Opus&Light, alla Madonna del Pozzo "Libro crocifisso" di Rosetta Berardi - Tuttoggi.info

Opus&Light, alla Madonna del Pozzo “Libro crocifisso” di Rosetta Berardi

Redazione

Opus&Light, alla Madonna del Pozzo “Libro crocifisso” di Rosetta Berardi

Di Studio A87, con Palazzo Collicola Arti Visive e con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Spoleto
Ven, 04/09/2015 - 10:01

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Rosetta Berardi siciliana di nascita, romagnola di adozione, vive a Ravenna. Si diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Ravenna e si laurea a Bologna in Storia dell’Arte Contemporanea.
Dipinge e fotografa. Lavora con l’arte e con i libri.
Opera da anni su temi ricorrenti, legati ad uno sguardo delicato e interrogativo sul genere femminile e sulla storia, sia personale che collettiva, senza dimenticare una mozione estetica che spesso le ha fatto indagare le forme e i materiali.
Partire da sé è quindi una delle costanti del suo lavoro, anche quando i soggetti non appartengono alla propria dimensione e cultura, anche quando i materiali e le tecniche diventano – come oggi – fotografia, pittura e installazione.
In collaborazione con poeti ha in corso un libro d’artista in progress Biblioteca Minima (Edizioni del Girasole) di cui ha già pubblicato 8 numeri con grafiche originali e testi poetici di Mary de Rachewiltz, Mario Lunetta, Nanni Menetti, Sylvano Bussotti, Paolo Ruffilli, Ennio Cavalli, Maram al-Masri, Nevio Spadoni. Ha ideato per il Festival Internazionale RavennaMosaico la mostra BIBLIOMOSAICO, libri d’artista in tessere musive.
Nel 2007 è stata invitata con una personale, dal titolo Chindiart, presso l’UNESCO di Parigi per la giornata Internazionale della Donna. DIETRO IL VOLTO, l’universale mistero del velo – è la sua ultima personale di opere fotografiche. Recentissima è la personale STRAPPI, opere fotografiche e pittoriche. Uno degli strappi rappresentati è l’incendio della pineta di Lido di Dante.
www.rosettaberardi.it

Il bibliomosaico di Rosetta Berardi alla Madonna del Pozzo di Spoleto
Sulla Flaminia c’è un libro crocifisso / Ivan Simonini

