Rinviato a giudizio anche il co-amministratore della ditta di Gualdo Tadino, i 12 lavoratori coinvolti non avevano neanche il permesso di soggiorno
Operai in nero pagati a 3 euro all’ora e con turni fino a 13 ore al giorno. Questo il quadro che si sarebbe verificato nel 2022 in un’azienda di apparecchi elettrici a Gualdo Tadino, la cui titolare – accusata di aver sfruttato 12 lavoratori in modo irregolare – è stata condannata a due anni di carcere.
La decisione è arrivata, durante il rito abbreviato, da parte del giudice di Perugia, che ha rinviato a giudizio anche il co-amministratore della ditta. Entrambi di origine marocchina – rispettivamente di 41 e 50 anni – i due sono stati accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
La Procura ha sottolineato come entrambi si sarebbero “approfittati dello stato di bisogno” dei 12 connazionali, tutti peraltro senza permesso di soggiorno, senza altre possibilità di mantenere se stessi e i propri familiari e con difficoltà di integrazione sociale (non parlavano nemmeno l’italiano).
Da qui si sarebbero create le condizioni di “sfruttamento” con turni massacranti di 13 ore quotidiane, senza turni di riposo settimanali e retribuzioni (pochi spiccioli all’ora) e condizioni di sicurezza “inique e degradanti”.