Si è aperto oggi, presso il Tribunale di Spoleto, il processo a carico dei 15 rinviati a giudizio in seguito all’operazione “Cleaning”, che aveva portato alla condanna in primo grado a 3 anni e 10 mesi di reclusione del medico spoletino Silvio Fiorani, ex dirigente del servizio sanitario del carcere di Maiano di Spoleto, accusato di aver fornito certificazioni false in cambio di compensi in denaro e oggetti di valore a detenuti che miravano ad ottenere permessi speciali o riduzioni di pena. Insieme a lui sono già stati condannati anche 7 detenuti che, come il medico, avevano richiesto il rito abbreviato.
Udienza rinviata. Per la verità quella di oggi è stata solo un’udienza filtro, utile a concordare un rinvio al prossimo 22 marzo, giorno in cui avverrà il giuramento del perito che si occuperà della trascrizione delle intercettazioni telefoniche che si rivelarono determinanti per le indagini. Solo dopo verrà resa nota la lista dei testimoni e l’istruttoria dibattimentale potrà entrare nel vivo.
Gli imputati. Sono 15 gli imputati di questa seconda tranche del processo, 7 detenuti e 8 liberi, familiari dei primi. Ecco i loro nomi: Paviglianiti Salvatore, Paviglianiti Antonio, Crea Giuseppe, Laezza Mauro, Sterpino Annunziata, Sorrentino Francesco, Mango Vittorio, Santoro Mario, Della Martora Lucia, Mauriello Giovanni, Germoglio Alfonso, Germoglio Salvatore, Guglielmino Gianluca, Strangio Domenico, Zuccarello Lidia. Tutti, a vario titolo, hanno avuto a che fare col dottor Fiorani, il quale, come specificato nelle carte processuali, si poneva a disposizione di detenuti ristretti presso il carcere di Maiano per la predisposizione di un quadro sanitario compiacente, al fine di consentire loro il riconoscimento di una serie di benefici penitenziari utili a conseguire l’invalidità civile o gli arresti domiciliari.
Favori e consigli. La compiacenza del dottor Fiorani nei confronti dei detenuti si esplicitava con modalità diverse a seconda dei casi. Secondo quanto riportato nella carte dell’accusa, una di queste era l’aggravamento della percentuale di invalidità civile utile all’ottenimento di una pensione di invalidità e soprattutto del differimento della pena per condizioni di salute non compatibili con lo stato detentivo. Alcuni detenuti erano altresì invitati a richiedere con frequenza, a prescindere dall’effettiva esigenza, visite mediche a sanitari diversi operanti nell’istituto, ed a presentarsi a queste in uno stato trasandato e depresso nell’umore. Molto utile all’attività criminosa era l’intermediazione dei detenuti che lavoravano presso l’infermeria del carcere e di quelli che godevano di speciali permessi di uscita, che venivano impiegati per intrecciare legami con altri detenuti – e con i familiari di questi ultimi – interessati ad “entrare nel giro”.
Pagamenti. Ovviamente, ogni “favore” aveva un prezzo, corrispondente nella maggioranza dei casi a qualche decina di migliaia di euro. Qui entravano in gioco i famigliari dei detenuti che, stando alle carte dell’accusa, provvedevano a “saldare il conto” recandosi direttamente presso lo studio privato del dottor Fiorani, ed erano spesso invitati a fornire rassicurazioni sulla disponibilità di denaro per eventuali prestazioni future.
(J.B.)
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