Laura Papadia sarebbe stata aggredita dal marito alle spalle per poi essere strangolata. Forse con il braccio oppure con un oggetto non chiarito, o più probabilmente con entrambe le cose. È quanto emerge all’esito dell’autopsia effettuata lunedì dai medici legali Massimo Lancia ed Eleonora Mezzetti sul corpo della 36enne uccisa mercoledì scorso in casa, a Spoleto, da Nicola Gianluca Romita.
La giovane, apparentemente, non sarebbe stata incinta – proprio il desiderio di lei di avere un figlio avrebbe messo in crisi la coppia ed in casa sono stati sequestrati dei test di gravidanza – ma ulteriori accertamenti verranno svolti nelle prossime ore per escluderlo con certezza. Così come gli anatomopatologi confronteranno alcuni oggetti sequestrati nell’appartamento di Rocca dei Perugini per capire se uno di essi possa essere stato utilizzato per uccidere Laura.
Il 48enne reo confesso dell’omicidio, che aveva una casa nella zona di Senigallia (dove la coppia aveva vissuto fino a un paio di anni fa), se ne andava e tornava da Spoleto di continuo ultimamente – come ha raccontato il signor Nazareno che aveva raccolto il suo sfogo la mattina prima del femminicidio – ma in quelle ultime ore avrebbe mandato un messaggio alla moglie: “torno per sempre”. Così, almeno, avrebbe confidato la giovane ad alcune persone a lei vicine. Fino all’ultima lite, nel primo mattino di mercoledì, con Laura Papadia in pigiama che poi è stata uccisa, probabilmente dopo una breve colluttazione che le ha lasciato alcuni segni riscontrati dai medici legali.
Nei due interrogatori – il primo davanti ai pm ed alla polizia mercoledì pomeriggio nel Commissariato di Spoleto, il secondo sabato mattina in carcere davanti al gip – pur confessando l’omicidio e mostrandosi pienamente collaborativo, Romita non ha saputo ricostruire le esatte modalità dell’uccisione della moglie. Ha psicologicamente rimosso quei momenti o si tratta di una strategia difensiva?

Gli inquirenti – la Procura di Spoleto in queste ore è alle prese con le indagini anche su un altro omicidio avvenuto a Foligno – vogliono appurare se il femminicidio sia stato addirittura premeditato e per questo stanno raccogliendo tutti gli elementi utili. Ce n’è uno, chiave, che manca all’appello: il telefono con cui mercoledì mattina, dopo l’omicidio, il 48enne avrebbe fatto alcune telefonate. Ha chiamato la ex moglie in Sardegna, confessando di aver ucciso Laura Papadia, ha chiamato il datore di lavoro (a cui nei giorni precedenti era stato chiesto inizialmente un mese di ferie salvo poi ripensarci) ed avrebbe chiamato anche le forze dell’ordine preannunciando di buttarsi dal Ponte delle Torri. Proprio dal Ponte è stato poi buttato il cellulare (in casa invece aveva lasciato l’altro suo telefono), nei concitati momenti in cui Romita minacciava il suicidio venendo poi fatto desistere dalla polizia. Ed è tra la boscaglia ed il greto del Tessino che da lunedì si è tornati a cercare proprio il telefono cellulare, in modo più massiccio. Su richiesta della Procura (a seguire le indagini il procuratore capo Claudio Cicchella ed il vice Alessandro Tana) al di sotto del Ponte delle Torri è stata avviata una importante battuta di ricerche ad oltranza, nelle ore diurne: in campo vigili del fuoco, personale della protezione civile e forze dell’ordine. Il centro di coordinamento delle ricerche è stato posizionato a qualche chilometro di distanza, nel piazzale di via Strada Romana, allo svincolo sud della città. Le ricerche sono state fruttuose, nonostante le difficoltà: il cellulare è stato infatti ritrovato e sequestrato.
(modificato alle 8.30)