Quale è il contesto migliore per imparare e mettere a frutto il proprio talento nel mondo della danza? Potrebbe essere forse una compagnia famosa di livello internazionale, di quelle che hanno tra le loro fila anche etoile di grido, come l’American Ballet Theatre, o magari una scuola conosciuta e legata a qualche esperienza gloriosa del passato?
Se citiamo La Scala di Milano, ad esempio, comprendiamo subito il contesto accademico in cui molti giovani danzatori provano a concretizzare i loro sogni in Italia. Ma se citiamo l’Ecole-Atelier Rudra Bejart di Losanna individuiamo una fattispecie molto precisa ed anche diversa di scuola di danza. L’eredità di un grande maestro quale è stato Maurice Bejart porta i giovani talenti presenti nella Ecole -Atelier a misurarsi con buona parte dell’esperienza nella danza contemporanea che il grande coreografo pensò e disegnò fattivamente per i più straordinari ballerini della sua epoca, fondando quella “macchina da guerra” che è stata la compagnia Le Ballet du XXe Siécle. Ne vogliamo ricordare due, a noi particolarmente cari, per memoria storica avendo questi stessi ballato anche a Spoleto nelle passate edizioni del Festival sotto la guida di Gian Carlo Menotti: la folgorante Luciana Savignano e l’indimenticabile Jorge Donn.
Se dunque i giovanissimi ballerini della Rudra Bejart (tutti di età compresa tra i 14 e 19 anni), che studiano per migliorare se stessi e mettere a frutto il loro talento, hanno poi la possibilità di praticare quanto appreso in occasioni come quella offerta dal Festival di Spoleto, che offre loro un tempio della danza come è ormai da oltre 60anni il Teatro Romano, allora questi ragazzi non possono che ritenersi onorati ed anche fortunati.
Nello spettacolo offerto a Spoleto62 nella serata di ieri (29 giugno), My French Valentino, interamente dedicato al mito di Rodolfo Valentino, che mosse i suoi primi passi in arte proprio danzando tra le file dei celeberrimi Ballets Russes di Diaghilev, i talentuosi ragazzi della Ecole-Atelier hanno pianto sul serio alla fine dello spettacolo, quando il pubblico del Romano non la finiva più di applaudirli e apprezzarli con roboanti “bravi bravi…” urlati a squarciagola.
La commozione degli stessi protagonisti di una bella e rinfrescante serata di danza a Spoleto, rende giustizia alla ingenua e affascinante voglia di superare se stessi su un palcoscenico che ha visto prima di loro, ballare danzatori di levatura internazionale, veri divi del pubblico, proprio come lo fu Rodolfo Valentino per schiere di ammiratori che si tolsero anche la vita alla notizia della sua morte, a soli 31 anni.
Quelle lacrime, vere, sono il solo motivo per cui vale ancora la pena sperare che scuole come la Rudra Bejart non chiudano mai e che il futuro dell’umanità è indissolubilmente legato alla conoscenza e all’istruzione, prima ancora che al successo episodico.
Questi giovani ballerini, ancora acerbi nel fisico, forse meno le ragazze dei ragazzi ma in ogni caso muscolarmente ancora tenui, sono stati educati allo sforzo comune, si direbbe oggi al gioco di squadra. La grande prova corale di My French Valentino è l’esempio di come avere dei buoni fondamentali nella danza, ma sopratutto essere guidati da una eccellente coreografa e regista come Valerie Lacaze, faccia la differenza in uno spettacolo che alla fine dei conti è stato come un grande saggio scolastico di fine anno. coronato magari con un Tour che consente ai ragazzi di fare esperienza internazionale e di misurarsi non più solo con se stessi in aula, ma davanti ad un grande pubblico come quello di Spoleto.
Che ci scappino le lacrime è più che comprensibile. E a nostra memoria non era mai accaduto.
Lo spettacolo
My French Valentino è un prodotto confezionato con cura, con qualche recitativo in scena di troppo per uno spettacolo di danza, ma con una superba coreografia d’ensemble. I ragazzi cantano e ballano, ma sopratutto interpretano con passione la storia di questo mito dai contorni non sempre netti. Come abbiamo già accennato è un lussuoso saggio finale di una scuola di perfezionamento di altissimo livello.
Importante, anche per il pubblico, la memoria citata di un periodo storico non replicabile. Una sorta di tempesta perfetta che vide nell’arco di una ventina di anni coabitare i Ballets Russes, con l’altro mito-protagonista che fu Vaslav Nijinsky, il compositore Maurice Ravel (veramente bella la coreografia a lui dedicata, sulla musica di Dafne e Cloe), o gli anni ruggenti del cinema muto di Charlie Chaplin e Douglas Fairbanks.
Qualcosa che spesso diamo per scontato o per sentito dire, ma che illustrato, anche in forma coreografica, rende partecipi di un passato che “non passa” mai.
Degne di nota Tabor, con musiche tradizionali russe e Orientalia con le musiche di Ravi Shankar. In scena anche il direttore artistico della Ecole-Atelier, Michel Gascard, nel ruolo di un maestro di classe.
Nella giornata di ieri il ballerino-allievo della Ecole-Atelier, Pierre Antoine Bardot ha ricevuto il Premio Monini 2019 al miglior Giovane Artista. (vedi la foto nella Gallery)
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Foto-Festival dei Due Mondi di Spoleto