La 44enne ungherese è in carcere con l'accusa di aver ucciso volontariamente il figlio | Lunedì interrogatorio di garanzia e l'autopsia sul piccolo
Erzsebet Katalin Bradacs, ungherese di 44 anni. E’ in carcere per la morte del figlio Alex, di appena 2 anni. Omicidio volontario aggravato, si legge nell’ordinanza con cui la pm Manuela Comodi, che indaga sulla morte del piccolo trovato senza vita a Po’ Bandino, ne ha decretato il fermo nella notte tra venerdì e sabato e il trasferimento al carcere di Capanne.
L’audio della confessione atteso dagli inquirenti italiani
per verificarne l’autenticità
Erzsebet: “Non ho ucciso mio figlio”
La donna si professa innocente. Agli inquirenti ha fornito versioni confuse di quanto accaduto prima del suo arrivo nel supermercato di Po’ Bandino, con il figlio agonizzante in braccio, chiedendo aiuto. Nella caserma dei carabinieri avrebbe fornito tre versioni, prima di avvalersi della facoltà di non rispondere, su indicazione dell’avvocato d’ufficio, Enrico Renzoni, visto lo stato confusionale in cui era quando i carabinieri l’hanno portata in caserma.
Katalin dal carcere: “Non ho ucciso mio figlio”
Ma poi non risponde al gip
Inizialmente ha raccontato di essersi allontanata per pochi minuti dall’edificio (un’ex cabina Enel, disabitata e fatiscente) dove aveva lasciato il piccolo riposare. Per cercare un giocattolo, un trattore di plastica, che il bimbo aveva perso. E di aver trovato suo figlio insanguinato, colpito da qualcuno.
Dall’Ungheria il papà di Alex racconta
la storia travagliata con Erzsebet Katalin
fino al tragico epilogo
Gli indizi contro di lei
Una versione che non convince gli inquirenti. Contraddetta da vari elementi. Le telecamere di sorveglianza non riprendono altre persone in quella che si ritiene sia stata la scena del crimine. Dove, tra i vari oggetti sequestrati, c’era la maglietta, lacerata dalle coltellate (nove) e cambiata prima della corsa verso il supermercato. Lì gli inquirenti hanno trovato anche tracce di cibo consumato e una felpa appartenente alla donna.
Una telefonata alle 4.46 di notte:
così arriva l’orrore a Po’ Bandino
La macabra foto
E poi c’è la macabra foto macabra, del piccolo insanguinato, fatta arrivare al padre di Alex, attraverso un messaggio Whatsapp inviato a un conoscente dell’uomo. E’ proprio il padre di Alex, Norbert Juhasz, ad allertare le autorità ungheresi perché contattassero quelle italiane, temendo per il piccolo.
Gli inquirenti sospettano che la donna abbia volontariamente ucciso il Alex per una vendetta verso il padre, con cui era in causa per l’affidamento del piccolo.
Dall’Ungheria all’Italia
Si apprendono allora particolari sulla vita di Erzsebet Katalin Bradacs. Ungherese, bionda, bella. Irriconoscibile quando è entrata sconvolta in quel supermercato venerdì scorso, con in braccio un corpicino insanguinato.
In Italia aveva lavorato in un noto night club di Chiusi, attività ora cessata. Gestito dall’uomo che la stava ospitando nella sua abitazione di Chiusi Scalo in questi giorni. Con cui era rimasta in contatto anche dopo la chiusura del locale.
In Italia Erzsebet aveva trovato l’amore. E un figlio, oggi 18enne, il cui padre è però deceduto anni fa. Il giovane vive in Ungheria.
Il porno, Cicciolina, le foto shock:
Ungheria morbosa sulla vita di Katalin
La nascita di Alex, conteso con il padre
Tornata in Ungheria dice di aver trovato lavoro all’Ikea di Budapest. Ha avuto una relazione con un altro uomo, il papà di Alex, Norbert Juhasz. Il quale racconta che Erzsebet Katalin in quel tempo lavorava nel cinema hard. La coppia si è presto separata, malamente. Contendendosi il bambino, nato nel maggio del 2019.
