Halan Andriy, presunto assassino di Sandro Bellini, accusato di omicidio volontario, occultamento di cadavere e incendio, è stato sottoposto questa mattina all’interrogatorio di garanzia nel carcere di Vocabolo Sabbione di Terni, dove si trova recluso su ordinanza di custodia cautelare del giudice per le indagini preliminari, Simona Tordelli, che ha accolto le richieste del sostituto procuratore, Tullio Cicoria.
Contestualmente all’interrogatorio di Andriy è stato incaricato il perito che eseguirà l’esame autoptico sul corpo di Bellini, la dottoressa Sara Gioia. Dai risultati della perizia dovrebbero emergere ulteriori particolari sull’arma o le armi utilizzate e le modalità di aggressione con cui l’assassino ha agito.
Il 44enne ucraino, operaio edile di professione, è stato interrogato per circa 3 ore, alla presenza del legale difensore, Bruno Capaldini. L’accusato ha risposto alle domande della Procura, seguitando nell’atteggiamento collaborativo che aveva già dimostrato nella giornata di sabato scorso subito dopo essere stato arrestato dai Carabinieri di Terni.
Decisiva è stata la “prova regina”, cioè il riscontro del Dna della vittima sugli abiti di Andriy con i campioni rilevati dagli inquirenti dalle “copiose tracce di sangue” reperiti nell’auto di Bellini. Per stabilire se il sangue fosse compatibile col profilo genetico della vittima, i Carabinieri hanno raccolto altri reperti biologici di Bellini, prelevati da un bicchiere dove aveva bevuto l’operaio. La perquisizione domiciliare nella casa di Via Castello, dove conviveva con la donna ucraina ‘contesa’, ha permesso ai militari di ritrovare gli indumenti che Andriy avrebbe indossato il giorno dell’omicidio; jeans corti e una t-shirt ancora macchiati di sangue. Gli esami di laboratorio non hanno lasciato dubbi nel riscontro dei due campioni incrociati.
La ricostruzione che l’accusa fornisce dell’omicidio trova conferma in quanto già ipotizzato dagli inquirenti. Presumibilmente, Andriy avrebbe indotto Bellini a recarsi con la sua auto in una zona isolata in località Palombara, vicino a Marmore, per poi ucciderlo con i colpi letali un’arma tagliente e, forse, colpendolo anche con un oggetto contundente. Consumato il brutale assassinio, l’uomo avrebbe poi incendiato l’auto per distruggere ogni traccia della sua presenza sulla scena del delitto e avrebbe gettato il corpo della vittima nel fiume Velino, da solo o con l’aiuto di un complice è ancora una questione soggetta a indagine, per nascondere il cadavere e ostacolare le indagini degli inquirenti.