Città di Castello

“Io e il prete come Fantozzi e Filini”, odissea Pecorelli parte da oltre 1 milione di debiti

Davide Pecorelli – l’imprenditore che ha simulato la sua morte in Albania riapparendo 9 mesi dopo su un gommone al largo del Tirreno – torna a far ancora parlare di sé in tv, nelle uniche interviste video finora concesse.

“Imprenditore e padre disperato”

Il redivivo di San Giustino (Perugia) ha cercato infatti di chiarire ancora di più i contorni, sempre molto labili, della sua incredibile storia, sia all’albanese Top Channel che alla Rai per la ‘Vita in diretta’. Ne è uscito il profilo di un imprenditore ma anche di un padre “disperato”.

Oltre 1 milione di debiti “Non avevo soldi nemmeno per mangiare”

Lui stesso si descriveva allora, prima di sparire, come “un topo in trappola”: “Faccio impresa da 25 anni, ma soffrivo economicamente da due – ha raccontato Davide Pecorelli al giornalista albanese Mikel Marsi – Soprattutto a causa del Covid mi sono trovato in una situazione in cui ho licenziato 40 dipendenti, con debiti da oltre 1 milione di euro”.

Come ultima spiaggia Pecorelli ha così provato ad aprire un mercato in Albania, “dove avevo trattative per un laser estetico del valore di 100.000 euro”, che alla fine si sono rivelate infruttuose. Una volta atterrato nei Balcani si era inoltre ritrovato “senza più soldi, neanche per mangiare”. Gli ultimi li avrebbe spesi proprio per noleggiare la Skoda Fabia all’aeroporto.

L’alternativa al suicidio, un finto omicidio

Ero psicologicamente depresso e avevo quindi deciso di uccidermi – rivela – Il 5 gennaio, prima che potessi farlo, ho chiesto ad un prete di confessarmi”, lo stesso che ha proposto a Davide un’altra via d’uscita: progettare un finto omicidio rendendolo più “credibile” con la presenza di ossa umane. Sarebbe stato proprio il religioso, infatti, a procurare i resti mortali di chissachì a Pecorelli, “trovandole in un ossario comune e non trafugandole da una tomba” ha precisato.

“Io e il prete come Fantozzi e Filini”

Il piano del religioso ha la sua definitiva attuazione in quella curva a pochi km da Puke, dove l’auto è stata poi data alle fiamme.In verità sarebbe dovuta cadere oltre il baratro – racconta Pecorelli a ‘La Vita in diretta’ – ma nonostante la spingessimo è rimasta bloccata e l’abbiamo lasciata bruciare lì”. Una scena tragicomica che l’imprenditore non poteva commentare meglio: “Sembravamo Fantozzi e Filini…”.

“A Medjugorje fino al 7 maggio”

Dopo il rogo della Skoda – che per 9 mesi lo ha fatto credere morto – Davide, stando sempre al suo racconto, avrebbe continuato il suo viaggio oltre confine, a bordo di un furgone, fino a Montenegro e Bosnia (“non sono mai stato controllato né all’uscita ne all’ingresso”), dove sarebbe poi stato ospitato dalla già citata “comunità di preti” a Medjugorje, consigliata sempre dal religioso “complice”. Questo fino al 7 maggio, giorno del ritorno di Davide a Valona.

“Ecco perché ero era a Valona. Il tesoro di Montecristo c’è”

Ed è proprio qui a Valona – dove ammette di essere stato “ma non certo in vacanza” – che Davide ha conosciuto gli amici “brindanti” visti nelle foto di Top Channel (presentandosi come lo scrittore Cristiano), maturando anche l’idea di andare alla ricerca del tesoro di Montecristo.

Nella città albanese – dice Davide – “sono stato per imparare a guidare il gommone in ogni condizione atmosferica, per essere pronto ad affrontare il mare e raggiungere l’isola del Tirreno”. E il 12 settembre, “senza documenti e su un pullman di pellegrini”, Pecorelli rientra in Italia proprio con l’obiettivo di portare con sé quelle casse di monete d’oro. Il suo piano, come tutti ormai sanno, fallirà al largo del Tirreno, anche se lui, insiste, “quel tesoro lo ha visto con i propri occhi. La stessa procura è in possesso di alcune foto che ho fatto”.

L’ombra della giustizia albanese

Ma su Davide Pecorelli, al di là di ogni racconto, aleggia un’ombra ancora più oscura; quella della giustizia albanese, che potrebbe incriminarlo per almeno due reati – incendio di beni materiali e vilipendio di tomba – per i quali (nella peggiore delle ipotesi) potrebbe addirittura rischiare 10 anni.

Ho paura – ammette confermando di aver commesso dei reati – ma tornerò per pagare quello che ho fatto in Albania. Sono pronto a prendermi le mie responsabilità. La situazione è difficile in famiglia sia con la mia ex moglie che con la mia convivente ma ora sto 24 ore con i miei figliaggiunge Voglio scusarmi con tutti coloro che mi hanno conosciuto come Cristiano, i cittadini di Puka, la polizia e le autorità albanesi perché non l’ho fatto per prenderli in giro”.