Con imprenditori e professionisti umbri ci sono anche due politici i cui nomi sono emersi nelle intercettazioni tra affiliati alle ‘ndrine calabresi. Si tratta di Nilo Arcudi, l’ex vice sindaco del Comune di Perugia (nella scorsa consiliatura eletto con i socialisti) ed oggi presidente del Consiglio comunale, eletto con una lista civica in appoggio al centrodestra, e di Alessandra Vezzosi, nel precedente mandato in Consiglio nel gruppo del Pd.
Perché le elezioni a cui fanno riferimento nelle intercettazioni telefoniche Antonio Ribecco ed esponenti legati al boss Cosimo Commisso, sono quelle del 2014. Elezioni nelle quali gli affiliati alla ‘ndrangheta si vantano appunto di aver favorito l’elezione (“li abbiamo messi noi“) dei due esponenti, allora, del centrosinistra, che con Boccali candidato sindaco perse le elezioni al ballottaggio contro l’alfiere del centrodestra Andrea Romizi.
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Le due telefonate dello scorso aprile
Ma le due telefonate in cui Ribecco fa i nomi di Arcudi e della Vezzosi sono del 3 e del 5 aprile scorsi, quindi a due mesi dalle ultime elezioni comunali, quelle che hanno visto trionfare ancora Romizi, con lo sfidante Giuliano Giubilei che ora parla di “ombre” sul voto dal quale è uscito sconfitto.
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I due politici non sono indagati e si dicono estranei
I due politici non sono indagati ed hanno subito chiarito di non avere nulla a che fare con gli affiliati della ‘ndrangheta finiti nell’inchiesta condotta tra Catanzaro e Perugia.
Le indicazioni di Ribecco al nipote candidato di Casa Pound
Del resto Ribecco potrebbe anche essersi vantato di voti che la ‘ndrangheta in Umbria e a Perugia, in realtà, non controlla. Tanto più che lo schieramento in cui Arcudi e la Vezzosi si presentarono nel 2014 perse le elezioni.
La “linea” sul centrodestra
Ribecco, finito agli arresti perché accusato di aver fatto arrivare in Umbria fiumi di droga, prendeva di dettare anche la linea all’omonimo nipote, all’epoca candidato sindaco a Perugia per Casa Pound. Parlando – come ha svelato la Repubblica – di presunti patti per ampliare a destra la coalizione di Romizi. Parole da valutare, alla luce di come sono andate effettivamente le elezioni, e comunque da provare.
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Insomma, a sinistra e a destra, la ‘ndrangheta si vantava di poter avere ottime referenze a Palazzo dei Priori, così da rassicurare chi entrava in affari con le cosche.
La nota di Arcudi
Nilo Arcudi, che oggi ricopre la carica di presidente del Consiglio comunale a Palazzo dei Priori, ha diramato una nota con la quale ripercorre la sua carriera politica, respingendo ogni ombra sul suo operato.
“Apprendo dagli organi di stampa – scrive Arcudi – che un soggetto indagato nella recentissima operazione condotta dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, che ha portato a diversi arresti anche in Umbria, avrebbe fatto il mio nome nel corso di una conversazione intercettata, poiché in una passata elezione avrebbe votato per la mia candidatura. Preliminarmente mi preme sottolineare che, sia come privato cittadino ma soprattutto nei ruoli istituzionali da me ricoperti in questi lunghi anni, ho sempre combattuto in modo aperto e senza tentennamenti tutte le forme di criminalità, anche organizzata, tanto più la ndrangheta, che ha purtroppo impoverito, umiliato ed annientato la terra dove sono nato“.
“Sia io che i miei collaboratori, da sempre – rivendica Arcudi – abbiamo con estrema prudenza monitorato e selezionato, anche acquisendo preliminari informazioni, le persone da incontrare con le quali lavorare, condividere, promuovere e progettare ogni forma di iniziativa politica che riguardava il sottoscritto e/o le forze politiche alle quali appartenevo“.
“Dal 2003 al 2019 – ricorda – ho partecipato a centinaia di manifestazioni elettorali incontrando in quelle occasioni pubbliche migliaia e migliaia di persone, di ogni ceto sociale e provenienza geografica, persone alle quali ovviamente non potevo richiedere, né delle quali potevo conoscere, precedenti penali e/o frequentazioni. Nel tempo ho ricevuto migliaia di voti, dato facilmente riscontrabile, ma solo oggi, ripeto, vengo a conoscenza che in una precedete competizione politica avrei ottenuto il voto di un soggetto oggi indagato per mafia. Qualora ne avessi avuto la minima percezione all’epoca non avrei mai, mai e poi mai accettato o voluto neanche questo singolo voto. Qualora invece si fosse trattato di un subdolo tentativo di insinuarsi e creare legami con le istituzioni, tale tentativo è andato, di sicuro con me, totalmente a vuoto“.
Quindi la conclusione: “Viene da solo, vista la premessa, che escludo categoricamente e totalmente che qualcuno degli odierni indagati/arrestati abbia ottenuto in tutti questi anni da me un incontro o un appuntamento per chiedere o ottenere qualcosa. È evidente che, ove necessario, non avrò alcuna esitazione a tutelare la mia onorabilità, sia come uomo che come politico, in tutte le sedi opportune. Plaudo al contempo alla procura ed alle forze dell’ordine per il prezioso lavoro fatto a tutela del territorio e dell’Umbria“.