Più che a presentare chi in lista c’è finito (a cominciare, molto spesso, da loro stessi), i responsabili di partiti e movimenti politici, in Umbria, hanno passato questa prima settimana di campagna elettorale “ufficiale” a scusarsi o comunque a parare bordate e gufate che arrivavano dagli esclusi.
Efficienza padana
Depositate le liste in Corte d’Appello, a bruciare tutti sul tempo ci hanno pensato i leghisti, segno che l’efficienza padana è arrivata anche a queste latitudini. Il commissario Stefano Candiani (a proposito, pare che dopo le elezioni si farà finalmente il congresso), con accento varesino, ricorda, con orgoglio, che tutti i candidati in lista sono umbri. Quando si sente sfidare Matteo Renzi a un confronto, qualcuno pensa che Di Maio ci abbia ripensato. E invece è il capogruppo leghista al Senato, Luca Briziarelli. Ma i toni sono più pacati del solito, secondo il nuovo corso del “buon senso”, anche se tra le onorevoli candidature ci scappa l’inevitabile commento sugli immigrati che finiscono per raccogliere i pomodori (quando va bene) al posto degli italiani. I tragici fatti della vicina Macerata, poi, innescano la miccia.
Montefalco, provincia di Varese
A metà settimana Salvini arriverà in Umbria a bordo di una normale auto e non con la ruspa. Due le felpe pronte: una con la scritta “Alto Tevere”, una con “Foligno”. Sono le due tappe principali del tour di due giorni, che inizia dalla “moschea” in fase di costruzione a Umbertide (Guasticchi ci aveva quasi creduto che finalmente il “suo” Matteo avesse preso a cuore il problema) e termina ai piedi di Montefalco. Cittadina che il leader della Lega ha visitato spesso negli ultimi mesi, rapito dagli affreschi di Benozzo Gozzoli e soprattutto dal Sagrantino, fino a convincere Donatella Tesei ad impugnare la spada di Alberto da Giussano. L’ha ricordato proprio il sindaco di Montefalco, portata in processione dalla Lega in Umbria come la statua della Madonna di Pompei (pardon, come quando la Madonna Pellegrina di Fatima è giunta a Varese).
L’Opa leghista su Forza Italia
Proprio con la Tesei è iniziata l’Opa ostile leghista su Forza Italia in Umbria. Un braccio di ferro tra cugini che ha complicato le cose nella composizione del quadro dei candidati ai collegi uninominali. Il seggio in più che Silvio-Giorgia-Matteo hanno dato a Fratelli d’Italia è il modo trovato per rinviare il problema. In ballo, tra Lega e azzurri, non c’è solo l’ulteriore seggio al Senato che potrebbe scattare dal proporzionale. Chi prendere anche un solo voto in più potrà indicare il nome dell’alfiere per la sfida al trono che Catiuscia Marini lascerà vancante nel 2020. E non a caso Candiani parla dell’appuntamento del 4 marzo come di un “trampolino per vincere alla Regione”.
Paracadutisti, ma non paracadutati
Fratelli d’Italia presenta la sua squadra nella quale compare l’ex azzurro della prima ora, poi ministro della Famiglia nel governo Berlusconi, Antonio Guidi. “Non è un paracadutato, perché noi gli abbiamo chiesto di accettare una candidatura in Umbria” precisa il coordinatore regionale di FdI (e paracadutista) Franco Zaffini. L’ex ministro chiarisce il perché del suo assenso: “In Umbria avete il record di depressi, vi serviva uno prichiatra”. E come dargli torto…
Il doppio posto per le sfide dell’uninominale ha scongiurato il lancio della monetina tra Zaffini e Prisco. E così Zaffini, accanto alla propria candidatura, presenta quella di “Emanuele, grande amico mio e del partito”. Triumvirato tutto coinvolto, perché il terzo uomo, il consigliere regionale Squarta, è il referente per la campagna elettorale in Umbria. Fuori dalla lotta per la leadership della coalizione con vista su Palazzo Donini, FdI punta di più sull’importanza politica dell’appuntamento del 4 marzo: è dal risultato nelle regioni del centro Italia che si saprà se il centrodestra potrà governare da solo a Roma. Un messaggio chiaro agli azzurri ed ai simpatizzanti del Partito della Nazione.
