“Valerio non è il mandante e non è nemmeno concorrente, Valerio è il movente dell’omicidio”. Con questa tesi la difesa del tatuatore di Ponte San Giovanni ha portato avanti le richieste espresse nel ricorso in Appello per la condanna a 27 anni che lo vede oggi in carcere l’omicidio di Alessandro Polizzi, insieme al padre Riccardo Menenti condannato invece all’ergastolo in quanto esecutore materiale dell’omicidio. Richieste che puntavano alla riapertura dell’istruttoria con nuove perizie, compresa quella balistica e una sul portone della palazzina di Via Ettore Ricci (teatro del delitto), a portare di nuovo in aula periti medico legali e investigatori che lavorarono alle indagini e anche Julia Tosti, la fidanzata di Alessandro scampata all’esecuzione nella quale è rimasta ferita mentre dormiva abbracciata alla vittima.
Richieste respinte, tutte tranne una, che riguarda l’eccezione sollevata sulla genericità e indeterminatezza dei capi d’imputazione riportati nel decreto di citazione in giudizio. Su questo la Corte d’assise d’appello di Perugia, presieduta dal giudice Giancarlo Massei si pronuncerà all’esito della discussione con la volontà di arrivare a sentenza entro la fine di Giugno (date fissate per il 27, 28, 29).
Questa mattina intanto si è data lettura della lunga relazione sul processo di primo grado che ha ripercorso tutte le fasi che hanno portato alla condanna di padre e figlio. I due, presenti in aula e scortati dagli agenti della polizia penitenziaria sono considerati infatti gli esecutori di una “vendetta” perpetrata ai danni del giovane Polizzi per aver picchiato e più volte spedito in ospedale il coetaneo tatuatore. Il movente – hanno scritto i giudici della Corte d’assise – “è da ricercarsi unicamente e univocamente nella reazione vendicativa dei Menenti alle tre precedenti aggressioni subite da Valerio, l’ultima solo tre giorni prima del delitto”. 215 pagine di motivazioni per spiegare non solo i precedenti tra Valerio e Julia, “picchiata, minacciata e molestata” sia durante che dopo la fine della sua storia con Valerio, ma anche le modalità con cui i due avrebbero agito premeditando il delitto e scegliendo un alibi di ferro per Valerio che si trovava in ospedale “tra padre e figlio si era formato un piano comune e un accordo per vendicarsi”, hanno scritto i giudici usando, Menenti senior quella pistola con matricola abrasa ereditata dal nonno.
Julia presente in aula, come in tutte le udienze del primo grado confida nella conferma della sentenza già emessa, come del resto potrebbe richiedere il sostituto procuratore generale Dario Razzi. Nella consueta compostezza presenti anche i genitori ed il fratello di Alessandro che ancora una volta hanno ripercorso il racconto della vicenda che ha sconvolto le loro vite e per la quale non hanno mai smesso di confidare nella giustizia.