Giovedì 10 aprile prossimo alle ore 17.00, presso la Sala Barberini del Museo Diocesano di Spoleto, si inaugurerà la mostra “Ave Verum Corpus, Temi ed iconografie della Passio Christi”, visitabile fino al 7 settembre 2014. Con l’occasione, verranno presentati il restauro e il nuovo allestimento dell’opera “Deposizione di Cristo” proveniente dalla chiesa di S. Giuseppe di Arimatea in Roccatamburo di Poggiodomo, che negli ultimi anni era esposta al Museo Civico e Diocesano la “Castellina” in Norcia: si tratta di un gruppo di sculture lignee policrome della metà del XIII secolo. Sarà illustrato anche il restauro di due piccoli, preziosi manufatti del XIV secolo della collezione del Museo Diocesano di Spoleto: un dittico-reliquiario in vetro graffito e dorato con la storia di Gesù e una piccola croce bifacciale d’altare dipinta a tempera su tela. Interverranno: mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia; dott. Fabio De Chirico, Soprintendente per i Beni Storici, Artistici e Etnoantropologici dell’Umbria; prof.ssa Giovanna Sapori, Professore ordinario di Storia dell’Arte moderna all’Università di Roma Tre; Bruno Bruni, restauratore COO.BE.C. Spoleto. Al termine, il coro dei Laudesi Umbri eseguirà un’elevazione spirituale sulla Passio Christi.
«La mostra “Ave Verum Corpus, Temi ed iconografie della Passio Christi” – afferma la dott.ssa Stefania Nardicchi, conservatore del Museo Diocesano – è di natura iconografica ed iconologica e si pone come obiettivo la comprensione dell’intimo rapporto esistente nel medioevo fra i testi sacri, la scultura lignea e la musica. Viene proposto – prosegue – lo studio di alcuni “usi” delle opere d’arte sacra che sono giunti quasi inalterati fino a noi e l’analisi particolare di un’epoca in cui le statue erano “impiegate” nelle chiese sia per l’allestimento di scene tridimensionali che per la partecipazione in processioni e sacre rappresentazioni, realizzate soprattutto in occasione della Settimana Santa. L’ambizione della mostra – conclude la Nardicchi – è documentare al visitatore che, qualunque sia stato il loro uso in antico, le sculture erano dei “personaggi” di un teatro partecipato da attori e fedeli, capace di fissare i principali contenuti della fede cristiana e, allo stesso tempo, di coinvolgere emotivamente e di appassionare gli uditori attraverso una sorta di ‘visibile parlare’».