L’amuleto Romizi
Forza Italia sceglie Palazzo dei Priori per presentare la sua squadra. Il più prestigioso dei Palazzi conquistati in Umbria, tra le vittorie più importanti in Italia. Al centro della foto di gruppo c’è il padrone di casa, Andrea Romizi. Che sia anche lui candidato alle elezioni e ci sia stato un errore nella trascrizione delle liste? Il dubbio è subito fugato: Romizi deve restare a difendere il suo bel Palazzo, per ora. Se servirà un sacrificio in vista del 2020, al limite, se ne può riparlare. Ma è un gioco tanto rischioso, perché si potrebbe finire col perdere tutto.
Caso Laffranco, cariche e ricariche
Nella Sala della Vaccara, alla presentazione della truppa azzurra, c’è il presidente del consiglio comunale perugino Leonardo Varasano ed alcuni consiglieri. Mancano quelli vicini a Laffranco, il grande escluso. Fatto fuori da scelte romane, pare. Lui i vertici umbri del partito non li assolve. Possibile che Polinori e Modena avessero simultaneamente finito il credito sul cellulare, tra domenica e lunedì? Vista la buona acusitica di corso Vannucci, al limite, sarebbe bastato non dirlo sottovoce che era stato scaricato. La cosa gli sarebbe comunque arrivata all’orecchio. “Ne riparleremo dopo il 5 marzo”, dice Laffranco, proprio come l’avversaria-collega (di sventura) Valeria Cardinali.
La coordinatrice regionale Catia Polidori non fa neanche finta di scusarsi col grande escluso. Proprio non lo nomina. Rispondendo alle sollecitazioni dei giornalisti, ricorda però che la proposta del coordinamento regionale era stata inviata a Roma già a dicembre, subito dopo Natale. Proposta confermata dal nazionale. E’ Roma, quindi, che ha deciso. Ma sul numero dei collegi da assegnare a questa o a quella componente delle coalizioni.
Il gioiellino Nevi
La “punta di diamante” (sono parole di Polidori) Raffaele Nevi, impegnato nella Terni per la quale si invocano “poteri speciali”, magari una soffiata su quale sarebbe stato l’esito del vaglio romano l’aveva avuta, perché è sempre rimasto sicuro nelle scorse settimane. Ma di questo, appunto, se ne parlerà dopo le elezioni. Ora c’è da centrare l’obiettivo. “Vogliamo battere la Lega”, il grido che echeggia dalla Sala della Vaccara. Ma come, non bisogna battere il Pd? Quella, evidentemente, si considera cosa già fatta. E si guarda avanti.
Norcia: Old Silvio, New town
Il sindaco Nicola Alemanno, svela quanto gli ha personalmente promesso Berlusconi a Fiuggi: in caso di vittoria, il Cavaliere verrà a Norcia, dove il suo governo imprimerà una svolta alla ricostruzione, stile L’Aquila. Da Norcia, in più di uno hanno fatto gli scongiuri.
Foto di gruppo finale. Si fa a gara per toccare il portafortuna Romizi, che pure è un giovane sano, bello e senza gobba. Fiammetta Modena può anche abbracciarlo: le fortune politiche dei due sono legate.
Smile, sei in lista col Pd!
Musi lunghi nella nuova sede del Pd umbro. Se si potesse evitarla, questa conferenza stampa di presentazione, sarebbe meglio. Ride, pensando magari a come starebbe bene con la fascia tricolore, Emanuela Mori, mai così in movimento con la sua “Perugia in Movimento!”. Sorride sorniona Anna Ascani, sicura di tornare a Roma. Semmai, la sua Inter rischia di restare ancora fuori dalla Champions. Ma questo è un altro problema… Ascani è seduta tra Giulietti e Bocci. I due, proprio sotto lo sguardo della giovane astro nascente del Pd umbro, si sono anche detti qualcosa. Segno che si capiscono, anche senza parlare la stessa lingua.
A parlare, per tutti, con il segretario-candidato Leonelli, sono Verini e Damiano. Al veltroniano Walter Verini, l’Onesto, tocca l’ingrato compito di ringraziare gli esclusi Cardinali e Rossi, “che saranno insieme a noi”, assicura. Sottolinea l’esperienza amministrativa della squadra, la priorità “lavoro” nel programma, ma anche quello della sicurezza, per parare i colpi che arrivano da destra.
