Le Gaite di Bevagna, il significato e la storia secondo il sindaco Falsacappa - Tuttoggi.info

Le Gaite di Bevagna, il significato e la storia secondo il sindaco Falsacappa

Redazione

Le Gaite di Bevagna, il significato e la storia secondo il sindaco Falsacappa

Una lettera del neo eletto primo cittadino, che racconta il cuore del Mercato e riporta l'attenzione sulla gestione degli eventi in Umbria
Sab, 25/06/2016 - 13:33

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In pieno svolgimento della famosa rievocazione storica di Bevagna la neo eletta sindaca Annarita Falsacappa racconta il significato del Mercato delle Gaite, la sua storia e l’importanza per la cittadinanza, quanto per lo studio e la divulgazione di storia e tradizioni. Non senza una punta di amarezza, espressa per la mancanza di un coordinamento nel calendario degli eventi in Umbria, così come già sottolineato con forza dal Podestà Angelo Santificetur alcuni giorni fa. Di seguito le parole del Primo Cittadino:

“In pieno Mercato delle Gaite vorrei parlarvi di questa festa che è il cuore pulsante di Bevagna. Relativamente giovane, fin dagli esordi, il 26 Aprile del 1989, anno della costituzione dell’Ente e del suo primo Statuto, ha visto il coinvolgimento di un intero paese, di famiglie che da subito hanno vissuto con entusiasmo l’appartenenza alla propria Gaita, al proprio santo, alla propria chiesa. La competizione ha accresciuto l’animosità costruttiva ed ha innalzato la qualità di quella che è oggi, a tutti gli effetti, la più grande rievocazione storica medievale dell’Italia e non solo. Per Bevagna ha significato tutto.

Dal 1983 si è cominciato a parlare di Gaite e di mercato durante la Sagra della porchetta organizzata dalla Pro Loco. Da quei pochi banchi in piazza di frutta secca e ceramica c’è stata la svolta: far rianimare lo scenario unico della nostra piazza medievale con banchi di artigiani e folla vociante e guidare i curiosi per le vie principali, i vicoli, le piazzette, ricreando in tutto il paese la festa gioiosa del periodo sancito dalla pace di fiera di quel secolo lontano, 1250-1350, scelto per calarvi la rievocazione.

Ed ecco riproposto il mercato con i banchi dei mercanti venuti da chissà dove mescolati a quelli degli artigiani locali, che fanno vedere il loro laboratorio di utensili rudimentali e ortaggi, animali, frutta del contado.

La curiosità ci ha spinto a cercare di capire la vita quotidiana dei nostri antenati, i numerosi artigiani, che di fatto rendevano il paese pressochè autonomo, realizzando nelle loro botteghe il necessario per la vita di tutti, all’epoca del beato Giacomo Bianconi, quando le magistrature governavano nel Palazzo dei Consoli.

L’antico statuto parla chiaro ed è stato la nostra guida, che abbiamo applicato alla lettera in una ricostruzione filologica che ci ha permesso di calarci in un mondo lontano ma familiare che ancora oggi, con naturalezza, si ripropone per i vicoli del paese.

E non è solo questo. Abbiamo cercato di capire la quotidianità della gente di allora, l’attività vera degli artigiani, che nel giorno della fiera riempivano i banchi della loro merce. Da qui un’intuizione che ha reso singolare la nostra festa e cioè riproporre i mestieri a partire dal prodotto grezzo, dalla materia prima fino al prodotto da porre sul banco per la vendita, facendo vedere ogni passaggio.

Se negli anni passati fosse stato creato un museo dei mestieri medievali realizzati in questi quasi trent’anni di attività, Bevagna oggi avrebbe avuto una ricchezza di arnesi invidiabile, invece molto è andato perso ma rimane su tutto la grande inventiva dei bevanati.

Per conoscere un’epoca ed un popolo se ne deve assaporare il cibo. Anche in questo Bevagna è unica: nelle sue pietanze rigorose che ripropongono sapori ed aromi passati in taverne illuminate dalle fiaccole e calate in un’atmosfera fascinosa. Il gioco del tiro con l’arco ricorda le battute venatorie di un popolo contadino e cacciatore, geloso delle sue tradizioni, che viveva nello spettacolo incontaminato di acque limpide e della natura rigogliosa.

Una ricostruzione fedele del proprio passato ha riscosso Bevagna dal suo lungo torpore, l’ha resa più ricca, più moderna, più colta. Il Mercato delle Gaite ha aggregato, creato amicizie, consolidato rapporti, insegnato a giocare, vestendo abiti da popolano, artigiano, console, nobile, ha insegnato a capire un’epoca, ad interpretare Boccaccio, a leggere Dante, testi di antica retorica, ad ascoltare i canti gregoriani, l’antica musica dei vecchi strumenti, oggi suonati magistralmente dai nostri giovani, ha insegnato a costruire i telai, i torcitoi, a miniare le pagine, a tinteggiare le tele, a coniare le monete, a realizzare gli alambicchi, ad essiccare le spezie, a fare le candele, la corda, a recitare, a danzare, a lavorare il vetro, ad ottenere i fogli di carta, a ricostruire i mattoni, i coppi, a realizzare le campane, a forgiare il ferro, a cesellare l’oro e l’argento, a costruire le armature e gli archi e a fare molto altro.

Oggi i bevanati sanno fare tutto questo con passione e lo raccontano ai visitatori incantati dalla semplicità dei modi e dalla padronanza degli argomenti, dovuta alla conoscenza delle tecniche che usano da anni. Chi ha visitato Bevagna in questi giorni, lo sa che non può che lasciarsi andare a quel mistero magico che si insinua in ognuno ed è per sempre.

Il Mercato delle Gaite è questo e molto altro ancora per Bevagna. Ci abbiamo creduto e continuiamo a credere in questa festa che richiede dedizione, amore, spirito di sacrificio ai moltissimi volontari che la rendono possibile. Per noi è fondamentale ed è per questo che mi sento di chiedere ad ognuno, ad ogni livello, il rispetto necessario per una manifestazione che ha dietro una lunga preparazione ma  che vive dieci giorni e dà linfa al nostro paese.

Una sovrapposizione di eventi, la mancanza di una calendarizzazione regionale esaspera gli animi delle tante persone che impiegano ogni energia nella festa, chiedendo in cambio soltanto un po’ di spazio, che credevano di aver guadagnato con il riconoscimento internazionale che la nostra manifestazione ha ormai da anni”.

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