Una dottoressa no-vax di Narni (Terni) e 11 pazienti in concorso sono stati assolti dal Tribunale di Terni dall’accusa di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici. La sentenza di assoluzione, arrivata nella giornata di ieri 15 dicembre, è stata emessa dal giudice Francesco Maria Vincenzioni con la motivazione “il fatto non è previsto come reato dalla legge”. La sentenza si inserisce in un nuovo filone che sta riscrivendo la storia di un periodo complesso, durante il quale, quello del Covid, direttive nazionali e sovranazionali si sono spesso sovrapposte alle libertà individuali anche del personale sanitario nello svolgimento della professione. In questa direzione si stanno orientando anche molti giudici del lavoro che stanno accreditando come fondati molti ricorsi di lavoratori che erano stati sospesi dal servizio per non essersi sottoposti a vaccino anti Covid.
Dottoressa no vax e 11 pazienti assolti dall’accusa di ‘falso’ sui vaccini anti Covid
Nello specifico, secondo l’accusa e le indagini dei Nas di Perugia per i fatti risalenti al 2011 (in piena emergenza epidemiologica), la dottoressa avrebbe firmato falsi certificati per evitare ad alcuni pazienti il vaccino anti Covid. La dottoressa e 11 pazienti, a conclusione di indagini, sono poi stati rinviati a giudizio per ‘falso’, ma il Tribunale di Terni li ha assolti tutti. L’avvocato Attilio Biancifiori, legale difensore della dottoressa, raggiunto telefonicamente da Tuttoggi.info ha specificato che il giudice “Si è riservato 90 giorni di tempo per le motivazioni del dispositivo e sarà interessante capire quali delle osservazioni della difesa sono state accolte per arrivare all’assoluzione. Certamente è stato ristabilito di verità e di estraneità della dottoressa e dei pazienti ai fatti di rilevanza penale contestati. Si era in un momento storico in cui spesso c’era confusione tra le libertà individuali e le decisioni assunte dagli organi preposti, e sovrapposizione dei piani delle responsabilità individuali e collettive. Questa sentenza si inserisce in un più ampio quadro giurisprudenziale che, negli ultimi tempi, sta riscrivendo molti casi del periodo Covid”.