Non a caso il Pd in Umbria schiera un’ex funzionaria della Prefettura di Terni ed il sottosegretario all’Interno. Bocci, anche quando viene citato, non distoglie lo sguardo da un punto, imprecisato di piazza Italia, comunque fuori da quella sede del Pd. Dove, per restare in tema sicurezza, il Bocci-detector, per un’ora è stato disinstallato.
La nomenklatura con Bocci
La campagna elettorale del sottosegretario inizia solo nel fine settimana a Foligno, dove raduna tutti i pezzi forti del Pd, già transitati nel Pci, nella Dc, nel Pds, nei Ds, nella Margherita. C’è la fassiniana Marina Sereni, che mantiene fede al suo impegno per il partito anche se non sarà della partita. C’è Maria Rita Lorenzetti. E ovviamente la truppa in Regione, capeggiata dall’assessore alla Sanità Barberini. Qui si punta sull’esperienza, contro le improvvisazioni.
Partito a razzo a Santa Sabina di Perugia, subito dopo il fischio di inizio, il duo scalpitante delle renziane di ferro Ascani-Ginetti: loro la campagna elettorale potrebbero anche non farla, ma c’è da alzare l’asticella per il Capo.
Il reduce orlandiano e i giri a vuoto nel Ternano
L’umbro di adozione, da dieci anni, l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, punta sui temi del lavoro. Non si sottrae alla domanda sulla gestione della “crisi orlandiana” e sul futuro della minoranza in seno al Pd. “Riteniamo di aver avuto una compressione rispetto alla nostra rappresentanza al congresso – ammette – ma ora è il tempo dell’unità”. Si dice sicuro che anche Gianluca Rossi remerà in questa difficile regata. Ma al momento, la macchina elettorale del Pd dalle parti di Terni arranca. I luogotenenti locali hanno anche la scusa di doversi confrontare per affrontare gli “ultimi venti giorni” di Di Girolamo. Damiano si appoggia al sindacato, l’acqua in cui nuota meglio. Mignozzetti chiama Roma, in cerca di quel partito che, le avevano assicurato, c’era.
Er Pupone Leonelli
Leonelli, per ora, deve vestire la maglia del segretario difensore e lasciare nella sacca quella di candidato centravanti. Anche se lui per spiegare la sua presenza in lista preferisce usare la metafora del capitano che, quando gli si chiede di scendere in campo, non può restare in panchina. “Terni ha la possibilità di scegliere comunque personalità che la possono rappresentare al meglio”, risponde a proposito del caso Rossi. E poi deve parlare della situazione a Perugia, che lo riguarda da vicino. Dove c’è Valeria, persona “che tutti conoscono”. Ma anche una segreteria comunale che il giorno prima della passerella di rito ha sfornato un comunicato nel quale, a parte una riga di stima d’ufficio per Renzi e lo stesso Leonelli, rifà cavallo su Cardinali e Bocci. “Rispetto ai comunicati – taglia corto Leonelli – chiedete al segretario comunale”. “O all’addetto stampa”, aggiunge.
Leonelli ritrova il sorriso nei manifesti elettorali, preparati in grande fretta, a dimostrazione di come la voglia di candidatura fosse tanta, ma la certezza di essere della partita poca fino all’ultimo. Marini, da dietro le quinte, segue passo passo la sua campagna elettorale: nel duello con Bocci non ci ha messo la faccia, eppure ce se la gioca.
Scherzo da… Cardinali
Gotor, chi era costui? Se il bilancio su quanto fatto in Umbria dal catapultato, poi passato alle linea nemiche, ha impressionato, ovviamente in negativo, solo la social Ascani, ben più rumore ha fatto la lettera di Valeria Cardinali, uscita allo scoperto dopo un paio di giorni serviti per far sbollire la rabbia.
