Riceviamo e pubblichiamo ampi stralci della lettera della mamma di una bambina che all’età di 7 anni ha ricevuto la diagnosi di Diabete mellito di tipo 1. Con l’auspicio, nel rispetto del lavoro del personale sanitario, che le sue indicazioni possano servire ad organizzare il servizio in modo che questo possa andare incontro alle esigenze dei piccoli pazienti e delle loro famiglie.
Trattandosi di un minore, omettiamo il nome della piccola e specifiche indicazioni che possano ricondurre alla sua identità.
Sono genitore unico con due figli e la diagnosi della piccola ha destabilizzato equilibri familiari già fragili.
Un grande ostacolo è stato il rientro scolastico. Per un anno e mezzo ho dovuto lasciare il lavoro per poter restare nei pressi della scuola in caso di complicazioni o semplicemente per l’insulina nell’orario della merenda. Ho dato fondo a tutti i miei risparmi per poter far fronte alla situazione e ho cercato aiuto.
Presso il reparto di diabetologia pediatrica di Perugia, dopo aver messo a conoscenza la diabetologa di riferimento (…) della nostra situazione familiare, ho chiesto se fosse previsto un qualsiasi tipo di supporto (un infermiere o simile) che potesse andare al posto mio ad assistere la bambina; ho avuto un’immediata risposta negativa: i bambini devono imparare ad essere autonomi a prescindere dalla loro età.
La piccola (…) all’età di 8 anni e mezzo ha imparato a fare la puntura di insulina in totale autonomia; dovendo crescere prematuramente ha anche sviluppato un’autogestione poco consapevole visto che le manca ancora oggi, a distanza di 4 anni dall’esordio una diabetologa di riferimento che si rivolga a lei dando istruzioni chiare per l’età e la sensibilità.
Dopo aver iniziato ad utilizzare sensore e microinfusore, abbiamo presto avuto un malfunzionamento. Una delle associazioni formate da genitori di bambini con DT1 mi è stata di supporto e mi ha indicato un numero di telefono per le emergenze pubblicizzato dall’ambulatorio in servizio h24. Dopo ore di tentativi il telefono continua a risultare spento.
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Ho dovuto far mobilitare la pediatra di libera scelta per chiedere aiuto e intermediare una conversazione con lei. Questi eventi hanno riguardato in prima persona me e mia figlia, ma ho sentito tanti racconti simili hai miei che hanno portato molte famiglie a rivolgersi a ospedali fuori regione perché non gli era stata garantita l’assistenza medica adeguata a Perugia.
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A dicembre 2024 ci siamo presentate alla visita di controllo e scopriamo che il nome di (…) era depennato perché avevano cancellato l’appuntamento senza comunicarlo. Da un anno la visita di controllo di (…), oltre all’ambiente non idoneo, è una mera lettura di dati su uno schermo, non viene visitata, pesata o misurata e della diabetologa abbiamo visto la firma più di quanto non abbiamo visto lei.
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Gli utenti dell’ambulatorio dovrebbero essere bambini fino ai 14/16 anni, ma allora perché mi è capitato di parlare con un ragazzo di 23 anni in sala d’attesa stanco di non essere passato agli ambulatori per gli adulti? Un fatto non isolato.
I bambini tutti dovrebbero essere trattati con equità soprattutto in ambiente ospedaliero, cosa che non vedo avvenire all’ambulatorio di diabetologia di Perugia. Sarebbe facile per me voltarmi e dirigermi verso un’altra regione. Ma questo servizio è più mio e, soprattutto, di mia figlia che di un camice bianco. Questo servizio è di tutte quelle famiglie dalle quali ho ascoltato i racconti nei quali mi sono riflessa. Questo servizio è anche di tutte quelle famiglie che per motivi culturali, sociali o linguistici non riescono a trovare le parole giuste per alzare la testa e rivendicare ciò che è loro.
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LETTERA FIRMATA