IN MIGLIAIA AI FUNERALI SOLENNI PER IL MARESCIALLO ANGELUCCI. VESCOVO SIGISMONDI “ANDREA, CI HAI PROTETTO E CUSTODITO” (Foto) - Tuttoggi.info

IN MIGLIAIA AI FUNERALI SOLENNI PER IL MARESCIALLO ANGELUCCI. VESCOVO SIGISMONDI “ANDREA, CI HAI PROTETTO E CUSTODITO” (Foto)

Redazione

IN MIGLIAIA AI FUNERALI SOLENNI PER IL MARESCIALLO ANGELUCCI. VESCOVO SIGISMONDI “ANDREA, CI HAI PROTETTO E CUSTODITO” (Foto)

Sab, 03/10/2009 - 19:50

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Quando il Silenzio è risuonato nella piazza, la folla, arrivata fin qui per salutare un’ultima volta il maresciallo dei carabinieri Andrea Angelucci, si è lasciata andare ad un lungo applauso.

L’Umbria si è fermata oggi per rendere omaggio al sottufficiale ucciso mentre tentava di fermare il criminale che aveva qualche ora prima ferito due suoi colleghi. E Spello, la piccola e graziosa Spello, si è ritrovata a vivere una delle pagine più tragiche della sua storia.

Un picchetto in armi ha reso gli onori al feretro, avvolto nel tricolore. Lo seguivano i famigliari di Angelucci, la mamma Rosella con papà Dario, il fratello Daniele e la fidanzata del sottufficiale, Sara. Ad accoglierli il Comandante generale dell’Arma, il generale Leonardo Gallitelli che prende sottobraccio la mamma. Sono i colleghi della Compagnia di Foligno a portare a spalla la bara.

Nella chiesa di Santa Maria Maggiore non c’è più posto. Nelle prime file le autorità, dietro la gente comune che ha voluto testimoniare il proprio affetto ad Andrea e ai suoi famigliari.

Tutti quelli che non ce l’hanno fatta restano in piedi lungo il corso che porta alla cattedrale.

Ad officiare il rito è il Vescovo di Foligno, Monsignor Gualtiero Sigismondi, affiancato dal vicario Bertini e dal cappellano militare Don Giuseppe Rotondi. “Un delitto che ha spezzato una giovane vita, annientato una famiglia, mutilato l'Arma dei carabinieri e offeso la dignità di tanta gente buona. Dinanzi a questo barbaro assassinio – ha detto Sigismondi nell’omelia – abbiamo tutti estremo bisogno di domandare al Signore il dono di un cuore semplice e puro. Grazie Andrea, per averci protetto e custodito, facendoci scudo con il dono della sua vita”. E’ difficile trattenere la commozione. In Chiesa ci sono anche i due colleghi di Angelucci rimasti feriti: il brigadiere Carmelo Infuso e il vice brigadiere Luigi Beltempo, sorretto da un collega.

Sui banchi siedono le più alte autorità regionali. Con il generale Gallitelli, ci sono il presidente del consiglio regionale Bracco, la governatrice Lorenzetti, il prefetto di Perugia, il presidente della Corte d’Appello Medoro (che per anni aveva avuto quale prezioso collaboratore Angelucci), i vertici degli enti dell’esercito di stanza in Umbria, i sindaci di Spello e Foligno, Vitali e Mismetti, l’assessore Proietti in rappresentanza della città di Spoleto. Anche Alma Petri, la vedova dell’agente Emanuele ucciso dalle Br, ha voluto portare il suo cordoglio alla famiglia del maresciallo. E tanti colleghi con cui il maresciallo aveva lavorato. Non solo militari. Ci sono anche i funzionari delle procure di Spoleto e Perugia che avevano conosciuto e apprezzato i valori di questo ragazzo, di questo carabiniere dal temperamento mite e coraggioso.

(Carlo Ceraso)

Il testo della Omelia di mons. Gualtiero Sigismondi, Vescovo di Foligno

“Dinanzi al mistero della morte il silenzio è sempre d’obbligo, ma davanti al mistero di questa morte – l’assassinio del maresciallo Andrea Angelucci – il silenzio s’impone! Di fronte a certi tragici eventi occorre tacere. E tuttavia, nelle pagine della sacra Scrittura, proclamate in questa liturgia esequiale, è possibile trovare le parole da dire per rompere l’assordante silenzio della morte di Andrea e, soprattutto, per lenire così grande dolore con il respiro profondo della fede pasquale.

“Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti” (1Cor 15,20). Questa parola di salvezza ci assicura che la luce pasquale ha dissipato e ingoiato le tenebre della morte, ha vinto e annientato il buio della morte. La Pasqua di Cristo ci autorizza a porre alla morte questo interrogativo: “Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?” (1Cor 15,55). A questa domanda la morte non sa e non può rispondere, perché il Risorto, chiudendole le fauci, le ha imposto un limite invalicabile: il silenzio!

Solo la fede ha il potere di tergere le lacrime che la morte, questa morte, rende amarissime. Persino il Signore, non è riuscito a trattenere il pianto alla notizia della scomparsa di un amico carissimo, Lazzaro (cf. Gv 11,17-44), e al pensiero della morte spirituale della Città santa, Gerusalemme (cf. Lc 20,41-44). E tuttavia le lacrime che il Signore stesso ha versato dinanzi alla tragica realtà della morte non sono le lacrime di un disperato; il suo è il pianto di un innamorato della vita: Egli, infatti, è “Autore della vita” e “Amante della vita” (cf. Sap 11,26)!

Il pianto è l’unico commento che può interpretare il dolore inconsolabile provocato dall’assassinio del maresciallo Andrea! Le lacrime amare dei genitori, dei familiari, delle persone che gli erano care e di tutti gli amici non possono essere terse con semplici grida di sdegno, con facili attestati di cordoglio, con giudizi troppo sommari. L’apostolo Paolo, nel ricordare che solo l’amore estingue l’odio, disarmandolo e annientandolo, invita a “non lasciarsi vincere dal male, ma a vincere il male con il bene” (Rm 12,21).

Il pianto, carissimi fratelli, è inesorabile e addirittura necessario per spegnere l’arsura delle molteplici domande che soffocano la mente e arrestano il cuore. Se proprio non ci riesce di resistere alla morsa dei tanti “perché” che ci assediano, proviamo a togliere il punto interrogativo e a metterci quello esclamativo, per farli diventare grido di misericordia: “Signore pietà!”, grido di supplica: “Signore aiutaci!”, grido di abbandono: “Signore salvaci!”.

Dinanzi a questo barbaro assassinio, davanti a questa bara, abbiamo tutti estremo bisogno di domandare al Signore il dono di un cuore semplice e puro, perché il cuore dell’uomo, il nostro cuore, è un abisso impenetrabile, che solo Dio può scrutare, sondare e sanare. “Tramano delitti – dice il Salmista –, attuano le trame che hanno ordito; l’intimo dell’uomo e il suo cuore: un abisso!” (Sal 64,7). Non trovo parole più eloquenti di queste per tentare di leggere questo delitto, che ha spezzato una giovane vita, ha annientato un’intera famiglia, ha mutilato l’Arma dei Carabinieri di un uomo fedele, e ha offeso la dignità di tanta gente laboriosa che abita queste valli stupende.

Se è vero che “l’intimo dell’uomo e il suo cuore è un abbisso”, è pure vero che il Signore “non prova disgusto per nessuna delle cose che ha creato” (cf. Sap 11,24). È con questa intima convinzione che osiamo domandare a Dio di aiutarci a disarmare la vendetta col perdono, accreditato dalla ricerca sincera della giustizia. Se il perdono non ricercasse la giustizia non sarebbe altro che una caricatura della carità, ma se la ricerca della giustizia non fosse sostenuta dal proposito sincero di estinguere l’odio sarebbe un surrogato della vendetta.

In quest’ora di dolore, in cui a stento si riesce a capire che cosa sia conveniente domandare, preghiamo anzitutto per i familiari di Andrea, perché attraverso la nostra solidarietà concreta e generosa – la solidarietà del nostro silenzio, fatto preghiera di conforto e di suffragio! – possano ritrovare la nota dell’Alleluia pasquale. Preghiamo, inoltre, per l’Arma dei Carabinieri, a cui assicuriamo, con le parole del Salmista: “Agli occhi del Signore è preziosa la morte dei suoi fedeli” (cf. Sal 116,15). Andrea è stato ucciso nella memoria liturgica degli Angeli custodi: a lui diciamo il nostro grazie per averci protetto e custodito, facendoci scudo con il dono della sua vita”.

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