Pure lei, come Laffranco, starà buona fino al 4 marzo (una data che, a questo punto, rischia di essere consegnata alla storia come il 25 aprile). Ed anche lei, come Laffranco, aspetta ancora una telefonata. Anche se, su come siano andate realmente le cose, ha le idee chiare. Nessun tradimento da parte di Orlando. La decisione è stata presa da Renzi, “non è chiaro se e con quali vertici politici e istituzionali umbri sia stata condivisa”, aggiunge però. Una stoccata a Leonelli e una a Marini. Rivendica la coerenza della scelta che un anno e mezzo fa l’ha portata a scegliere la mozione Orlando, senza forzare le sue “idee” e piegare “un po’” i suoi “valori”, “come ho visto fare ad altri – affonda – senza troppi problemi di coscienza”. E ringrazia, infine, “chi si è ‘sacrificato’ per garantire un’autorevole rappresentanza alla città di Perugia”. Un’altra stoccata a Marini e soci, un’altra a Leonelli. Il futuro di Cardinali sarà dentro o fuori il Pd? Di certo, per ora, c’è solo la “P”, quella maiuscola, di politica.
Psi, pno, pboh
I socialisti umbri convocano la stampa in Provincia, a Perugia. Sul tavolo, il segretario regionale Cesare Carini e i due provinciali, Carlotta Caponi (Perugia) e Rossano Pastura (Terni). Di fronte a loro, il grande escluso socialista dalla competizione elettorale, il consigliere regionale Silvano Rometti, l’assessore regionale Chianella, quello provinciale Bertini. E vari amministratori nelle città umbre, compreso il sindaco tifernate Bacchetta. Si snocciolano incarichi nei governi locali e voti presi nei vari appuntamenti elettorali. Fino ad arrivare a quei 12 mila voti socialisti bottino delle regionali che si potevano portare in dote alla coalizione di centrosinistra.
Non certo all’interno della lista Insieme, fatta arrivare direttamente da Roma giusto per onore di firma e dopo che Renzi ha strigliato per bene Nencini. Perché da Roma a Città di Castello, passando per i Comuni del Ternano e la Regione, le minacce si sono invertite. Prima erano i socialisti umbri a paventare ripercussioni in Regione, poi i dem hanno fatto capire che Chianella non era indispensabile a Palazzo Donini e che qualche assessore socialista poteva anche accomodarsi fuori da qualche Comune. E allora fermi tutti, parliamone. I socialisti, però, non parteciperanno ad iniziative elettorali. Ma fattivamente, sosterranno la coalizione di centrosinistra? Boh, dipende da quello che deciderà la base. Territorio per territorio.
“Rometti chi?”
Rometti spiega che non è una questione di poltrone, di nomi da accontentare. Ma di metodo. I socialisti sono di fatto l’unico alleato di una coalizione che è sempre più monocolore Pd, al di là degli alleati che Renzi, a Roma, trova per strada.
La scelta è della segreteria nazionale dem, perché fino al 20 gennaio pare che Rometti fosse in lista. Scelta certificata da Fassino, Guerini e dal braccio destro di Renzi, Martina, racconta lo stesso Rometti. Fino alla Notte dei lunghi coltelli. Certo, in Umbria neanche una riunione di coalizione è stata fatta. Lo conferma, ma per autoassolvere il Pd umbro, il segretario dem provinciale perugino Miccioni: nessuna proposta dall’Umbria è arrivata a Roma, hanno deciso tutto da lì sulla coalizione. Ma la cosa stizzisce ancora di più i socialisti. Perché qui, accusano, poco ci è spesi per la causa socialista e del centrosinistra. In verità Leonelli ci aveva provato a ricordare il nome di Rometti – più per calcolo politico che per fedeltà al patto di coalizione – ma la risposta giunta da Roma è stata: “Chi?”. E questa sembra sia la versione breve (ed edulcorata) della risposta.
Il candidato Leonelli, a cui i voti socialisti nel Perugino potrebbero servire per mettersi al sicuro dall’assalto di Prisco e dall’incognita Giannatakis, ripete che le decisioni sono state prese a Roma. Il segretario Pd Leonelli ripete che i socialisti sono sempre stati in Umbria alleati leali.
