‘Aprire’ la massoneria per avvicinare la cittadinanza e aiutandola a comprendere il suo ruolo di“costruttrice dell’umanità”. Colmare dunque quel vuoto che nei nostri tempi può essere facilmente colmato dalla violenza, addolcendo le anime più violente. Questo il senso del convegno del GOI, il Grande Oriente d’Italia, tenutosi ieri pomeriggio (20 giugno) a Perugia, dal titolo “Massoneria, Attualità spirituale e civile a 300 anni dalla fondazione della Gran Loggia di Londra”.
L’atmosfera
Appena entrati nell’anticamera della grande sala che ha ospitato il convegno del Grande Oriente d’Italia a Perugia, il racconto è quello di una lunga storia, che parte dal 1717 a Londra, dove nacque la prima massoneria moderna, con la Grand Lodge of London. Una testimonianza anche per la tradizione italiana, per rintracciare la quale è necessario tornare indietro di almeno due secoli. Perché, senza le logge dei fratelli massoni, lo stesso Risorgimento in Italia non sarebbe esistito. Prova ne sono alcune riproduzioni di iscrizioni che il GOI ha apposto all’esterno della sala del convegno, che riportano alcune frasi dei primi fratelli.
Il XX Giugno
23mila i fratelli ‘affiliati’ al GOI in tutta Italia, raccolti in circa 900 logge. Al loro interno, sono in tanti a ricoprire un ruolo: Maestro, Gran Maestro, Ispettore e molti altri. A Perugia, la scelta delle celebrazioni per il 300esimo anno dalla fondazione ha il sapore della riconquista della città, schiacciata dopo un periodo di dominazione “oscurantista e di scarsa libertà culturale“, ci dicono dal GOI. Un convegno molto partecipato, nel quale “di fratelli ce n’erano circa un quinto” seduti tra le fila della grande sala, su un totale di circa 400 persone.
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Il convegno
Relatori del convegno sono stati, nella presentazione: Luca Nicola Castiglione, Presidente del Collegio dei Maestri Venerabili dell’Umbria; Gonario Guaitini, anche lui già Presidente del Collegio dei Maestri Venerabili dell’Umbria; Giovanni Greco e Umberto Galimberti, dall’Università di Bologna; Giovanni Pizza, dell’Università di Perugia. Durante la tavola rotonda, moderati da Gianmichele Galassi (saggista) hanno invece preso parola: May Abdel Qader, dei Giovani Musulmani d’Italia; Annarita Caponera, del Consiglio delle Chiese Cristiane di Perugia; Pawel Gajewski, della Chiesa Valdese; Daniela Misul, già Presidente della Comunità Ebraica di Firenze. Le conclusioni sono state poi affidate a Stefano Bisi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia. Tra i presenti, in prima fila, c’erano inoltre il sindaco di Perugia, Andrea Romizi; il presidente del Consiglio comunale di Perugia, Leonardo Varasano; i consiglieri regionali, Claudio Ricci e Marco Squarta; gli assessori della Regione Umbria, Antonio Bartolini e Giuseppe Chianella.
Senza macchia
Necessario, nelle parole dei fratelli del GOI, allontanarsi da chi fa sì che si associ la Massoneria alla speculazione economica, fino ad arrivare ad ipotizzare una vicinanza “naturale” alla criminalità organizzata. E fino ad arrivare alla richiesta, da parte di Rosy Bindi in qualità di Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, di accedere alle liste dei massoni. Lo stesso Gran Maestro Bisi aveva risposto alla Bindi dicendo: “noi collaboriamo con tutte le istituzioni della Repubblica, e naturalmente anche con la commissione Antimafia, ma collaborare con l’Antimafia non vuol dire consegnare gli elenchi dei Fratelli vuol dire che possiamo collaborare se ci sono necessità”.
“Un’alba nuova”
Importanti all’interno del convegno, tra gli altri, gli interventi dei professori Greco e Galimberti e di May Abdel Qader. Un richiamo, quello del professor Greco, ad abbandonare l’idea della “massoneria vuota“, quasi fosse, come ha spiegato nel suo intervento, una “setta di pochi adepti“, e aprirsi ad una visione “inclusiva, che conquista i fratelli per persuasione fino all’immaginazione delle cose invisibili“. Per la massoneria deve esserci dunque “un’alba nuova. Dobbiamo saper immaginare cosa accadrà nel futuro e aprirci al mondo. Solo così potremmo salvarci“. Con l’intervento di Qader, poi, il GOI ha voluto spiegare come possa aderire ad una loggia chiunque riconosca un ‘ente supremo’, di qualunque natura e colore esso sia. L’importante, dunque, non essere atei e miscredenti.
Un messaggio, dunque, contro chi cerca di ghettizzare e schedare i fratelli massoni. Immediato il parallelismo con il film “La grande bellezza” di Sorrentino, quando il protagonista e giornalista di costume Jep Gambardella dice: “Finisce sempre così. Con la morte. Prima, però, c’è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla. È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L’emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile. Tutto sepolto dalla coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo. Bla. Bla. Bla. Bla. Altrove, c’è l’altrove. Io non mi occupo dell’altrove. Dunque, che questo romanzo abbia inizio. In fondo, è solo un trucco. Sì, è solo un trucco“. Galimberti usa questo gancio per parlare di ‘tecnica’ che “non svela la verità, ma funziona e basta“; di ‘politica e di ‘etica’ (fino alla lettura che ne ha dato Max Weber), di cui però siamo sprovvisti. Di ‘morale’, ‘razionalità’ e ‘patrimonio simbolico perduto’. “L’uomo – ha detto il professore – ha anche dimensioni irrazionali, non ha in mano la tecnica. È la tecnica a possedere l’uomo. Se il denaro si moltiplica nelle mani di quest’uomo, esso si trasforma nello scopo, non più nel mezzo per vivere”.
Poi un messaggio per i più giovani: “si drogano, bevono, dormono fino a mezzogiorno, ma lo fanno per anestetizzarsi. Perché il futuro non è più una promessa per loro. La morale finisce nella tua capacità di attendere al nostro lavoro, con precisione. È inquietante non essere preparati alla trasformazione del mondo. Ancora di più, è inquietante che non abbiamo un pensiero che vada aldilà del calcolo economico. Non avendone uno alternativo, dobbiamo usare quello che abbiamo“.
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