L'aumento del costo della vita penalizza soprattutto le famiglie più povere | E i giovani si trasferiscono sempre più al Nord o all'estero
L’Umbria che ancora una volta soffre più del resto d’Italia la crisi a causa dei suoi problemi strutturali (inflazione e calo della domanda interna frenano l’economia dalla metà dello scorso anno) si aggrappa al Pnrr. Il cui livello di attuazione (pur nella fase iniziale, quella dei bandi) sembra andare più velocemente che nel resto d’Italia, per i progetti di competenza di Regione ed Enti locali: bandite gare per il 34% delle risorse assegnate (sul complesso di 1,6 miliardi) a fronte di una media italiana del 27%. Più indietro, invece, risulta il livello di utilizzo dei fondi europei del POR.
Nel Rapporto sull’Economia dell’Umbria presentato dalla direttrice Miriam Sartini insieme agli analisti della Banca d’Italia filiale di Perugia, è questo una delle luci in un quadro che, guardando in prospettiva al di là dei risultati numerici raggiunti nel 2022, conferma le difficoltà strutturali dell’Umbria. Che sorride per l’andamento delle costruzioni, trainate dalla ricostruzione post sisma, ma anche dall’ottimo andamento del Superbonus (con 7mila interventi nell’ultimo anno, per 1,3 miliardi di euro) e dal turismo, trainato dal nuovo corso dell’aeroporto San Francesco, con il raddoppio degli stranieri in arrivo e percentuali superiori a quelle nazionali.
L’economia umbra in sintesi
Nel 2022 l’espansione dell’economia regionale è tornata sopra i livelli pre Covid, ma dalla metà dell’anno la crescita ha subito un rallentamento, a causa dell’inflazione e del calo della domanda interna. Inflazione che ha ridotto il potere di acquisto delle famiglie, soprattutto di quelle più povere (per le quali il paniere costa in media il 3% in più di quelle più facoltose, con picchi vicino al 9% al crescere dell’inflazione lo scorso ottobre). Ma che, unitamente alle incertezze legate alla situazione internazionale e all’aumento dei tassi di interesse, ha frenato anche gli investimenti delle imprese (6 su 10 dichiarano di prevedere una riduzione degli investimenti nel corso di quest’anno).
L’altra nota positiva arriva dall’andamento dell’export: +23,7% il valore nominale dei beni prodotti dall’industria umbra e venduti all’estero (7,1% in termini nominali). Sul versante delle importazioni (+31,5% in termini nominali) l’industria umbra risulta particolarmente dipendente dagli acquisti di prodotti vulnerabili a interruzioni o ritardi degli approvvigionamenti.
La produzione industriale si è progressivamente indebolita a causa dell’impennata dei costi di produzione, con il valore aggiunto che si è ridotto all’1,6% nel secondo semestre (a fronte di una prima parte dell’anno in cui aveva raggiunto il 5,6%). Complessivamente il Pil umbro nel 2022 ha segnato un +3,6%, in linea con i valori nazionali.
Il numero degli occupati si è leggermente ridotto (-0,6%), con un calo degli autonomi che non è stato compensato dall’aumento dei contratti a tempo indeterminato. L’incremento delle persone in cerca di occupazione ha spinto il tasso di disoccupazione. Anche in questo caso, una spinta a nuova occupazione si attende dal Pnrr.
Cresce la propensione dei giovani laureati a lasciare l’Umbria per il nord Italia o l’estero. Una dinamica aumentata dall’iscrizione ad atenei del nord Italia, che riguarda ormai il 9% degli studenti umbri (era il 3,3% nel 2002). E questo a causa dell’elevato gap tra le competenze possedute e quelle richieste dalle imprese del territorio, problema conoosciuto dal 44% dei giovani laureati.