Monni il vaccinato
Quando è apparso nella sede del Pd, il giorno della presentazione delle liste dem, qualcuno canticchiava un celebre motivo di Gaber, “ma cos’è la destra, cos’è la sinistra…”. Del resto, al tavolo con dietro il simbolo rosso e verde del Pd si è lasciato fotografare anche l’anticomunista Pierferdinando Casini. Monni è rimasto in piedi, senza togliersi la giacca. Vuoi vedere che, prima di entrare, si è fatto fare dalla sua amica ministra Lorenzin un vaccino anti-Pd? Di battute, a Perugia, ne ha dovute sopportare tante in questi ultimi mesi, l’ex esponente di Forza Italia prima e di Ncd poi. Ma lui guarda avanti, perché il progetto (spiega poi nella conferenza di presentazione della petalosa lista Civica Popolare) è “a lungo termine”. Ci sono le amministrative, le regionali. “I nostri voti valgono doppio”, rivendica, perché sono voti sottratti al centrodestra. E comunque, a chi canta Gaber, replica che il suo movimento è il centro del centrosinistra. Che già tanto a sinistra, ultimamente, non pare essersi collocato. In fondo, dunque, non è lui che si è mosso, sono gli altri partiti che gli sono girati intorno. Il nemico ufficiale? Grillini e populisti.
Il nipote di zio Adolf
Con la lista Civica Popolare ci sono tanti ex: l’ex coordinatore Idv Franco Granocchia, l’ex direttore Gesenu Massimo Sportolari, l’ex senatore Forza Italia Franco Asciutti. C’è anche l’ex assessore orvietano Massimo Gnagnarini, il nipote di zio Adolf e per questo fatto cacciare qualche mese fa dal Pd. Aiuterà Monni a stoppare i populisti.
Girandola radicale
Il singolare connubio Tabacci-Bonino stava per portare in Umbria l’esponente radicale. Ma Roberto Capelli ha rifiutato la sua Nuoro per correre nel continente, nel Cuore verde d’Italia. Con un effetto domino che porta Bonino nel Lazio e lo spoletino Maurizio Hanke in Molise, su consiglio di Tabacci. Una girandola che in Umbria, come noto, non è piaciuta ai Radicali storici, che in vista del 4 marzo annunciano lo sciopero bianco.
I pentastellati danno i numeri
I grillini si presentano in due tempi. Nel primo si gioca a Palazzo Cesaroni, dove il capogruppo regionale Lucidi fa gli onori di casa, la collega Carbonari prende appunti e l’europarlamentare Laura Agea osserva e parla, forte dell’investitura di Di Maio. Ecco la squadra dei listini proporzionali, usciti dal voto delle parlamentarie. Gli unici passati per le primarie, tanto di moda cinque anni fa, ma oggi metodo abbandonato a destra e a manca. Sì, ma le preferenze raccolte da ciascuno? “C’è la privacy” risponde il senatore Lucidi, che il “misterioso” voto ha confermato come capolista per il Senato. Eppure la piattaforma Rousseau era stata incriminata perché, come ammesso dai vertici del movimento, svela chi ha votato per chi… Nel secondo tempo, quello dedicato ai nomi per le sfide dell’uninominale, l’imbarazzo non c’è. La scelta è avvenuta direttamente dall’alto, come in ogni “normale” partito che si rispetti. Vagliando i curricula arrivati.
A privacy alternata
Poi, a sorpresa, sabato sera arriva il terzo tempo: Grillo pubblica sul suo blog i nomi dei candidati alle parlamentarie ed i voti ottenuti in ogni collegio d’Italia. Per la Camera hanno votato 1884 umbri di comprovata digitale fede grillina. Tiziana Ciprini è stata indicata capolista grazie alle 455 cliccate ottenute. Stacca il “già cittadino a Roma” Filippo Gallinella (385). Le new entry Mascia Aniello e Samuele Bonanni trovano un posto al sole grazie, rispettivamente, a 259 e 167 voti. Una cinquantina di voti più in giù c’è Angelo Conti, il primo degli esclusi dal listino per la Camera. In sette ottengono meno di dieci preferenze. Ultima, per la cronaca, Francesca Fontana: 2 voti. I suoi parenti avranno avuto problemi con la connessione Internet.