Centro d’arte, storia e cultura, Spoleto è il ponte ideale tra Roma e Ravenna. Da tempo immemorabile unisce spiritualmente le tre città l’antica Via Flaminia che a lungo ha collegato materialmente la città ‘caput mundi’ e la città ‘bizantina’, nuova capitale dell’Impero Romano dal V secolo d.C.
Intorno al 580 il Duca di Spoleto Faroaldo spinge i suoi longobardi a tagliare sulla Via Flaminia il cordone ombelicale tra Roma e Ravenna, e saccheggia il Porto di Classe recidendo il vitale traffico marittimo tra Ravenna e Bisanzio. Lo sostiene nell’impresa l’Ammiraglio svevo Droctulf, il quale – subito incantato da Ravenna come da un colpo di fulmine – capovolge le sue alleanze, allestisce una flotta di piccole navi e, dopo strenua battaglia, libera Classe dai longobardi. Traditore o eroe? Comunque sia, è a Ravenna che scopre la sua autentica identità.
Spiega Borges nell’Aleph: “Veniva dalle inestricabili foreste del cinghiale e del bisonte ed era leale alla sua tribù, non all’universo. Le guerre lo spingono a Ravenna, dove vede qualcosa che non ha mai visto: un organismo fatto di statue, templi, giardini, case, gradini, anfore, capitelli, spazi regolari e aperti. Lo affascina e soggioga quel complesso meccanismo di cui ignora il fine ma in cui intuisce il disegno di un’intelligenza immortale. Improvvisamente lo abbaglia questa rivelazione: la Città. Sa che non potrà mai comprenderla ma che essa vale più dei suoi dei e di tutti gli acquitrini di Germania. Più tardi, i Longobardi, che avevano accusato il disertore, si fecero lombardi e italici e forse qualcuno del loro sangue – un Aldiger – generò gli antenati dell’Alighieri”.
Proprio a Ravenna (come Droctulf), Dante troverà la sicurezza, per sé e per i suoi figli, necessaria a dar forma definitiva alla Divina Commedia, per comporre la quale in volgare illustre – l’italiano nascente – si avvalse a mani basse dei testi latini del santo ravennate Pier Damiani, di cui Dante stesso fu il primo studioso. Due secoli prima di Dante, il monaco cardinale Pier Damiani, l’inventore del Conclave, si era piazzato nell’eremo appenninico di Fonte Avellana da cui poteva, senza troppo penare, raggiungere a cavallo sia Ravenna, sia Firenze, sia Roma, le tre città più importanti della cattolicità del suo tempo. Di frequente quindi percorreva la Via Flaminia per raggiungere la Curia romana dove al Papa di turno era solito impartire più ordini che consigli.
Viaggiatore fu il Duca Faroaldo, viaggiatore fu il navigatore Droctulf, viaggiatore fu il santo Pier Damiani, viaggiatore fu il poeta Dante. Persino Borges lo fu, se – già vecchio e cieco – volle venire personalmente a Ravenna “per vederla”.
Il viaggio è una delle cifre artistiche della siciliana e ravennate Rosetta Berardi che proprio dai suoi continui spostamenti in Italia e all’estero trae spesso gli spunti per la sua creatività. Naturalmente il viaggio può essere a poca distanza, come quando l’incendio doloso che devastò nel 2012 la pineta di Lido di Dante ispirò la sua serie di opere Noi eravamo pini, acrilici su tela (con video) che ripropongono, nero su bianco, il dramma ambientale di quell’evento, di cui rimangono sulla tela i profili nudi dei tronchi anneriti, muti e disperati.
Ora, nella ‘Città dei Due Mondi’, Rosetta Berardi presenta un libro d’artista dentro la chiesetta della Madonna del Pozzo, luogo da quasi vent’anni specializzato in mostre di non spoletini e situato proprio sulla Flaminia antica presso la porta medievale sud di Spoleto. È’ un ‘bibliomosaico’ e fa da contraltare ai preziosi affreschi quattro-secenteschi che decorano l’interno dello straordinario tempietto.
Il libro scelto per l’intervento artistico, realizzato appositamente per l’altare della Madonna del Pozzo, è un libro vero di carta che riproduce i seicenteschi Capitoli sopra la grascia della città di Ravenna, curati dallo storico Domenico Berardi per le Edizioni del Girasole.
La tecnica usata è il mosaico, di cui Ravenna è regina.
Nelle tessere (rigorosamente in marmi naturali come il ‘biancone’ e il ‘nero del Belgio’) ritorna il nero su bianco della serie Noi eravamo pini, ma il rapporto tra il bianco e il nero è qui assai più caldo e pittorico.
Ritorna anche l’albero, che rimane simbologia protagonista nell’attuale poetica dell’artista. Non richiama soltanto il pino ma tutti gli alberi. Può sembrare, come i pini della serie precedente, muto e disperato. Ma quell’albero può anche sembrare un crocifisso. O un albero crocifisso. A ricordare che dalla tragedia si può risorgere, così come sta lentamente rinascendo la distrutta pineta di Dante.
Il pino è un altro caratteristico filo conduttore sul percorso Roma-Spoleto-Ravenna. A Ravenna poi il pino era talmente importante che nella pagina 27 dei Capitoli citati e trasformati in bibliomosaico (come si può leggere sulla parte a destra di chi guarda l’opera) “si proibisce a qualsivoglia Contadino il poter vendere né per li Borghi, né per le strade alcuna benché menoma quantità di Fascine, Zocchi o altra legna a minuto”. Il ‘legnatico’ era sacro per le autorità ravegnane del ’600. Era il principe dei carburanti. Ma era anche, allora come adesso, la materia prima per la stampa dei libri.
Ecco, nel bibliomosaico per Spoleto, è sopratutto il libro che viene torturato, cancellato come tale, e quindi crocifisso. Va da sé che il ‘libro crocifisso’ è una metafora della perdurante situazione della cultura e dell’arte contemporanea. E la riflessione viene da lontano. Specie per un viaggiatore della Flaminia. Scrive lo storiografo irneriano Odofredo nella sua Interpretatio che, in età carolingia, dissolto lo Studio di Roma, i libri del diritto romano e giustinianeo passano dallo Studio di Roma allo Studio di Ravenna attivo fin dall’epoca di Teodorico (per approdare in seguito da Ravenna allo Studio di Bologna dei glossatori Irnerio e Accursio). Con ogni probabilità dunque quei libri crocifissi passano, e non solo idealmente, attraverso la Flaminia e, attraverso la Flaminia, nei cosiddetti secoli bui, si è così salvato il sapere giuridico moderno.
Oggi non ci sono mura che tengano. Le città non possono più difendersi. Se non tra di loro ri-collegandosi. Tramite quel fondamento valoriale condiviso che esalta la loro diversità.
( Ivan Simonini Viaggiatore sulla Flaminia / Ravenna, Lido di Dante, 28 agosto 2015 )

Il progetto “Opus&Light”, a cura dello STUDIO A’87, a cadenza mensile da diciotto anni, prevede interventi di singoli artisti contemporanei nello spazio della chiesetta Madonna del Pozzo, a Porta Monterone, ingresso sud della Città medievale di Spoleto, sul tracciato dell’antica Via Consolare Flaminia.
Installazioni di opere a confronto con la specificità del luogo, impreziosito da un ciclo di affreschi che racchiude in sé un intero secolo della storia della pittura italiana (1493-1600)
Info: studioa87@libero.it

“OPUS & LIGHT” Anno XVIII° MADONNA del POZZO, Porta Monterone SPOLETO 5 – 30 settembre 2015
Ideazione e progetto: STUDIO A’87 – in collaborazione con Palazzo Collicola Arti Visive e con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Spoleto
ROSETTA BERARDI / “LIBRO CROCIFISSO”
INAUGURAZIONE / sabato 5 settembre 2015 dalle ore 18:00
Installazione visibile ad orario continuato, giorno e notte fino al 30 settembre 2015

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