Intelligenza Artificiale a scuola: cosa c’è di vero e cosa no? - Tuttoggi.info

Intelligenza Artificiale a scuola: cosa c’è di vero e cosa no?

Laura Caldara

Intelligenza Artificiale a scuola: cosa c’è di vero e cosa no?

Una riflessione tra alchimia, consapevolezza e futuro umano. Siamo attratti da ciò che gratifica subito, dalle risposte pronte, dal facile
Mer, 23/04/2025 - 12:21

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Una riflessione tra alchimia, consapevolezza e futuro umano. Siamo attratti da ciò che gratifica subito, dalle risposte pronte, dal facile

“La via breve è sempre la più seducente.” (Star Wars – La vendetta dei Sith)
C’è una forza invisibile, antica quanto l’uomo, che ci spinge verso ciò che è immediato, comodo, senza attrito. Non è solo pigrizia. È istinto di sopravvivenza. Il bisogno di evitare il dolore, di cercare sicurezza, di non affrontare l’ignoto. Siamo attratti da ciò che gratifica subito, dalle risposte pronte, dal lavoro facile, dalla superficie liscia dove nulla scalfisce.

Perché il piacere è prevedibile. La profondità, no. Scendere in profondità richiede il coraggio di incontrare l’ombra. Preferiamo e siamo attratti dalle scorciatoie, non perché siano migliori, ma perché ci permettono di agire senza trasformarci. Ecco perché, oggi, quando si parla di Intelligenza Artificiale a scuola, l’entusiasmo collettivo si rivolge al suo lato più seducente:

“l’AI fa i compiti.”
“l’AI scrive per te.”
“l’AI pensa al posto tuo.”

Ma la vera domanda non è: “Cosa può fare l’AI?” La vera domanda è: “Cosa rischiamo di non sviluppare più, se smettiamo di farlo noi?”

L’alchimia, quella autentica, interiore ci offre una lente diversa. È la scienza della trasformazione profonda e, ci consegna una regola essenziale: “Ciò che vale è ciò che trasforma.” La trasformazione non nasce nel comfort. Nasce dallo scontro, dalla frizione, dalla fatica consapevole, dalla scelta di attraversare la vita, non solo di galleggiarci sopra.

Un’altra regola, spesso dimenticata, dice: “Fai ciò che non ti piace. E fallo divertendoti.” Perché lì dove eviti, si trova ciò che sei chiamato a integrare. Il vero oro non si ottiene evitando il caos. Si conquista attraversandolo. “Usa ciò che hai. E usalo al meglio.” Il vero alchimista non aspetta strumenti perfetti. Inizia con ciò che ha, con la materia grezza, con l’imperfezione.

L’Intelligenza Artificiale è il frutto di menti brillanti: scienziati, ingegneri, filosofi del pensiero computazionale. Nata per imitare l’intelligenza umana, non per sostituirla.

Ma in una società che idolatra l’efficienza, l’AI è diventata una stampella mentale. Da alleata a scappatoia. Una via breve, affascinante e seducente, che promette risultati senza attraversamento. E a scuola, il rischio è concreto: studenti che smettono di creare per diventare utenti passivi, che imparano a ottenere risposte, ma disimparano a farsi domande. Ogni volta che deleghiamo il pensiero, qualcosa dentro di noi si attenua. La memoria si affievolisce, la creatività si blocca, il dubbio e l’errore non sono più alleati, ma nemici da evitare.

L’alchimia ci ricorda: “La luce nasce dallo scontro con l’ombra.” Ma se continuiamo a evitarla, restiamo prigionieri di un’ombra non trasformata: quella dell’automatismo, della superficialità, della dipendenza. Il risultato? Studenti brillanti all’esterno, ma fragili nel profondo. Tecnologicamente connessi, ma interiormente scollegati. Bravi con i tool, poveri di sé.

Ma non tutto è perduto. L’AI può essere molto più di una scorciatoia. Può essere specchio, catalizzatore, acceleratore ma solo se chi la usa è presente, consapevole, radicato. Uno studente che sa chi vuole diventare, cosa sta cercando, cosa vuole esplorare, non sarà mai dominato da una macchina perché guiderà lui, userà l’AI come estensione, non come sostituzione. In quel momento, la tecnologia non è più rifugio è, alleato spirituale. Non è vero che l’AI sia la risposta a tutto. È vero che può essere una rivoluzione, ma solo se accompagnata dalla coscienza.

Oggi nelle scuole c’è efficienza, sì ma, manca visione. Si parla di “usare” la tecnologia, ma non di educare a come usarla. Il risultato? Molti strumenti ma pochissimi strumenti interiori. 

Dunque, la vera domanda non è: “AI sì o no?” la vera domanda è: “Chi stai diventando, mentre la usi?” Se si cerca la via breve, si tenderà a restare in superficie. Se la si usa come leva evolutiva, si tenderà alla scoperta si sé, all’espansione e alla trasformazione, proprio come il piombo in oro. La scuola del futuro non sarà quella che usa più tecnologia. Sarà quella che forma più cercatori, più coscienze presenti, più esseri umani capaci di restare nella luce, anche mentre maneggiano strumenti d’ombra. La vera domanda è rivolta agli studenti travolti dall’ entheos e dai docenti ubriachi di saggezza. 

In alchimia sono le intenzioni che qualificano le azioni e allora l’intenzione vera è: seguire la via breve o diventare l’alchimista del proprio sapere? La scelta non è solo educativa, è evolutiva ed è, profondamente, umana.

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