La pattuglia degli aspiranti senatori era molto più lunga. Stefano Lucidi (possiamo dirlo, tanto la privacy l’ha violata Grillo) il più votato, con 311 voti. Un centinaio in più del secondo in lista, Cristian Brutti. Inutili le 163 cliccate di Claudio Fiorelli, scalzato da Emma Fontana (92 preferenze). Due voti in più (72 contro 70) non sono bastati a Luigi Cesarini per avere l’ultimo posto in lista, assegnato a Simonetta Checcobelli. Impallinato il coordinatore regionale delle guardie umbre del Wwf, Sauro Presenzini, che raccoglie 37 voti e dovrà dunque condurre la sua guerra personale ai cacciatori fuori dal Senato. Per il Senato hanno votato 1829 iscritti alla piattaforma. Pochi? Le primarie grilline prevedevano una “schedatura” digitale che tiene lontani anche i simpatizzanti. Nel segreto dell’urna i giochi possono cambiare. E il fatto che professionisti in vista, come il chirurgo Di Manici, ci abbiano messo la faccia, appare una sdoganatura anche in Umbria del movimento dei mal di pancia.
Soldi alle italiche mamme
“Prima la famiglia”, grida il Popolo della famiglia. Aiutando chi i figli già li ha e chi li vorrebbe avere, ma non se li può permettere. Già, ma i soldi dove si prendono?
L’aspirante senatore Marco Sciamanna fa un esempio: togliendoli all’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali si possono destinare – circa mille euro al mese – alle mamme italiane che si occupano esclusivamente di casa e figli. Punta l’indice contro l’Unar anche l’avvocato perugino Simone Pillon. Ma dalla Lombardia, dove è candidato per la Lega al collegio 5 per il Senato.
Prime vittime dello spray
Imbrattata con una scritta dal significato inequivocabile la sede perugina di CasaPound, a Elce. La firma è quella anarchica. Possibile, quindi, una battaglia a colpi di spray e manifestini fuori dagli spazi elettorali. Brutto, ma in altre epoche si è visto di peggio. Non è il primo atto vandalico che subisce la formazione di estrema destra, ricorda il responsabile perugino CP Antonio Ribecco, candidato alla Camera. Lui non ha dubbio sugli autori del gesto: gli “utili idioti del sistema”.
Voce agli “sfruttati”
Intanto, a sinistra della sinistra, prosegue lo scambio di accuse sul perché anche stavolta si vada tutti in ordine sparso. Dal Palazzo della Provincia, il segretario di Prc Perugia, Lorenzo Falistocco, ricorda che il dialogo si è interrotto a novembre con chi ha aderito al partito di Grasso. E allora, ecco la lista Potere al Popolo, che unisce le “migliori energie della sinistra anticapitalista”. Di energia, visto il peso che presumibilmente attribuiranno loro le urne, ne devono avere davvero tanta per sostenere, da soli, la lotta all’intero sistema capitalistico.
Rizzo parte da Terni. Sceglie la Terni “luogo simbolo dell’industria e delle lotte operaie” l’indomito Marco Rizzo per presentare il Partito comunista, che anche in Umbria è riuscito a piazzare le proprie liste per Camera e Senato. I capilista, sotto il rinato simbolo falce e martello, sono Martina Zoccolini per la Camera ed Emanuele Fanesi per il Senato.
LeU, ultimi per gli ultimi
Intendono rappresentare gli ultimi. E forse per questo, le liste di Liberi e Uguali in Umbria sono state le ultime ad essere presentate all’opinione pubblica. Anche qui, in due tempi, ma per ragioni territoriali. Si parte da Terni e si prosegue, il giorno dopo, a Perugia. Nel movimento dei tanti colonnelli, in Umbria il primo compito è smorzare la polemica sui paracadutati da Grasso nella regione considerata ancora rossa. Il giovane Andrea Mazzoni, il più attivo dei candidati umbri, spiega che il progetto politico viene prima dei nomi e cita l’esempio di Valerio Marinelli. Poi però c’è l’esempio del professor Volpi, che con una lettera aperta ha inviato due siluri al neonato movimento capeggiato da Grasso. L’Umbria tanto più rossa forse non è, ma di certo è ancora il Cuore verde d’Italia. E allora, è forte la spinta ambientalista del movimento, che candida come capolista alla Camera (bissando all’uninominale) Rossella Muroni, per dieci anni alla guida di Legambiente.
Raccontata così, sembra tanto, troppo per la piccola Umbria. Ma siamo solo alla prima settimana di campagna elettorale.