che c’è un buco il bancomat devono essere i cittadini. Voglio capire anche le scelte a livello nazionale: togliere 40 milioni di euro alla sanità umbra non è uno scherzo”.
Sugli aumenti inizialmente previsti per l’Irpef sulla fascia di reddito 15-28mila euro (stimato intorno ai 17 milioni) la Giunta è pronta a fare un passo indietro. Non sugli altri incrementi, né sulla tempistica del 15 aprile, dato che porta la fiscalità al regime ordinario, con l’extragettito dunque non vincolato ai conti della sanità.
Per questo, dopo il colpo di mano con l’accelerazione improvvisa e l’apertura dei tavoli con le parti dopo la protesta dei sindacati, ora si procede a tappe serrate. Lunedì è previsto un nuovo confronto.