Da quando è nato il piccolo, Erzsebet dice di essersi messa in aspettativa. E di essere giunta in Italia, con il piccolo, per una vacanza. Forse per allontanarsi dal padre del piccolo, con cui aveva avviato un contenzioso legale per l’affidamento. Secondo Norbert Juhasz, la donna è scappata dopo la sentenza con cui il Tribunale di Budapest aveva affidato a lui il piccolo. Aspetto, questo, che la Procura di Perugia sta accertando.
In Italia sarebbe stata a Roma, poi a Rieti, ospite di una casa famiglia. Da cui si è allontanata nei giorni scorsi senza lasciare traccia di sé e del piccolo, facendo allertare le autorità.
L’arrivo a Chiusi
Ha trovato ospitalità dal suo amico ed ex datore di lavoro a Chiusi. Poco lontano da Po’ Bandino da cui il giovedì precedente la tragedia i carabinieri l’avevano fermata, vedendola vagare senza meta con il piccolo. Aveva i documenti in regola, il bimbo non era malnutrito o trasandato. Nessun elemento, quindi, che lasciasse presagire la tragedia.
Testimoni raccontano però che sempre quel giorno la donna aveva strattonato violentemente il bimbo, legandolo sul passeggino, dopo che Alex aveva battuto le mani contro una vetrina. Alla semplice richiesta del titolare dell’esercizio di fare attenzione, la donna sembra avesse reagito in modo molto violento nei confronti del piccolo.
Le ultime ore prima della tragedia
Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire le ultime ore di vita di Alex e i movimenti della madre. La donna è entrata in quel supermercato con in braccio il corpo del piccolo alle 15.30. Lo ha adagiato su una cassa, chiedendo aiuto. Il piccolo non dava segni di vita. Forse era già morto. I sanitari del 118 hanno tentato di rianimarlo. Poi, 20 minuti dopo, ne hanno dichiarato il decesso.
La donna era trasandata, oltre che comprensibilmente disperata. Aveva una ferita al braccio. E soprattutto era in stato confusionale, quando è stata presa in cura dai sanitari del 118. Poi il trasporto nella caserma dei carabinieri di Città della Pieve. Nella borsa la donna aveva un coltello, con la punta spezzata. Erzsebet sostiene che le servisse per tagliare la frutta da dare al piccolo. Sono in corso accertamenti per verificare se possa trattarsi dell’arma del delitto.
Le telecamere
Le telecamere di un’attività commerciale di fronte all’ex cabina Enel dove presumibilmente è stato compiuto il delitto la inquadrano mentre entra ed esce dal cancello dell’edificio abbandonato. Non ci sono altri adulti, né qualcuno si vede entrare durante la sua breve assenza.
All’interno del cortile dello stabile, tra l’erba alta, è stata trovata la maglietta del piccolo Alex intrisa di sangue e con i segni lasciati dalle coltellate. La felpa della donna. Un pannolino, giocattoli, segni di un pasto consumato.
L’allerta del Consolato ungherese
Per gli inquirenti la donna è entrata da sola con il piccolo in quello stabile. L’ha fatto mangiare ed ha atteso che si addormentasse su una copertina. Per poi colpirlo con un coltello, più volte al corpo, al torace, allo sterno e alla base del collo. Per poi fotografare il piccolo agonizzante. La foto inviata un Ungheria perché arrivasse al padre, ha fatto scattare l’allerta, con una comunicazione al Consolato ungherese. Troppo tardi per salvare il piccolo Alex.
La donna, dopo aver scattato la macabra fotografia, gli avrebbe cambiato la maglietta e sarebbe corsa con il corpicino in braccio al supermercato chiedendo aiuto.
L’interrogatorio di garanzia e l’autopsia sul corpo del piccolo Alex
Sospetti che la Erzsebet Katalin Bradacs dovrà confutare, o comunque chiarire, lunedì mattina nel corso dell’interrogatorio di garanzia.
Altre risposte ai tanti interrogativi potranno giungere dall’autopsia sul corpo del piccolo Alex, il cui incarico verrà conferito sempre domani.