Un anno fa (era il 29 luglio) moriva a Norcia Emanuele Tiberi, 32 anni, stramazzato al suolo dopo il pugno datogli da un suo coetaneo. Ora, mentre i suoi amici ed i gruppi musicali con cui ha collaborato sono pronti ad inaugurare in sua memoria l’Hempiness music festival (da domani nei terreni della famiglia Tiberi), è agli sgoccioli il processo penale per la sua morte, che vede Cristian Salvatori, 34 anni, accusato di omicidio preterintenzionale e difeso dagli avvocati David Brunelli e Francesco Crisi.
Stamattina in aula, davanti al giudice per l’udienza preliminare Margherita Amodeo, nell’ambito del processo a porte chiuse con rito abbreviato, sono comparsi i due consulenti incaricati di chiarire le cause del decesso. Si tratta del professor Adriano Tagliabracci, direttore del Dipartimento di Scienze biomediche e sanità pubblica del politecnico con sede ad Ancona e professore di medicina legale, e del suo collega Mauro Silvestrini, professore ordinario di neurologia. In aula anche il consulente della difesa, il professor Bacci.
Davanti al gup, al pm Ferrigno ed agli avvocati di parte civile (Giovanni Ranalli e Andrea Andreini) i due esperti incaricati dal giudice hanno chiarito come l’emorragia cerebrale subaracnoidea che ha portato alla morte di Emanuele Tiberi sia stata provocata indirettamente dal pugno subìto. Non quindi in modo diretto dal colpo ma a quattro possibili meccanismi nel corpo che quest’ultimo ha attivato, comportando il grande afflusso di sangue al cervello che è stato mortale. Senza l’evento traumatico, quindi, hanno chiarito i due esperti, il giovane nursino non sarebbe morto. Anche se una concausa viene individuata nelle sostanze presenti nel suo sangue, alcol e cocaina (quest’ultima – è emerso – in quantità comunque irrisorie). In particolare l’alcol – Tiberi aveva un tasso alcolemico di 2,5 – avrebbe fatto da vasodilatatore peggiorando l’emorragia.
Si legge infatti nella consulenza
L’insieme dei dati disponibili, pertanto, supporta l’ipotesi del ruolo concausale del trauma subito nell’induzione dell’emorragia cerebrale, la cui distribuzione particolarmente diffusa sin dall’inizio, fa pensare alla presenza di una condizione di predisposizione o particolare fragilità delle strutture vascolari, presumibilmente legata all’uso di sostanze tossiche (alcool, cocaina), che avrebbero agito da ulteriore concausa. Esiste una concreta possibilità che il trauma subito dal Tiberi abbia innescato una cascata di eventi negativi, culminati con il decesso dell’uomo, in cui l’influenza dello stato di intossicazione abbia avuto un ruolo niente affatto secondario. Va rilevato, tuttavia, che lo stato di intossicazione acuta da alcol e cocaina presentato dal Tiberi prima del decesso, considerati i loro livelli ematici riscontrati alle varie indagini condotte, non sarebbe stato da solo sufficiente a determinare l’evento morte, in assenza cioè del trauma diretto/indiretto all’origine del sanguinamento stesso”.
Nessuna conseguenza, invece, è stato il chiarimento dei due medici, avrebbe avuto il fatto che prima dell’arrivo dei soccorritori Emanuele Tiberi sia stato spostato da alcune delle persone che erano presenti in quel momento fuori dalla “Vineria” dove è avvenuta la tragedia. Il grande afflusso di sangue al cervello sarebbe stato infatti immediato, nonostante la morte cerebrale sia stata dichiarata ufficialmente soltanto alcune ore dopo.
Si tornerà in aula il 9 settembre, per la discussione e la sentenza.
Intanto oggi è stata anche discussa la richiesta della difesa di Salvatori di revoca o quantomeno modifica degli arresti domiciliari. Il giudice ha quindi concesso la misura dell’obbligo di dimora presso la struttura di recupero di Saludecio, nel riminese, dove il 34enne si trova tuttora, con il divieto di uscita nelle ore notturne se non per partecipare ad attività esterne promosse dalla stessa struttura.
Soddisfatti, per la concessione della misura meno afflittiva, gli avvocati Crisi e Brunelli. “La misura degli arresti domiciliari è stata revocata e sostituita con una più lieve, essendo cessata l’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione del reato e tenendo anche conto della buona condotta di Salvatori, ma anche all’esito della perizia” sottolineano. Quanto all’esito della perizia stessa, che era stata disposta dal gup su richiesta proprio della difesa, i due legali hanno sottolineato come “in larga parte è stato disatteso quanto era emerso all’esito dell’autopsia”.
Quanto alla famiglia Tiberi, che si è costituita parte civile con gli avvocati Giovanni Ranalli ed Andrea Andreini, “la loro volontà è sempre stata quella che da questa vicenda si tragga un insegnamento e dunque ben venga un recupero di Salvatori come consente la sua permanenza nella struttura del riminese”.
(modificato il 9/09/2019)