Il Tar del Lazio “lascia” nelle mani di Banco Desio e della Brianza la Banca Popolare di Spoleto. L’orologio non torna indietro a prima del 2013, quando Bps e l’allora sua controllante, la Spoleto Credito & Servizi, erano state commissariate dal ministero delle Finanze. Questo era stato l’arduo tentativo di alcuni ex amministratori della Scs (Gianfranco Binazzi, Pasquale Coreo, Leodino Galli, Giovannino Antonini, Massimo Morelli, Cesare Cattuto, Marco Bellingacci, Rodolfo Valentini) e da alcuni ex membri del Cda Bps (Michelangelo Zuccari, Marco Carbonari, Claudio Umbrico e Valentino Conti), che alcune battaglie, in questo lungo braccio di ferro davanti ai tribunali amministrativi, le avevano pur vinte.
In particolare, nel febbraio del 2015, il Consiglio di Stato eccepì un difetto di istruttoria nel procedimento con cui la Banca Popolare di Spoleto e la Spoleto Credito & Servizi erano state commissariate nel 2013, venendo poi acquisite, un anno dopo, dal gruppo Banco Desio e della Brianza. I giudici della IV sezione avevano argomentato che la proposta di commissariamento avanzata dalla Banca d’Italia non doveva essere attuata dal Mef, ma sottoposta ad una propria valutazione, che tenesse conto anche dello stato patrimoniale dell’istituto, prima di inviare i tre commissari in piazza Pianciani ed esautorare i consigli di amministrazione.
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A quel punto, per evitare effettivamente di dover rimettere indietro l’orologio, l’allora ministro Padoan, con un decreto, aveva “sanato”, con effetto retroattivo, “ora per allora”, le eventuali mancanze di istruttoria del Mef, confermando il commissariamento e gli effetti successivi, tra cui la vendita del pacchetto di maggioranza della Bps al Gruppo Desio. “Le gravi perdite patrimoniali di Banca Popolare di Spoleto – argomentava l’allora ministro Padoan – erano solo uno dei presupposti per i quali era stata avviata la procedura, motivata anche dall’autonomo presupposto delle gravi irregolarità nell’amministrazione e gravi violazioni normative”. Quanto all’aumento di capitale, nel decreto Padoan si rilevava come la componente azionaria ammontasse a soli 30 milioni di euro, mentre per la parte restante si pensasse di agire attraverso l’emissione di obbligazioni convertibili in azioni. Un pronunciamento a favore della legittimità dei decreti c’era stato, da parte del Consiglio di Stato, nel 2016. Ma i ricorrenti ne avevano contestato il merito, appellandosi al Tar del Lazio.
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Due ricorsi erano stati però presentati contro il decreto successivo del ministro Padoan. L’accoglimento di queste ulteriori istanze avrebbe costretto o l’attuale inquilino del Mef ad intervenire nuovamente oppure, effettivamente,si sarebbe tornati alla situazione precedente al commissariamento, cercando di ricacciare indietro l’acqua passata sotto i ponti di Spoleto dal 2014 ad oggi.
E invece, con due sentenze il Tar del Lazio ha accolto le argomentazioni della controinteressata banca Popolare di Spoleto, dello stesso Mef e della Banca d’Italia, rilevando in particolare che la decisione del Ministero di agire con un decreto retroattivo appaiono ragionevoli, tenuto conto dell’esigenza di la stabilità alla banca, nel frattempo entrata a far parte del Gruppo Desio. Questa la linea sostenuta dai legali del tea Gpa (composto dagli avvocati Eugenio Bruti Liberati, Alessandra Canuti e Feliciano palladino) che hanno assistito banca Popolare di Spoleto nei due ricorsi promossi da alcuni ex amministratori.
Il Tar del Lazio, nelle due sentenze, ha respinto le censure dedotte dai ricorrenti (dichiarandole in parte inammissibili e in parte infondate) condannati al pagamento delle spese processuali, evidenziando come la decisione del ministro Padoan di intervenire con un decreto retroattivo per mantenere gli effetti del commissariamento fosse stata ragionevole, tenendo conto appunto della necessità di garantire la stabilità del nuovo assetto della Bps. Che tra pochi mesi sarà incorporata dalla sua controllante, Banco Desio, con la procedura comunicata ai mercati a fine novembre e che dovrebbe concludersi entro luglio del prossimo anno. Evidentemente, da Desio non temevano che la Banca Popolare di Spoleto potesse essere loro sfilata di mano attraverso quest’ennesima azione legale.
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